Conterà più Prodi oppure Trump e Brexit?

Siamo finalmente agli sgoccioli e domenica notte sapremo come è andata. Pare che le  distanze tra Si e No si siano ridotte, anche se nessuno può seriamente avanzare previsioni. Solo i tifosi dichiarati dell’uno e dell’altro schieramento si dicono sicuri della vittoria del proprio campo. Le tifoserie però sono morivate dalla passione del cuore più che dalla ragionevolezza e da previsioni credibili, che i sondaggisti fanno sempre più fatica ad azzeccare. Da ogni parte si è chiesto e si è promesso di abbassare i toni, che in realtà non si sono minimamente ridotti. A cominciare dal presidente del Consiglio che si è  garantito il “si” di Romano Prodi. Un consenso sicuramente autorevole, espresso con tormento e senso del dovere nel timore del peggio.
Analogo del resto a quello del ministro tedesco Schauble che potrebbe però avere esito contraddittorio e comunque problematico. Riconducibile cioè al tema dei poteri forti e del cosiddetto politicamente corretto, argomenti che hanno provocato reazioni molto forti negli elettori Usa e britannici. È’ la grande questione sempre più preoccupante eppure oltremodo significativa e che riguarda l’insieme dei sistemi politici e del futuro della democrazia. Ha contribuito infatti in modo determinante alla sconfitta della Clinton e alle dimissioni di Cameron, nonostante il complesso potere-economico finanziario e l’establishment – compresa la maggioranza dei media – si fossero mobilitati a sostegno degli sconfitti. È una stagione di populismi trionfanti anche in Italia ed in Europa che soffia contro i governi in carica nell’impotenza dei partiti. È’ evidente che tutte le forze impegnate nella campagna referendaria – a cominciare da Renzi –  abbiano cercato fino all’ultimo di convincere gli indecisi sperando, forse troppo, che alla fine gli elettori non avrebbero disertato le urne il 4 dicembre. Forse però potrebbero prevalere lo scontento,  la rabbia, perfino la convinzione dell’inutilità del voto che “tanto non cambia nulla in meglio”. Assisteremmo allora all’ennesima conferma di una diserzione dalle urne sempre più grave che dovrebbe da tempo  preoccupare tutti.

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