Tetto agli stipendi ai dirigenti della PA: il Governo ci ripensa

Dall' "irritazione" di Draghi allo sconcerto degli addetti ai lavori: l’onere finanziario di una norma va sempre quantificato. Stupisce quindi che l’emendamento inserito nel Decreto Aiuti Bis per togliere il limite allo stipendio dei vertici della PA non lo contempli. Dietrofront del Governo.
L'Aula di Montecitorio - Roma.

Roma, 14 settembre 2022 – Il Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi non ha celato ieri il “disappunto” per un emendamento inserito nel Decreto Legislativo “Aiuti bis” in base al quale viene eliminato il tetto massimo di 240 mila euro per la retribuzione delle massime cariche dirigenziali della pubblica amministrazione. Un emendamento approvato, dicono al Senato, nonostante non fosse del tutto condiviso. Il motivo? Non arenare l’approvazione di un decreto così importante per l’Italia, che sblocca 17 miliardi di aiuti a imprese e famiglie. Ma oggi il Governo annuncia il dietrofront.

Un emendamento sconcertante

A lasciare sconcertati non è stato solo il contenuto della disposizione a molti apparsa poco opportuna, ma il fatto che venisse data la possibilità di superare, senza alcun limite, il tetto massimo dello stipendio degli alti dirigenti della pubblica amministrazione. Lo sconcerto maggiore è serpeggiato infatti tra gli addetti ai lavori e cioè tra gli esperti di “drafting normativo” sia fuori che dentro alle Camere.

Il drafting normativo è l’insieme di tecniche di redazione di testi normativi. Oltre a dover essere scritto in un italiano impeccabile al fine di evitare dubbi di applicazione, il drafting consiste nel predisporre un testo rispettoso degli ordinamenti, delle leggi e dei regolamenti di Senato e Camera. Un errore di redazione può costare il respingimento della proposta normativa o la richiesta di riformulazione che a volta porta in vicolo cieco.

Stupisce quindi che nel corso dell’approvazione al Senato del Decreto “Aiuti Bis” sia stato possibile inserire – con l’avallo della Ragioneria di Stato- un emendamento – precisamente l’emendamento numero 41.0.1 riformulato dal Governo (e cioè dal Ministero competente che in questo caso è il Ministero delle Finanze)- che infrange una delle regole basilari della redazione di un testo normativo: la quantificazione dell’onere finanziario che produce annualmente una nuova norma.

Vediamolo nel dettaglio.

Casa prevedeva il testo approvato

L’emendamento che inseriva l’articolo 41 bis al Decreto Aiuti Bis, prevedeva che al Capo della polizia, al Direttore generale della pubblica sicurezza, al Comandante generale dell’Arma, al Comandante generale della Gdf, al Capo del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria – Dap, così come agli altri capi di stato maggiore, nonché ai Capi dipartimento della presidenza del Consiglio e al Segretario generale della Presidenza del Consiglio, e ai Capi Dipartimento e ai Segretari generali dei ministeri, fosse attribuito anche in deroga al limite stabilito dalla legge e che corrisponde alla retribuzione del primo presidente della Corte di Cassazione, un “trattamento economico accessorio per ciascuno di importo determinato nel limite massimo delle disponibilità del fondo di cui al comma 2 con decreto del Presidente del Consiglio su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze. All’onere derivante dal comma 1 si provvede mediante corrispondete riduzione del fondo di cui all’articolo 1, comma 200 della legge 23 dicembre 2014 n. 190”.

Il fondo a cui si fa riferimento è il fondo per far fronte alle esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, istituito con la legge di bilancio del 2014. Si tratta di un fondo del Ministero dell’Economia e delle Finanze e che viene rifinanziato annualmente proprio con la legge di bilancio.

Il commento tecnico

L’onere di questa disposizione non è quantificato – spiega Gianluca De Filio, esperto di redazione di testi normativi-. Potrebbe costare 1, 100, 500, 1.000. L’unico parametro è la capienza del fondo per le esigenze indifferibili, che però, come mi è capitato di scrivere più volte è un fondo pluriennale molto capiente e che viene utilizzato per molteplici finalità. La Ragioneria generale dello Stato è da sempre rigidissima, in particolare sugli emendamenti parlamentari, non solo per quanto riguarda la fonte di copertura, ma soprattutto sulla quantificazione dell’onere”.

Si sprecano infatti i casi di rigetto di proposte che risultavano non chiare o non coerenti con queste indicazioni. Inoltre, osserva De Filio, la sacrosanta e doverosa severità della Ragioneria di Stato non c’è stata e francamente c’è da domandarsi il perché.

De Filio cita inoltre un esempio recente che dà la misura della stranezza di quanto accaduto ieri.

Nel luglio scorso su una proposta di legge parlamentare che riguardava l’inserimento lavorativo di donne vittima di violenza in commissione bilancio alla Camera arrivò un parere negativo della Ragioneria Generale dello Stato su un onere che di circa 2 milioni di euro per il 2022 che a regime sarebbe sceso a 1,7 milioni coperto proprio sul fondo per le esigenze indifferibili”. La Ragioneria motivò il parere contrario perché – si legge nella nota ufficiale- si sarebbero ridotte le disponibilità del Fondo per le esigenze indifferibili destinato, nelle intenzioni del legislatore, a sostenere iniziative governative.

La marcia indietro del Governo

Arriva quindi repentina la marcia indietro del Governo che annuncia un nuovo emendamento da presentare in occasione dell’approvazione alla Camera dei Deputati del testo definitivo del Decreto Aiuti Bis. La votazione è prevista alla seconda Camera la prossima settimana.

Ai dirigenti niente più aumenti. Forse !

Photo by Marco Oriolesi on Unsplash

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