XVII Giornata Mondiale del Rifugiato. Alla ricerca di un rifugio migliore

Oggi, 20 giugno 2017, si celebra, la “Giornata Mondiale del Rifugiato”, come è consuetudine da 17 anni. La scelta di dedicare un giorno a questa categoria di soggetti vulnerabili si fonda sull’intento di “intensificare gli sforzi per prevenire e risolvere i conflitti e contribuire alla pace e alla sicurezza dei rifugiati” (Risoluzione Assemblea Generale 4 dicembre 2000). Sebbene il fine perseguito dalle Nazioni Unite sia rimarchevole, dopo 17 anni di campagne e sforzi comuni i problemi relativi ai rifugiati e principalmente alla loro sicurezza sono ancora allarmanti e la china appare ancora molto ripida. Non è necessario spingersi troppo in là nel tempo per rendersene conto. Il 19 giugno 2017, giusto ieri, è giunta la notizia di una vera e propria strage nel Mar Mediterraneo. I 4 superstiti raccontano all’OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) di essere partiti dalla Libia in 130, evidenziando un bilancio drammatico di 126 morti. Solo nel 2017 sono stati circa 1900 i migranti deceduti in mare e dal 2000 (anno della prima “Giornata Mondiale del Rifugiato”) ad oggi le vittime nel mare nostrum sono state più di 30.000. Numeri agghiaccianti dietro i quali si celano persone in fuga o comunque disposte a rischiare e perdere la propria vita per un futuro migliore e dignitoso. La beffa in questo ultimo episodio è stata la dinamica del naufragio: dei trafficanti hanno rubato il motore all’imbarcazione che è inesorabilmente affondata. Si discuterà molto nei prossimi giorni della questione dei trafficanti di esseri umani, delle loro azioni riprovevoli e della mancanza di una persecuzione efficacie. Ferma restando la condanna nei confronti di esseri che considerare umani risulta personalmente difficile, sono state intraprese negli anni azioni, adottate leggi e finanziati programmi mirati verso gli human traffickers, con risultati deludenti e un’impunità che purtroppo sfiora il 100%. Con ciò non si vuole considerare inutili tali iniziative, ma forse sarebbe bene cambiare l’approccio ed investire negli altri due pilastri del nostro sistema normativo anti-tratta: prevenzione e soprattutto protezione delle vittime. Quotidianamente si parla di rifugiati e migranti, delle torture e delle situazioni aberranti di sfruttamento che soffrono. È tempo che alle parole seguano azioni e politiche concrete. La protezione deve essere garantita prima che le persone diventino vittime e per farlo è necessario prevenire il verificarsi di tali condizioni. Come? Rendendo le persone più sicure. Le manovre volte esclusivamente a criminalizzare il fenomeno della tratta, impiegando risorse umane e tecniche nella lotta ai trafficanti non hanno portato sino ad ora gli effetti auspicati. Bisogna invertire la tendenza. Non attraverso ragionamenti semplicistici di chiusura delle frontiere, ma affrontando il problema a monte. Le persone vorranno sempre migrare e ricercare condizioni di vita migliori, è un dato di fatto, è nell’indole umana cercare il meglio per se stessi e la propria famiglia. D’altro canto, i trafficanti saranno sempre pronti ad approfittare di tale contesto, sfruttando senza scrupoli la nuova “merce” di questo millennio. Rendere più sicure le persone significa, per un paese come per un continente, fare una scelta coraggiosa e forse ad oggi non molto di moda: investire nell’immigrazione e considerarla come un fondamentale valore aggiunto. Permettendo un’immigrazione pura e regolare, attraverso mezzi di trasporto sicuri e controllati e il rilascio di visti appositi sin da subito che non creino incertezze e situazioni di stand by, si eviterebbero anche le situazioni di violenza nei paesi di transito come la Libia e si contrasterebbe in maniera efficacie il business, tanto terribile quanto remunerativo, dei trafficanti di esseri umani. Inoltre sarebbe un gesto di coerenza e umanità, poiché per pretendere la legalità e la regolarità, bisogna dare la possibilità alle persone di intraprendere questa strada. Un giorno dedicato ai rifugiati è un evento importante perché attira l’attenzione e provoca riflessioni, ma non deve essere il punto di arrivo, bensì la partenza verso un rifugio migliore.

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