Kafka. Centenario. Oltre una lettura tradizionale

Si fallisce. Non siamo per sempre. Qui è l’eterna disperata visione dei nostri cortocircuiti. Si muore. Kafka pur accettando il processo in un castello di anime perse non accetta la consapevolezza della fine. Il drammatico senso dell’onirico è proprio qui.Riduce il tempo in un solo istante. Poi potrà arrivare l’inferno…Antichi dilemmi hanno sempre circondato in un cerchio immaginario (e esistenziale) l'opera di Kafka. È una scrittura "ingovernabile". Il 2024 sarà dedicato a lui. Cercherò di comprenderlo oltre la disperante dettatura tradizionale...

Siamo al centenario. Il 2024 sarà dedicato a lui. Cercherò di comprenderlo oltre la disperante dettatura tradizionale.
Franz Kafka è un enigma? O forse è una disperazione? Antichi dilemmi hanno sempre circondato in un cerchio immaginario (e esistenziale) l’opera di Kafka. È una scrittura “ingovernabile”, ovvero offre il pretesto per intrecciare stili e labirinti dai quali non è facile uscirne se si ha la presunzione di accostarsi ai suoi racconti e ai suoi romanzi con l’idea di una spiegazione. Nessuna interpretazione è possibile.
Si accetta il suo mondo.
Si accoglie la sua drammaticità. Si ascolta la sua solitudine. In fondo è il personaggio Kafka che si trova in un delirio incantato a narrare e a mettere in discussione i suoi e i nostri fantasmi.
Il processo cosa è? Essere processati è essere giudicati. L’uomo può sostenersi in un giudizio?
Si viene già condannati a priori. Siamo tutti colpevoli perché siamo esseri finiti e mortali. Non c’è enigma. C’è tremore.
Kierkegaard è di casa perché lo intrappola in una malattia mortale che è l’angoscia.
Perché si ha angoscia? Perché a una certa data della nostra età ci rendiamo conto di non essere immortali.
Viviamo come se non si dovesse mai morire, mai finire. In quel momento e in quell’attimo veniamo catturati. Tutto sembra perdersi. Anzi tutto sembra fallire.
Si fallisce. Non siamo per sempre. Qui è l’eterna disperata visione dei nostri cortocircuiti. Si muore. Kafka pur accettando il processo in un castello di anime perse, non accetta la consapevolezza della fine. Il drammatico senso dell’onirico è proprio qui. Anche le metamorfosi sono uno strumento disperante.
Si vive dentro questo disperante atto di timore e tremore. Vogliamo trasformarci per essere altro cercando di abitare una durata. Possibile? L’uomo accetta il processo per tutta una vita intera ma non la fine.
Certo. Dal punto di vista letterario è un innovatore. Un narratore nella teatralità del quotidiano. Riduce il tempo in un solo istante. Poi potrà arrivare l’inferno…

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Pierfranco Bruni, nato in Terra Calabra cui è profondamente legato, vive tra Roma e la Puglia da molto tempo. Presidente Commissione Conferimento del titolo “Capitale italiana del Libro 2024“, con decreto del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano del 28 Novembre 2023. Archeologo, antropologo, letterato e linguista, fecondo saggista e poeta è presidente del Centro Studi Francesco Grisi e vicepresidente del Sindacato Libero Scrittori Italiani. Dal carismatico e sopraffine stile letterario, Bruni è alla seconda candidatura al Nobel per la Letteratura. Già Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali e componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’Estero, nel corso della sua carriera è stato docente in Sapienza Università di Roma ed ha appronfondito lo studio rivolto alla tutela e alla conoscenza delle comunità di minoranze etnico-linguistiche.Archeologo già direttore del Ministero Beni Culturali, Direttore responsabile del Dipartimento Demoetnoantropologico, Direttore Responsabile unico della Biblioteca del Ministero dei Beni Culturali. Membro Commissione Premio Internazionale di Cultura per l’Antropologia presieduta da Luigi Lombardi Satriani, decano dell’antropologia contemporanea Ordinario Sapienza Università di Roma.

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