Il 5 luglio greco, cosa succede se vince il “no”?

Il referendum si avvicina, ecco cosa può accadere

Il referendum del 5 luglio è ormai alle porte, il popolo greco dovrà decidere se accettare o meno il piano della  Troika che garantirà nuovi prestiti ad Atene, evitando così il default. L’Europa teme ripercussioni sull’economia del continente e tutti i paesi rimangono quindi in attesa, la decisione storica del governo Tsipras di affidare ai greci le sorti del paese ellenico e di schierarsi, in particolar modo, con il fronte del “no” apre scenari inediti che per la prima volta, è bene ricordarlo, potrebbe portare all’uscita di un paese dalla moneta unica. Ne siamo sicuri? Vediamo adesso i possibili scenari.

 

Al momento i sondaggi danno la sicura vittoria del “si”, è difficile quindi fare previsioni ma cosa succederà se la Grecia deciderà di votare “no” al referendum? Molto dipenderà da come reagirà il governo ad un’eventuale decisione negativa dei greci, Tsipras dovrebbe provare a riaprire i negoziati forte del voto espresso nel paese ma se i creditori (FMI, UE, BCE) decidessero di proseguire lo “scontro” l’alternativa, a quel punto, sarebbe o delegittimare il referendum (accettando così il piano della Troika) o il transito guidato del paese verso il tanto “famigerato” default, parola che scuote oscuri presagi.

 

Quest’ultima opzione però non significherebbe necessariamente l’uscita dall’Euro di Atene, infatti anche il ministro delle Finanze greco Varoufakis ha più volte dichiarato che “non si tratta di un referendum per decidere dell’uscita dall’euro”, che peraltro non sarebbe valido secondo costituzione. Una vittoria del fronte del “no” e un default “pilotato” del paese ellenico vorrebbe dire che Atene non sarebbe più in grado di pagare i suoi, tanti, debiti. Circa 312 miliardi per l’esattezza di cui 140 verso il fondo “salva stati” europeo, 55 per i prestiti bilaterali dei paesi dell’Unione, 27 per la BCE, 24 per il Fondo Monetario Internazionale e circa 50 nei confronti dei privati. Tanta roba.

 

Ma chi pagherebbe quindi lo scotto del fallimento greco? I governi europei di certo ma anche i loro contribuenti, se poi la Grecia uscisse dall’euro introducendo una valuta parallela o arrivando al ritorno della dracma ci sarebbe una svalutazione alta della nuova moneta. Questo causerebbe una crescita dell’export e del turismo che poco potrebbe contro il sicuro crollo della borsa e delle banche e, oltretutto, una nuova crisi generalizzata dell’economia.

Nel peggiore dei casi, quindi, si avrebbe la nazionalizzazione delle banche, un crollo del potere d’acquisto delle famiglie, una nuova recessione e un aumento della disoccupazione. Considerando anche il possibile aumento delle tasse e ulteriori tagli alla spesa pubblica in un paese già allo stremo il quadro che ne risulta sarebbe drammatico. 

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