Israele reagisce? prof Daniele – Nottingham University: Fermi piuttosto spirale violenza

L'interrogativo posto dal professore Ernesto Galli Della Loggia in una recente analisi per il Corriere della Sera, per Luigi Daniele, professore di Diritto internazionale penale e Diritto internazionale umanitario alla Law school dell'Università Trent di Nottingham, la domanda sarebbe in sé "pericolosa e fuorviante"...Spiega perché...

 
Roma, 24 ottobre 2023 – La guerra tra Israele e gruppi armati palestinesi sta catalizzando i media italiani, che propongono non solo articoli di cronaca ma anche analisi. Tra queste ultime, un intervento del professore Ernesto Galli Della Loggia per il Corriere della Sera con il titolo ‘L’Europa, la sicurezza e i tabù sulle armi’.L’accademico si domanda se non sia “inopportuno” criticare la reazione di Israele che non sta risparmiando i civili della Striscia di Gaza, e lancia una critica: come mai finora non sono state fornite soluzioni alternative?
Per Luigi Daniele, professore di Diritto internazionale penale e Diritto internazionale umanitario alla Law school dell’Università Trent di Nottingham, la domanda sarebbe in sé “pericolosa e fuorviante”.
Perché, sottolinea in un’intervista con l’agenzia Dire, ignorerebbe “gli appelli che da dieci anni le organizzazioni per i diritti umani palestinesi, israeliane e internazionali, assieme a tanti esponenti accademici di tutto il mondo, lanciano affinché la Corte penale internazionale agisca con urgenza contro tutti i crimini commessi contro tutti i civili nel corso del conflitto, proprio al fine di prevenirne ulteriori. 
Se in Italia e in Occidente le classi dirigenti avessero ascoltato queste organizzazioni, invece di rinunciare ai propri obblighi ad agire per la legalità internazionale, oggi nonsaremmo a questo punto”.La richiesta di non criticare la reazione di Israele, poi, per Daniele diventerebbe “un modo per rinunciare a porsi un interrogativo essenziale: i bombardamenti e le azioni militari che Israele ha condotto nel 2008-2009, nel 2012, nel 2014, nel 2018 e nel 2021, con migliaia e migliaia di vittime civili palestinesi e centinaia israeliane, hanno sconfitto o indebolito il potenziale militare di Hamas?”.Ma quindi la risposta di Israele all’attacco di Hamas del 7 ottobre è stata proporzionata e ragionevole? “Nessuna reazione di nessuno Stato, nemmeno a crimini efferati di gruppi armati, può trasgredire ai divieti” risponde Daniele.
“E’ sulla base di questi stessi divieti, quelli contro attacchi diretti a civili inermi, che il mondo può unirsi nella condanna alle efferatezze di Hamas. Affermare che queste stesse norme fondamentali (che vincolano tutti gli attori di tutti i conflitti armati) vadano ignorate se violate dai nostri alleati (come sta accadendo a Gaza con misure e attacchi indiscriminati che continuano a uccidere anche bambini) è pericolosissimo, inaccettabile, una vera e propria rinuncia ai principi minimi della legalità internazionale nelle azioni militari degli Stati. Chiedere sconti di legalità ai propri alleati è un vizio tipico del malcostume italiano, ma in questo caso è un principio distruttivo dell’ordine giuridico internazionale, proprio nel momento in cui le sue regole minime sono tutto ciò che ci resta per salvarci da una guerra mondiale in senso proprio”.Qual è allora la domanda che dobbiamo porci? “Dobbiamo chiederci in che modo possiamo interrompere la spirale di violenze che causa vittime tra i civili soprattutto su una delle due popolazioni, privata dei più elementari diritti” risponde l’esperto, che propone un altro interrogativo: “Quante occasioni hanno avuto negli ultimi dieci anni i governi europei ed italiani per attivare gli strumenti – già esistenti ed applicabili – della legalità internazionale, per fermare questa tragica spirale?”.Quali sono questi strumenti? “Le numerosissime risoluzioni- elenca Daniele- che intimano il rispetto dello Statuto delle Nazioni Unite, delle Convenzioni di Ginevra del 1949, di tutte le applicabili convenzioni per i diritti umani (che non ammettono discriminazioni), i doveri di riferire – come Stati parte – la situazione alla Corte penale internazionale”. Arriviamo al ruolo della Corte con sede all’Aia, che non è riconosciuta da Israele, che non ha ratificato il trattato che la istituisce. Cionondimeno, secondo Daniele, “la Cpi ha giurisdizione su tutti i crimini commessi in questo conflitto”. Questo perché “la giurisdizione della Corte si esercita sullo Stato nel cui territorio i crimini sono commessi”, vale a dire, in questo caso, la Palestina. “D’altronde- evidenzia l’esperto- la Russia non è parte della Cpi, ma ciò non ha impedito l’emissione del mandato d’arresto nei confronti del presidente Vladimir Putin per crimini di guerra”.Ma il nodo saliente tocca il diritto: quello alla legittima difesa, invocato da Israele. Per valutare la legalità dei bombardamenti sulla Striscia di Gaza non sarebbe rilevante. Secondo Daniele, “bisogna fare riferimento a un altro ambito, non quello che regola in generale la legittima difesa, ma quello del diritto internazionale umanitario, che governa mezzi e metodi di conduzione delle ostilità” ed inoltre “vieta senza deroghe la privazione dei mezzi di sussistenza della popolazione civile, nonché gli attacchi indiscriminati e sproporzionati contro strutture civili e civili”. Le vittime civili, appunto: dopo i 1.400 morti causati da Hamas in Israele, a Gaza sono salite a oltre 5mila, secondo gli ultimi dati dell’Ufficio Onu per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha).Daniele conclude con un appello: “I nostri media e il dibattito pubblico, al contrario delle domande sbagliate evocate in apertura, non possono abdicare al proprio ruolo critico, che diventa fondamentale quando si disumanizzano le vittime con forme di razzismo, oltranzismi e unilateralismi. Forse qualche diversa domanda, con la mitezza del dubbio, potrebbe aiutare. Come è possibile che ci siano familiari israeliani di vittime di Hamas che gridano a gran voce che questa spirale di uccisioni di civili non proteggerà la loro sicurezza, che dichiarano di non volere il proprio dolore strumentalizzato per uccidere innocenti a Gaza, e che queste voci non esistano, non vengano raccontate o peggio, siano espulse dal dibattito italiano? Inoltre, cos’hanno fatto i nostri governi fino ad oggi per prevenire questa guerra? Inoltre, come hanno votato i governi italiani sulle rilevanti risoluzioni finalizzate a questa prevenzione, sulla base della legalità internazionale, nel Consiglio dei diritti umani e nell’Assemblea generale delle Nazioni Unite?” Senza sollevare questi quesiti, secondo Daniele, “diventa troppo facile chiedere alternative a un’opinione pubblica disorientata da atrocità senza precedenti da un lato e dall’altro dalle barriere della prigione a cielo aperto che è Gaza. Le alternative c’erano tutte, molte delle quali erano obblighi giuridici. Sono le nostre classi dirigenti ad aver scelto di ignorarle e sono i media a scegliere di non chiederne conto. Se non si cambia radicalmente, non potremo più fingere che il sangue di innocenti che scorre non sia anche conseguenza delle irresponsabilità delle nostre politiche”.
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