Alla ricerca di capitali per Piccole e Medie Imprese al convegno LS LexjusSinacta a Milano

Lo strumento innovativo e di valido impatto è stato individuato nei PIR, i piani individuali di risparmio, introdotti da poco nel nostro ordinamento e che hanno avuto un rapido successo

Milano, 16 maggio 2018 – Come finanziare le piccole e medie imprese italiane in un mondo che cambia. Questa la sintesi del Focus PMI svolto oggi a Milano,  eorganizzato da LS LexjusSinacta, in collaborazione con Prometeia e Banca Mediolanum. Lo strumento innovativo e di valido impatto è stato individuato nei PIR, i piani individuali di risparmio, introdotti da poco nel nostro ordinamento e che hanno avuto un rapido successo. “I Pir sono la novità più significativa degli ultimi anni”, ha detto Gianluigi Serafini, managing partner di LS, convinto che la finanza, anche con questi strumenti, “crea valore nell’economia reale”. Sono arrivati al momento giusto, ha sottolineato il presidente Franco Casarano, per concorrere al superamento della crisi, creando canali alternativi di finanziamento per le imprese e diminuendo la loro dipendenza dalle banche. I vantaggi li ha illustrati Massimo Doris, amministratore delegato di Banca Mediolanum, maggior sostenitore di tali strumenti con 2,4 miliardi di raccolta nel 2017, su un totale di 10,9 in tutto il mercato. “Anche l’Europa -ha detto-  vuole che le imprese si finanzino sul mercato”. Pertanto, le banche continueranno a finanziare il capitale circolante, il mercato provvederà agli investimenti di lungo periodo. I Pir aiutano questo processo, perché sono tax free (non si pagano tasse sui rendimenti se detenuti per un minimo di cinque anni e sono esenti dalle tasse di successione). La gran parte viene investita in imprese italiane. Nel medio e lungo termine dovrebbero garantire buoni vantaggi all’investitore (anche se probabilmente non comparabili con il 21% del primo anno, da considerare come un vero e proprio exploit). I vantaggi sono anche per l’imprenditore che vuole finanziarsi, per l’industria del risparmio e per il sistema economico del Paese, perché alimentano il circuito virtuoso dell’economia.

Il punto, però, è che le imprese italiane -come ha sottolineato Lea Zicchino di Prometeia- sono troppo piccole (45% di PMI contro, per esempio, il 35% della Germaniadove, tra l’altro i parametri di grandezza sono diversi di quelli italiani, che prevedono un massimo di 250 dipendenti e 50 milioni di fatturato annuo). Inoltre, ci sono problemi di ricambio generazionale nella proprietà. Che fare? “Bisogna far crescere i migliori” – ha detto- anche se stanno aumentando i rischi geopolitici ed aumenta l’incertezza a causa del montante protezionismo USA. “Le imprese dovranno investire nel proprio capitale tecnologico” – ha proseguito-utilizzando al meglio i nuovi strumenti di investimento che stanno emergendo, accettando la quotazione in Borsa, adottando un approccio più dinamico al mercato dei capitali.

Piccolo è bello, si diceva una volta. “Questo non è più attuale”, ha smentito il presidente della piccola industria di Confindustria, Carlo Robiglio. In Italia il 97,3% delle PMI è sotto i 50 milioni di euro di fatturato. Abbiamo dei punti di forza, siamo il secondo paese manifatturiero inEuropa ed il made in Italy (“che ha le sue radici nelle botteghe rinascimentali”) è richiestissimo. Le piccole imprese italiane, accettando il cambiamento,  devono avere l’obiettivo di crescere, non solo come fatturato, ma anche in termini di mercato, formazione, innovazione, finanziamento ed investimento.  Soprattutto, ha avvertito Angelo Tantazzi, presidente di Prometeia, diventa sempre più stringente “attuare cambiamenti nella struttura finanziaria delle imprese” tenendo conto che l’economia italiana dipende molto dal contesto europeo, specialmente centro-orientale e che sono in atto imponenti processi di trasformazione economica globale. Il mondo della finanza è pronto a sostenere le imprese in questi cambiamenti. “I tempi sono maturi per una accelerazione”, ha sostenuto Barbara Lunghi, Primary market manager di Borsa italiana, “La cultura dell’equity in Italia si sta modificando, ma non con i ritmi che vorremmo”. Per dire, ad oggi i Pir coprono solo lo 0,9% del Pil. Ma bisogna essere ottimisti, guardare avanti. Tutto sommato, ha detto Fabio Pigorini, Amministratore delegato di IntermonteSim, “è la prima volta che in Italia si crea capitale per le PMI, soprattutto in un’ ottica di quotazione”. Purchè, il contesto geo politico e l’incertezza politicainterna  non vengano a scompaginare queste prospettive.

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