A Mosul libera aleggiano dolore e distruzione

Feste a Baghdad per la vittoria del colore del sangue versato nella millenaria città irachena di Mosul colpita da una guerra immonda

La liberazione di Mosul dalla morsa dei miliziani del sedicente stato islamico, per la popolazione della più grande città irachena  arriva dopo tre anni di guerra sanguinosa e devastante. Le forze dello Stato Islamico avevano catturato Mosul nel giugno 2014 proclamando la nascita di un califfato esteso fra Iraq e Siria. L’offensiva per sottrarre Mosul all’Isis era iniziata lo scorso ottobre 2016. Malgrado la completa riconquista della città annunciata dalle forze militari e dal primo ministro iracheno Haider al-Abadi  in un discorso alla nazione dalla ormai  ex roccaforte del califfato, dolore e sofferenza aleggiano sulla millenaria città,  dal volto  irriconoscibile e impietosamente trasformato da distruzione e morte.

Una vittoria dal colore del sangue versato di migliaia di cittadini iracheni, vittime di un inferno scatenato dal  Daesh, dai raid aerei della coalizione internazionale, dall’esercito governativo e dalle milizie sciite di Hach al-Chaab che indiscriminatamente in questi lunghi mesi hanno colpito senza pietà  obiettivi terroristici,  ospedali,  abitazioni e scuole.

Al suono dell’orchestra sinfonica nazionale dell’Iraq, migliaia di giovani sono scesi nella piazza  Tahrir di Baghdad per celebrare la fine della guerra a Mosul. Un festeggiamento sentito, gioioso ma non privo di analisi e riflessioni che aprono a scomodi interrogativi. Il primo riguarda il post-vittoria. Cosa succederà quando dalla stessa emergeranno le ombre? Secondo  le convinzioni di molti  la sconfitta dell’Is rappresenta solo la fine di una battaglia. Il duro colpo inferto ai Jihadisti segue  infatti linee interpretative diverse e contrastanti. Da una parte c’è chi sostiene che l’obiettivo dell’Is,  non consistesse  nel prendere in mano il governo di Mosul ma piuttosto esportare il progetto terroristico stimolando le menti malate dei seguaci e armando la loro mano all’estero.  Non quindi la fine del califfato e del suo programma ma un modello da riprodurre in altri Paesi anche occidentali. Dall’altra, la convinzione di chi ritiene che le critiche che inevitabilmente sorgeranno all’interno dei gruppi islamici  per la sconfitta dell’Is, comporteranno senza dubbio un  indebolimento della sua ideologia e sgretolamento dell’impalcatura.

Inoltre  per i combattenti  dell’Is,  prigionieri adesso dei soldati iracheni, cosa verrà  deciso sarà usata la stessa loro moneta, verranno uccisi o giudicati dai tribunali? La denuncia di  rappresaglie contro i miliziani  arriva da alcune organizzazioni umanitarie per situazioni fuori controllo, secondo immagini che girano nei social.  Quale sarà la sorte di anziani, donne e bambini appartenenti ad ambienti vicini ai gruppi islamici ? Ancora, nello scacchiere internazionale come cambieranno le  regole del gioco in Iraq e quale sarà il  ruolo degli  Stati Uniti, riacquisirà  di nuovo la leader ship?

Intanto la  televisione irachena continua a mostrare  immagini di civili che abbandonano  il centro di Mosul quasi  interamente distrutto dai combattimenti, di militari che assistono bambini, anche molto piccoli.  Video di uomini e ragazzi  che prima di passare le linee governative sono sottoposti a controlli e costretti a spogliarsi , per evitare  la possibilità che qualcuno possa  nascondere  cinture esplosive sotto i vestiti. Filmati  di gente sopravissuta ad una guerra d’inferno che attende la possibilità di risollevarsi dalla distruzione che la circonda e riprendere in mano la propria vita. 

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