ATTUALITA’ del GRANDE FRATELLO

George Orwell aveva il dono di una grande fantasia e dell’immaginazione. Ma forse non troppo. Molto probabilmente se avesse immaginato che la figura da lui creata del Grande Fratello viene oggi utilizzata per uno dei programmi più indecenti mai visti in TV, avrebbe cestinato il suo capolavoro prima di darlo alle stampe.

La figura di un essere misterioso e non ben definito che, quasi come un unicorno rosa, fa dubitare della propria esistenza, era un’immagine apocalittica che i lettori del libro avrebbero cercato di allontanare, magari fornendo il loro contributo per evitare che la società descritta in 1984 dovesse un giorno veramente divenire realtà.

Speriamo che non si giunga ad avere il controllo totale da parte di governanti sui cittadini; un controllo totale che giunge a correggere il pensiero fino a giungere ad una totale ortodossia. Del resto, ben scriveva l’autore, “Ortodossia consiste nel non pensare; nel non aver bisogno di pensare. L’ortodossia è inconsapevolezza.”

E qui apro e chiudo una veloce parentesi per ricordare più a me stesso che, ancora oggi, si sente qualcuno parlare di ideologie da rispettare in maniere ortodossa per colpire i centri di potere. Non è questo il punto.

Credo che nessuno, una volta letta la vicenda di Winston Smith, voglia essere vittima di un potere che opprime al punto di rieducare le persone (spettri del passato incombono) e preferisca vivere nella libertà, sviluppando una propria coscienza e le proprie opinioni, filtrando informazioni, notizie e sapere. Del resto, “fatti non fosti per viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza.” Ed ecco che per raggiungere il massimo della canoscenza giunge internet: forse il più formidabile strumento di sempre per avere tutte le informazioni, tutti i dati, tutta la cultura e la scienza di cui possiamo avere bisogno.

Sono lontani i tempi in cui abili amanuensi miniavano libri che impiegavano anni per giungere nelle mani di avidi lettori che non vedevano l’ora di conoscere e di sapere.

Oggi in pochi secondi posso avere addirittura sullo smartphone che ho in tasca tutti i libri mai scritti nella lingua che voglio. Posso addirittura seguire lezioni universitarie su YouTube e scambiare opinioni con qualcuno che, in Australia o Lapponia, ha gli stessi miei interessi: che siano calcio o scacchi; politica o allevamento di pesci rossi.

Ma la capacità degli umani di usare male gli strumenti a propria disposizione sembra non avere confini. Probabilmente il primo uomo che inventò la clava voleva usarla per difendersi dagli animali che lo minacciavano o, forse, per potersi procurare cibo. Poi a qualcuno venne in mente che con la stessa clava poteva sfrattare il suo vicino dalla caverna migliore. Non è forse la strada più semplice e più facile? Quella che per essere seguita ha bisogno di meno pensiero?

E così anche internet ha subito la stessa sorte. Uno strumento buono che viene usato per scopi non propriamente leciti o per i quali i suoi inventori lo hanno creato (almeno voglio ben sperarlo). Cybercrime è il termine che raccoglie ogni possibile forma di uso illegale dello strumento e se siamo giunti a coniare questo nuovo termine vuol dire che se ne è sentita, purtroppo, la necessità. Ma pur senza voler parlare di attività illegali, siamo giunti addirittura a creare noi stessi il Grande Fratello. Un Grande Fratello di cui, a differenza di quello del libro, che era temuto e da cui si cercava di fuggire, oggi si cerca sempre più l’attenzione.

Una volta gli aspiranti divi dello spettacolo, ballerine, cantanti, dovevano andare con i propri mezzi (magari a piedi) in città e luoghi dove qualcuno avrebbe valutato il proprio talento. Aspiranti scrittori e poeti si recavano perlomeno all’ufficio postale a spedire i loro manoscritti agli editori e, probabilmente, avrebbero affrontato un viaggio in barca o treno per avere un incontro con un mecenate che avrebbe pubblicato le loro opere.

Oggi è più facile: il pubblico è a portata di click: e che pubblico. Tutti coloro che sono collegati ad internet: che sia tramite il computer di casa o dell’ufficio o con il cellulare che ognuno ha in tasca. E mi viene di dire, a proposito di immaginazione: Bill Gates sbagliò e peccò di pessimismo quando disse che nel futuro ci sarebbe stato un computer in ogni casa. Non solo i telefoni cellulari, ma dai computer sulle auto a quelli per i sommozzatori, fino ai programmi del microonde credo che in ogni casa il numero sia ben più alto.

Ma torniamo a internet e al Grande Fratello, perché oggi ognuno di noi è riuscito a creare intorno a sé stesso un Grande Fratello personale a cui chiede e da cui pretende il massimo dell’attenzione.

Anche chi pensa di non esserne vittima. Del resto che cosa è un semplice profilo internet, se non un modo per chiedere agli altri di essere spiati in ogni momento della propria giornata?

Chi lancia su Twitter la propria opinione e chi posta su Facebook l’immagine del proprio gatto, magari dopo aver dato a centinaia di perfetti sconosciuti il buongiornissimo (peggio di petaloso) ha l’ambizione di essere al centro dell’attenzione perlomeno della propria cerchia di contatti. Il Grande Fratello personale. E da questo Grande Fratello hanno costante bisogno di attenzione e approvazione. Non è forse vero che l’importanza viene data dal numero di like e di followers? Oppure come si spiega che qualche riccone conquisti le pagine dei giornali, e non solo, perché fa vedere come balla ovvero i personaggi del momento siano giovani ragazze che dispensano consigli per trucco e abbigliamento?

E il passo è breve per giungere a chi sulla rete trova il proprio lavoro. Non mi sembra esistessero fino a dieci anni fa i blogger e i vlogger. Per carità; professioni rispettabilissime che sicuramente portano un più che degno guadagno a chi le esercita e, forse, un reddito anche per le casse del fisco.

Noto però uno stridente e meraviglioso controsenso che l’epoca della privacy coincida con quella della visibilità a tutti i costi. Da un lato chi vuole ad ogni costo proteggere la propria sfera personale e confido abbia la coerenza di non usare i social. Poi troviamo coloro che cercano di usare Internet in maniera parca, prendendo però atto che anche i più banali acquisti possono essere fatti comodamente da casa, fornendo dati personali estremamente sensibili. Infine abbiamo il popolo del Grande Fratello, per il quale la visibilità è tutto.

A questa categoria dobbiamo poi aggiungere coloro per i quali la visibilità è quella del proprio pensiero, delle proprie idee, delle proprie convinzioni. Talebani del pensiero che vogliono imporre il loro punto di vista e hanno trovato nella rete il luogo dove poter parlare senza essere contraddetti. Una sede in cui poter avere il diritto all’ultima parola tacitando gli altri (scusate, si dice bannando) e chiudere con un click l’esposizione delle proprie convinzioni.

Sono quelle persone che Umberto Eco ha inserito nelle legioni di imbecilli che, una volta, parlavano da soli al bar e, adesso, hanno il megafono amplificato della rete.

Ma Eco, come Bill Gates, ha sbagliato per difetto nella propria frase. Le legioni più numerose non sono, purtroppo, quelle che hanno assoluta libertà di parola, bensì quelle che possono ascoltarli e credere di formarsi un’idea, un’opinion, una coscienza politica, fondata sulle chiacchiere da bar dei primi. E le conseguenze credo siano sotto la luce del sole.

In conclusione? 1984: un libro che dovrebbe essere riletto e a cui sembra oggi doversi dare una diversa chiave di lettura. Ciò che è stato descritto come un male assoluto è un qualcosa che in molti creano intorno a sé stessi ogni giorno.

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