Windsor framework e Stormont brake: cosa prevede l’accordo che chiuderebbe i negoziati sulla Brexit

Per la Commissione europea è un “freno”, per gli inglesi un “veto”. La diversa interpretazione del meccanismo introdotto dalla clausola Stormont brake potrebbe determinare un inasprimento delle relazioni post Brexit.

Roma, 2 marzo 2023 – È bastato confrontare i tweet di Rishi Sunak e quelli di Ursula Von der Lyen per capire che la lettura degli accordi di Windsor è a tratti divergente.

Ad accorgersene anche alcuni giornalisti della sala stampa di Bruxelles che hanno subito intercettato la diversa traduzione del termine “brake”: se per l’Unione si tratta di un freno di emergenza, per gli inglesi si tratta inequivocabilmente di una possibilità di veto. In un suo tweet, Sunak afferma: When pulled, the UK government will have a veto.

I nomi o gli aggettivi utilizzati per descrivere il freno sono scelti dalle parti in causa” commenta la Commissione.

Nel testo ufficiale dell’accordo (qui il documento) il termine veto non appare mai, mentre nella divulgazione curata dal Governo britannico (The Windsor Framework: A new way forward) si ripete per ben 10 volte.

The world’s most exciting economic zone

Dopo innumerevoli tentativi di modifica del protocollo dell’Irlanda del Nord, puntualmente bocciati dai 6 governi britannici che si sono susseguiti dal 2016 ad oggi, sembra che finalmente si sia arrivati ad un accordo, il Windsor framework, che consentirebbe di risolvere il processo della Brexit (qui tutti i documenti relativi all’accordo).

Presentato ufficialmente al mondo intero lo scorso 27 febbraio da Ursula Von der Lyen con un amabilissimo “Dear Rishi”, riferito al primo ministro inglese Rishi Sunak, l’accordo quadro di Windsor è stato annunciato da Sunak come la nascita della world’s most exciting economic zone poiché l’Irlanda del Nord avrà accesso sia al mercato interno dello United Kingdom che a quello unico europeo.

Nessun altro nel modo ha questo – ha dichiarato-, nessuno. Solo voi: solo qui e questo (il Windsor Framework) è il prezzo”.

Parole rivolte al Parlamento inglese che a breve dovrà esprimersi sulla ratifica dell’accordo e un monito alla componente unionista del Parlamento nord irlandese che, sebbene abbia apprezzato il passo avanti, si è però riservata una più attenta analisi prima di assumere qualsiasi decisione in merito.

Veto sì, veto no: la clausola del freno. Lo Stormont brake

Veniamo adunque al meccanismo di freno (nelle intenzioni dell’UE) o di veto (nella traduzione britannica), una procedura da attivare “non per futili motivi” nei confronti di disposizioni che potrebbero rivelarsi eccessivamente gravose per la popolazione nord irlandese. Da qui il nome: il freno di Stormont (nome che indica l’edificio che ospita l’assemblea parlamentare a Belfast ).

Il protocollo sull’Irlanda del Nord del 2019 e gli impatti sulla popolazione

Nel 2019 per evitare il ripristino del confine fisico tra le due Irlande (dal 2005, a seguito degli accordi del Venerdì Santo conclusi nel 1998 e grazie all’appartenenza di entrambe all’UE, solo una strada senza posti di blocco o controlli doganali delimita le due nazioni) gli accordi Brexit hanno dovuto considerare l’Irlanda del Nord a tutti gli effetti parte del mercato unico con conseguente assoggettamento al diritto comunitario. Questo fu deciso per proteggere proprio il mercato unico: in assenza di adeguati controlli, il confine tra le due Irlande avrebbe potuto rappresentare una grave falla dell’intero sistema di protezione comunitario.

Ma se per la Repubblica Irlandese poco è cambiato, per l’Irlanda del Nord è iniziato un periodo di gravissima difficoltà di approvvigionamento. Le merci in arrivo dalla Gran Bretagna, infatti, erano sottoposte alle rigide prescrizioni comunitarie e nel giro di poche settimane anche trovare medicinali era diventato un problema.

Irlanda del Nord: il DUP impedisce la formazione del nuovo governo

La revisione del protocollo sull’Irlanda del Nord è stato quindi il pretesto con cui gli unionisti del DUP (Democratic Unionist Party), superati alle elezioni del maggio 2022 per la prima volta nella storia dagli indipendentisti dello Sinn Féin, hanno impedito la formazione del nuovo governo misto. Lo Sinn Féin ha infatti ottenuto solo la maggioranza relativa.

In realtà l’impedimento alla formazione del nuovo governo è collegato anche all’altro timore del DUP -meno sbandierato ma chiaramente presente- e cioè che con un governo guidato dagli indipendentisti si possa aprire il temuto dibattito sull’unificazione con la repubblica d’Irlanda il cui esito –in assenza di una revisione del Protocollo- penderebbero a favore dell’ipotesi repubblicana. Un desiderio peraltro non isolato, considerati i fremiti scozzesi per staccarsi dal Regno Unito e rientrare, quale stato sovrano, nell’amata UE (in Scozia il 68% dei votanti al referendum sulla Brexit si era espresso per restare in Europa).

Si comprende quindi il grande impatto che la ratifica dell’accordo avrebbe per le sorti dell’Irlanda del Nord: la nuova campagna per le elezioni che si celebreranno nel corso del 2023 si svolgerebbe in un clima più disteso perché smorzerebbe l’acuirsi delle rivendicazioni pro Europa. Anche in Irlanda del Nord, infatti, la maggioranza della popolazione – il 56%- si era espressa a favore del remain (all’indomani del risultato complessivo il leader dello Sinn Féin Declan Kearney aveva dichiarato che “il governo britannico ha perso ogni mandato per rappresentare gli interessi economici e politici della gente in Irlanda del Nord”).

Cosa prevede l’accordo quadro di Windsor: corsia verde e corsia rossa

Per prima cosa l’accordo abolisce i controlli doganali per i prodotti provenienti dalla Gran Bretagna e destinati all’Irlanda del Nord. Questa è la corsia verde.

I prodotti invece destinati alla repubblica Irlandese (che cioè, in quanto parte dell’UE, entrano nel mercato unico) saranno invece sottoposti ai consueti controlli comunitari. Questa è la corsia rossa.

A tutela ulteriore, l’accordo prevede che su richiesta di 30 deputati del Parlamento nord Irlandese, il Parlamento Britannico possa attivare il meccanismo di “freno” nei riguardi di eventuali disposizioni comunitarie che si ritiene possano incidere negativamente sulla popolazione. Questo è il freno di Stormont. Laddove la controversia non fosse risolvibile attraverso il comitato UK-UE, sarebbe comunque la Corte di Giustizia ad esprimersi.

Il numero ridotto di deputati, solo 30 di almeno due partiti politici, consentirebbe sia al DUP che allo Sinn Féin di non avere bisogno del reciproco appoggio e di portare avanti le proprie battaglie.

Per tutta la durata della sua appartenenza all’Unione Europea, la Gran Bretagna è ampiamente ricorsa allo strumento del veto per bloccare le più importanti riforme comunitarie (tra tutte quelle federaliste promosse dall’italiano Altiero Spinelli) o per smorzarne l’efficacia. Se da un lato tutti aspettano la firma dell’accordo, dall’altro si prospetta un periodo molto caldo per la diplomazia di Bruxelles.

Foto di Rocco Dipoppa su Unsplash

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