San Giuseppe una speranza per l’oggi

Un uomo giusto ed umile, capace di farsi stravolgere dalle sorprese di Dio
San Giuseppe

Si parla poco del padre putativo e custode di Gesù. Il 19 marzo si celebra la sua festa come “patrono della chiesa”.

La figura di San Giuseppe è stata, anche dalla chiesa, scoperta lentamente; infatti, solo nel 2013 Papa Francesco inerisce la mansione di san Giuseppe nel canone della messa, nella preghiera eucaristica, subito dopo il nome di Maria e prima di quello degli apostoli.

vangeli

Nel vangelo di Matteo di parla di lui: infatti secondo il diritto giudaico è attraverso suo padre che Gesù appartiene a una stirpe e precisamente quella davidica. San Giuseppe viene citato soltanto nei pochi paragrafi dei Vangeli dell’infanzia, dove peraltro non si riportano sue parole. Il suo nome in ebraico significa «Dio gli aggiunga!» o «Che egli raduni!» ed è lo stesso di altri sei personaggi biblici. La tradizione vuole che quest’uomo fosse vecchio. All’origine di questa tradizione non c’è soltanto la sua totale assenza nel momento in cui Gesù inizia il suo ministero pubblico, assenza che farebbe presumere che all’epoca egli non fosse più in vita. C’è pure la volontà, tutta apologetica, di dipingere Giuseppe come vecchio, anzi decrepito, per evitare qualsiasi insinuazione sulla castità e sulla verginità di sua moglie Maria.

sacra famiglia profughi

Giuseppe, con Maria e poi con il piccolo Gesù, è stato migrante ed è stato profugo. Migrante a causa del censimento, che lo costringe a viaggiare da Nazareth a Betlemme: qui il bambino nasce nelle precarie condizioni descritte dall’evangelista Luca. Quindi profugo, costretto a scappare in Egitto varcando la frontiera di un Paese tradizionalmente ospitale per fuggire dalla spada dei soldati di Erode ai quali era stato ordinato di uccidere tutti i bambini piccoli di Betlemme.

Nel Vangelo di Matteo (13, 55) si legge questa definizione di Gesù: «Non è egli forse il figlio del carpentiere?». Quindi abbiamo dedotto che era un falegname, ma la parola greca Tèkton all’epoca indicava un operaio che lavorava materiali duri, quindi non solo il legno, ma anche le pietre, quindi più che in falegname un costruttore, questo possiamo anche evincerlo da alcune parole riportate da Matteo (7,24-26) proferite da Gesù: “perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia…”, ed in Luca (14, 28-30) “chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento? Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.

Un ulteriore appunto merita l’espressione usata da Matteo nel definire Giuseppe: «era giusto». Il termine ebraico «sadiq», spiegano gli studiosi, significa «uomo esemplare» che rispetta la Legge, un ebreo «praticante», osservante, che doveva quindi possedere una certa cultura e conoscere sia l’ebraico che l’aramaico: la prima era la lingua classica di Israele, la seconda quella comunemente parlata in quel tempo. Un’antica tradizione rabbinica ricollega il mestiere di «lavoratore edile» con una formazione speciale, cioè con una conoscenza fuori dell’ordinario del testo biblico e con una insolita capacità di spiegarlo. Giuseppe, scrive Matteo, è un uomo «giusto» e misericordioso. Appresa la gravidanza di Maria, prima di ricevere il messaggio di Dio in sogno, decide di ripudiare la sua sposa ma in segreto. Non la ripudia pubblicamente, non rende nota quella gravidanza «illegittima». L’angelo che appare in sogno a Giuseppe, con il suo annuncio, viene a sanare questa situazione. 

Sacra Famiglia

Papa Francesco il 19 marzo 2013 celebrava la messa per l’inizio del suo pontificato. Nell’omelia san Giuseppe viene presentato come modello di educatore, che custodisce e accompagna umilmente Gesù nel suo cammino di crescita. «Giuseppe è “custode” perché sa ascoltare Dio, si lascia guidare dalla sua volontà, e proprio per questo è ancora più sensibile alle persone che gli sono affidate, sa leggere con realismo gli avvenimenti, è attento a ciò che lo circonda, e sa prendere le decisioni più sagge. In lui cari amici, vediamo come si risponde alla vocazione di Dio, con disponibilità, con prontezza, ma vediamo anche qual è il centro della vocazione cristiana: Cristo! Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato!». Significativamente, proprio sabato 19 marzo 2016, festa di san Giuseppe, verrà firmata dal Papa l’esortazione dedicata alla famiglia che conclude il cammino di due sinodi.

Potremmo provare a fare un sunto di quanto letto e da questi frammenti, è possibile concludere citando alcuni tratti di san Giuseppe. È un uomo giusto e misericordioso, capace di guardare oltre le convenzioni sociali. È un uomo silenzioso e umile. È aperto alle «sorprese» di Dio, ai suoi piani, anche se gli sconvolgono la vita. È un custode della vita, permette al Dio fattosi uomo, un bambino inerme, «completamente dipendente dalle cure di un padre e di una madre» (così disse Papa Wojtyla a Betlemme nel marzo 2000) di crescere. È capace di essere padre anche di un figlio che non era suo nella carne. È un uomo pratico, capace di ascoltare la voce di Dio e di metterla in pratica, prendendo le giuste decisioni per il bene della sua famiglia.

Mi sembra che questa figura, che questo uomo, oggi abbiamo una importanza ancora più forte, proprio in un’epoca in cui giustizia, misericordia, umiltà sembrano essere divenuti punti di debolezza, ci dia la forza per essere capaci di andare oltre le convenzioni sociali e farci sconvolgere dalle sorprese di Dio, rendendoci custodi ogni giorno di un Gesù che deve crescere.  

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