Il taccuino di Nuccio Fava

Concordia vò cercando altrimenti mi dimetto

Roma – Annunciata con trombe e fanfare e definita importante dallo stesso Conte, la conferenza stampa del presidente del Consiglio è stata sostanzialmente un flop. Come sempre garbato e a suo modo elegante nella narrazione e nello stile, si direbbe quasi preoccupato di difendere la sua persona e il suo disinteresse fino a sottolineare più volte di non essere in alcun modo legato ai Cinque Stelle, ma sempre autonomo ed indipendente al servizio del paese. La Lega si è detta più volte di diverso avviso non solo a proposito della Tav e 

delle grandi opere e delle autonomie speciali discutibili sul piano costituzionale, specie per un paese come l’Italia che si trascina dall’Unità uno storico divario nord-sud. E come non ricordare lo scontro acuto tra Di Maio e Salvini a proposito delle dimissioni dei sottosegretari leghisti voluti dai Cinque Stelle. Sono alcuni degli ostacoli non facilmente sormontabili per Di Maio a cui certo non basterà il quasi plebiscito della piattaforma Casaleggio per impostare un dignitoso e costruttivo confronto con il capo della Lega, trionfatore alle europee. Senza dimenticare comunque l’impegnativo confronto con l’Europa, dove arriviamo complessivamente sconfitti, come testimonia la sconsolante solitudine del presidente Conte a Bruxelles. Forse il senso della conferenza stampa sarebbe stato se Conte si fosse presentato ai giornalisti con a fianco Salvini e Di Maio, finalmente davvero intenzionati e convinti insieme della necessità ed urgenza di cambiare “musica” e trovare una base d’intesa convincente. A me pare che le cose dette dal presidente del Consiglio non siano destinate ad avere grande effetto. Solo la ripetizione, ancora una volta, di volere proseguire, rispettare il contratto secondo l’interpretazione ostinata e prioritaria che ne fornisce ciascuno dei contendenti, accusato rispettivamente di volere interrompere il percorso dandone la responsabilità all’altro. Forse il presidente Conte invece di una solitaria e tardiva presa di posizione dopo i risultati elettorali, avrebbe dovuto convocare subito se non un consiglio dei Ministri, almeno un vertice di maggioranza. Sarebbe stato allora più giusto e corretto andare a riferire formalmente al presidente della Repubblica l’insostenibilità politica della situazione e presentare le dimissioni. Comportarsi con un atteggiamento da gentiluomo o da notaio non basta ad assolvere le difficili responsabilità di capo del governo nel quale da tempo è evidente che quello che conta davvero è il vice presidente Salvini mentre il “povero” Di Maio specie dopo le elezioni europee rischia sempre più di essere modesto comprimario.

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