Covid19 … il dopo

Puntare su sanità, terzo settore e settore agroalimentare

Iniziano ad emergere le prima discussioni sul dopo covid, su cosa e come vorremmo l’itala all’uscita delle restrizioni che oggi tramite decreto il Governo sta attuando.

Il settore del lavoro sembra iniziare ad emergere: infatti dopo una prima fase, ancora pienamente in atto, sulla gestione della sanità, in cui sicuramente in un secondo momento la politica, e non solo, dovrà vagliare e valutare come è la situazione attuale e come vi siamo arrivati, e passando per la riscoperta del terzo settore, capace di rispondere in modo più veloce e più flessibile alla situazione attuale… l’idea di una ripartenza della nazione non può non prendere in considerazione il mondo del lavoro. Giorno 6 aprile viene lanciato il comunicato stampa condiviso da Radicali Italiani, Fondazione Casa della carità “Angelo Abriani”, ARCI, ASGI, Centro Astalli, CNCA, A Buon Diritto Onlus, Oxfam Italia, Fcei – Federazione Chiese Evangeliche in Italia, ActionAid Italia, Legambiente Onlus, ACLI, CILD, ASCS – Agenzia Scalabriniana per la Cooperazione allo Sviluppo, AOI, con il sostegno di numerosi sindaci e decine di organizzazioni, che pone l’attenzione del Governo al mondo dell’agricoltura, mondo in cui il capolariato e lo sfruttamento del lavoro sommerso, ma anche l’ipotesi che il mancato lavoro nei campi porterà di conseguenza ad una mancanza di generi alimentari con una conseguente diminuzione della presenza nei negozi e supermercati.

Viene scritto nel comunicato stampa l’idea di una proposta di legge ad iniziativa popolare dal titolo: “Nuove norme per la promozione del regolare permesso di soggiorno e dell’inclusione sociale e lavorativa di cittadini stranieri non comunitari”. L’idea è una legge che si compone di otto articoli in cui si prevede l’introduzione di un permesso di soggiorno temporaneo per la ricerca di occupazione e attività di intermediazione tra datori di lavoro italiani e lavoratori stranieri non comunitari; la reintroduzione del sistema dello sponsor, a regolarizzazione su base individuale degli stranieri “radicati”; l’effettiva partecipazione alla vita democratica col voto amministrativo e l’abolizione del reato di clandestinità.

Sempre il 6 aprile il sottosegretario al lavoro ed alle politiche sociali attraverso una nota stampa afferma: “C’è un grido d’allarme a cui non possiamo non dare una risposta immediata e risolutiva. È un grido d’allarme che arriva dalla filiera agro-alimentare, settore produttivo strategico per il nostro Paese, che oggi ha difficoltà a trovare la manodopera necessaria per garantire i prodotti alimentari necessari al fabbisogno degli italiani. Questo settore, per troppi anni, è stato vittima. Di fenomeni come le diverse forme Di caporalato. Oggi si rende indispensabile intervenire. Dobbiamo perseguire un doppio obiettivo: consentire agli imprenditori del settore agricolo. Di poter reclutare velocemente il personale; riportare alla completa legalità l’intero settore, anche attraverso un serio progetto Di integrazione sociale, cancellando così le immagini delle baraccopoli in cui vivono una parte dei braccianti agricoli. Uscire dall’ambito dell’economia sommersa, con la conseguente assunzione degli oneri fiscali connessi a un’attività produttiva o lavorativa regolare, è la soluzione che ci consentirà: da un lato di dare una risposta immediata alla richiesta Di aiuto della filiera agro alimentare, dall’altro di provvedere, in tempi rapidissimi, a regolarizzare quelle centinaia di migliaia di cittadini stranieri, presenti nel nostro territorio – ma senza la necessità di aprire in modo ‘indiscriminato’ le frontiere – disponibili a rispondere subito a quelle offerte di lavoro in quei settori in cui abbiamo carenza di mano d’opera. Agricoltori, allevatori, pescatori, viticoltori e vivaisti devono essere messi nelle condizioni di poter trovare manodopera in modo semplice, ma legale. Partiamo con l’emersione del sommerso. Ridando alle persone la dignità sociale, si riduce il disagio e la criminalità. Assieme alle altre misure introdotte dal Governo, queste sono le basi minime per la ripartenza economica del settore. Senza aspettare il post Coronavirus”

Sembra essere al centro della discussione il mondo dell’agroalimentare, ma anche un’apertura al mondo dell’immigrazione, sembra essersi accorti che, forse, l’immigrazione è una risorsa invece che una “paura”. Pur rimanendo aperte, le aziende dell’agroalimentare, riscontrano enorme difficoltà nel recepire personale, proprio per la ristrettezza nel muoversi. Sembra farsi strada l’idea di regolarizzare i circa 600 mila immigrati irregolari in Italia, fornendo un permesso di lavoro stagionale e permettendo così alle aziende agricole la raccolta dei prodotti nei campi. Il sottosegretario Di Piazza si spinge oltre proponendo la possibilità di attingere, temporaneamente, ai percettori di misure di sostegno al redito, senza fargli perdere l’assegno minimo che attualmente percepiscono. Questo risolverebbe un doppio obbiettivo: le imprese agricole trovano la manodopera vescicaria in modo agevole e lo Stato contrasta in modo concreto caporalato e varie forme di starnutamento ed illegalità.

L’immagine che sembra uscirne è un Italia centrata più sulle persone, sui bisogni delle persone che sul valore economico. La riforma del terzo settore già in atto da qualche tempo, insieme alla nascente e sempre più pressante attenzione al welfare state, comprendendo il mondo della sanità, sino ad arrivare alle aziende di produzione agroalimentare, sembrano i punti forti di questo nuova Italia. Speriamo, adesso, che le forze politiche unendosi riescano a trasformare le istanze emerse in norme regolamentate, ma soprattutto ricordino che ogni scelta effettuata non deve nascere da interesse di parte, ma dall’attenzione al bene comune.

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