Il filosofo calabrese Domenico Sola. Interventista nella Grande Guerra e amico di Prezzolini

...Laviola: “È la fase della rivoluzione che attraverso i nuovi principi e i nuovi valori portano ad una fase organica della storia, a una nuova epoca”. Sola verso una nuova epoca intendeva andare. Verso una nuova epoca si volgeva. La morte colse il giovane filosofo nel pieno della sua attività, ma non impreparato. Ha sempre fatto suo un pensiero dell’amico Prezzolini: “Finché vivo vorrei pensare. Che terribile pensiero è il pensare che si può vivere senza pensare”...



 
Con Giuseppe Prezzolini ebbe un ottimo e singolare rapporto proprio sui temi dell’interventismo sulla Grande Guerra in un legame tra intellettuali, storia e civiltà. Infatti Domenico Sola fu fervido interventista. Uomo che credeva nel risveglio della civiltà. Studioso di storia e filosofia. Filosofo. Domenico Sola, nella pur breve vita, ci ha lasciato importanti scritti. Ha collaborato con “La Voce” di Prezzolini, con “Sapientia” diretta da Salvatore Lauro e con tutti quegli amici che furono i maggiori rappresentanti della cultura del primo Novecento. E ci riferiamo a Prezzolini, Papini, Soffici, Salvemini, Gentile, Mussolini, Saba, Cardarelli, Pareto, Bacchelli, De Robertis, Ungaretti e molti altri. Insieme a questi collabora a “La Voce”. Di lui il mondo della cultura ne ha una grande stima. Viene tenuto in elevata considerazione.
 
Quinto Tosatti in una lettera datata Roma, 2 gennaio 1916 indirizzata a Domenico Sola scrive: “…Sto in ansia per la nostra amicizia, e anche un po’ per le sorti della… filosofia idealistica nel nostro paese, legata in parte anche alla tua persona. Perciò immagina come i miei voti per te siano ardenti. A quando ripiglieremo i nostri conversari animati e profondi, arricchiti ora di novelle esperienze di vita? E le nostre incruente battaglie contro l’astrattismo per la concretezza dell’ideale? Forse tra breve richiameranno anche noi e verrò anch’io costassù. Qui si chiacchiera. Oggi la storia la fate voi: poi tu la scriverai”.
Domenico Sola nato in Calabria in un paese dell’Alto Ionio, Amendolara, il 21 gennaio 1891, laureatosi in filosofia all’Università di Roma nel 1915. In questo stesso anno parte volontario per la guerra. Riveste il grado di sottotenente. Muore sul Pianoro di Maso. Da eroe. Era il 29 maggio 1916. Aveva soltanto 25 anni. Una giovinezza non vissuta. Un atto di coraggio.
Sola. Un intellettuale che aveva visto nel conflitto mondiale la riaffermazione dei valori dell’uomo. Un intellettuale che aveva capito che il rapporto fra l’individuo e lo stato va visto in un ambito molto più ampio dove ciò che primeggia è la centralità dei valori. In una lettera a Bellonci (trovata in bozza) si legge: “L’attuale guerra è quindi una violenta manifestazione dell’intera dialettica storica del pensiero europeo. E come in questo finora nessuno può pretendere di essere prevalso, così pure in guerra nessuno prevarrà decisamente per ora. Ma non si finirà, col passare del tempo, di dover essere raccolti sotto un’unica vittoriosa bandiera? Adoperiamoci a che quella sia il nostro tricolore”.
Vincenzo Laviola, conoscitore e studioso attento della filosofia e della personalità di Domenico Sola (uomo di profondi valori che ci ha permesso di leggere gli scritti di Sola), a proposito della lettera sostiene: “Non si sa se la lettera è apparsa sulla stampa oppure è stata inviata direttamente al destinatario. La importanza di questa lettera sta nel fatto che essa rivela gli ideali per cui combatteva Domenico Sola, e come lui, tutte l’élite della gioventù italiana in guerra. Nelle ultime parole della lettera quegli ideali si traducono in una sublime speranza, con la quale il Sola precorre ancora una volta di mezzo secolo gli eventi storici: era la speranza di quella Unione Europea di cui oggi tanto si parla, ma che ancora è lontana dall’essere una realtà politica”.
Questa meditazione la troviamo in uno scritto che il Laviola ha pubblicato su “Contenuti” nn.4/6 del 1984. In questo scritto affiorano altri interessanti particolari. Laviola ci racconta un po’ la vita di Sola. Ci racconta come ha trascorso gli anni del ginnasio e del liceo. Ci parla della sua tesi di laurea e alla fine della laurea ad honorem conferita dall’università di Roma con una brillante motivazione. Insomma Domenico Sola, ci dice Laviola, va studiato e vanno portati alla luce tutti i suoi scritti. È vero. Occorrerebbe creare una operazione di rivalutazione. Infatti Domenico Sola non è soltanto il filosofo di un certo idealismo passato. Il suo pensiero è attualissimo. Ritorna ad essere attuale proprio alla luce di un nuovo dibattito all’interno della filosofia italiana. Ritorna ad essere attuale anche attraverso motivazioni politiche e storiche.
Il suo interventismo, alla Prezzolini visione, (come di molti altri intellettuali del primo decennio del Secolo) ha davanti un quadro ben preciso che è nutrito di valori e ideali. Ecco il suo pensiero su quegli anni che facevano meditare per lo sfasamento dovuto a un trapasso epocale: “…una parte della società, costituita da una minoranza, diversa da quella che sta al potere e che risulta di spiriti certo non mediocri, tale parte, dico, comincia ad avvertire che quelle vecchie istituzioni sono ormai vecchie e non incarnano più i nuovi valori, che sono spuntati e si vanno elaborando nella propria coscienza.
A questo punto comincia la seconda fase detta critica individualista della storia: ora scoppia il conflitto visibile tra l’individuo e lo Stato”. Siamo al Saggio d’interpretazione filosofica della storia. L’individuo e lo Stato pubblicato su “Sapientia” del 15 luglio 1914, n. 3- 4.
A tal proposito Laviola commenta: “È la fase della rivoluzione che attraverso i nuovi principi e i nuovi valori portano ad una fase organica della storia, a una nuova epoca”. Ma Sola verso una nuova epoca intendeva andare. Verso una nuova epoca si volgeva. La morte lo colse nel pieno della sua attività, ma non impreparato. La morte, per uno che va a combattere volontario, non è mai una improvvisazione. È sempre un’età con la quale ci si confronta. La sua ricerca si focalizzerà, dopo una serie di interventi, sulla eterogenea problematica che è nel rapporto “individuo-Stato”.
La sua tesi di laurea il cui frontespizio porta la data del 1915 è divisa in tre parti. Nella prima parte il problema ha un suo sviluppo, una sua caratterizzazione e una sua soluzione.
Nella seconda parte vengono affrontati le tesi filosofiche attraverso la concezione filosofica del problema e attraverso l’eticità, i valori, l’ethos e lo stato. La terza parte centralizza la discussione e vi troviamo studiate le due fasi: quella organica o sociale e quella critica o individualistica.
Procediamo per ordine. Il 17 maggio 1914 sul n. 2 di “Sapientia” Domenico Sola pubblica: “Genesi e significato del nazionalismo italiano”. Si tratta della prima parte. La seconda verrà pubblicata sul n. 5-6 datato 15 agosto, 15 settembre 1914. Certo Sola pur essendo interventista, pur collaborando con i grossi nomi dell’interventismo italiano non era un nazionalista. In questo saggio ne enumera i motivi.
Egli sostiene: “Il Risorgimento è stato soltanto l’inizio della soluzione del problema italiano: l’Evo Moderno, come antitesi dell’Evo Medio – così come la coscienza moderna è antitesi della coscienza medioevale – non è divenuto col Risorgimento un fatto esteriore, proiettato in nuove autorità e in nuove istituzioni; la rivoluzione è tuttora nello spirito e non s’è precipitata che in parte nella storia; l’individualismo ha perciò ancora la sua ragion d’essere ed agita tuttavia la nostra collettività sociale: la fase critica perdura e l’organica è semplicemente avviata”. Un concetto fondamentale che ritorna attraverso varie chiavi di lettura è il seguente: “La coscienza italiana dello Stato – sentendo la profonda differenza, che la separa dalla coscienza cattolica della Chiesa – deve avvertire che non è possibile costruire una storia nazionale e produrre una civiltà italiana, se non si sopprimono i fattori della storia ecclesiastica e non si superano gli elementi della civiltà papale”.
Questo diverbio in Sola è sempre presente. L’individuo e lo Stato un rapporto (ma in molti casi si dovrebbe parlare soltanto di binomio) emblematico dal quale nasce la formazione del filosofo. Così egli scrive: “Il conflitto tra l’individuo e l’autorità, tra la nuova coscienza e la nuova istituzione, non è cessato; oggi abbiamo soltanto una tregua, durante la quale le due parti affilano le armi per ritornare poi di nuovo all’attacco o alla difesa. La rivoluzione è nelle cose, nella situazione storica e i prossimi assalti dell’individuo contro l’autorità saranno senza dubbio decisivi”.
A questo punto Sola cita una osservazione di Alfredo Oriani tratta dal terzo volume di La lotta politica in Italia. È la seguente: “Ora per quasi tutti i Governi d’Europa la questione pregiudiziale è quella della loro forma monarchica, alla quale mancando la consacrazione religiosa e la giustificazione teoretica, crescono ogni giorno le ostilità… Fra cittadino e re la guerra è anche più fiera che non fra operaio e capitalista, giacché alle rivoluzioni sociali debbono sempre aprire il passo le rivoluzioni politiche”.
Sola condivide il pensiero di Oriani. Un altro personaggio simbolico che oggi fa paura certamente per la sua onestà, il suo coraggio, le sue idee. Come Oriani, Sola oggi è un personaggio scomodo. Se si andassero a studiare a fondo i suoi scritti non solo ci troveremmo a una dimensione molto vicina a quella attuale ma sicuramente ci aprirebbe molte strade ad una interpretazione ricca di significati politici, storici e umani. Le caratteristiche umane sono impresse in ogni sua pagina.
Il suo lavoro più corposo ( e ci riferiamo alle tesi L’individuo e lo Stato ) ne è  una testimonianza. È qui che vengono tirati in gioco temi e valori. È qui che il filosofo dialoga con la vita e con la storia della cultura e con la storia delle idee. Vi sono si concetti hegeliani ma troviamo anche autori come De Maistre, gentile, Nietzsche, Stirner, Spenger. Con questi sembra dialogare. Si serve di De Maistre per spiegare il dato finale della Rivoluzione francese, ove l’individualismo più sfrenato s’impone ad ogni più venerata autorità, niente altro che una vergognosa corruzione, portata al massimo grado, per cui giustissimamente tutti i demagoghi sono rimasti poi vittime della rivoluzione medesima”.
Il confronto fra De Maistre e Humboldt è dimostrabile. Humboldt è un altro pensatore che affiora nel suo lavoro. Ma è Prezzolini che resta fondamentale.
L’identità più vera è la coscienza dello spirito che attraversa tutta la sua meditazione filosofica. Ci dice che “lo spirito, intanto vive e si manifesta, in quanto si determina ed esplica la sua attività, creando delle forme storiche, una delle quali è lo Stato”.
È qui che Domenico Sola trova la sua compiutezza (ammesso che sia logico sostenere ciò in un intellettuale morto all’età di venticinque anni).
L’articolo apparso su “La Voce”, nella edizione politica, porta il titolo di Democrazia. La data di questo articolo è quella del 7 luglio 1915.
Quale è dunque l’importanza di questo filosofo? Vincenzo Laviola nel saggio citato dichiara che Domenico Sola “Era considerato alto rappresentante della corrente filosofica nuova, che si evolverà nella persona e nella scuola di Giovanni Gentile”. Certo, ciò è vero. Già nelle sue pagine giovanili andava affermandosi una tendenza filosofica gentiliana. La sua importanza verrà fuori se avremo la volontà di far conoscere e portare alla ribalta si suoi scritti. I tredici capitoli della sua tesi sono tutti pubblicabili.
Hanno una loro originalità e una loro profondità.
La sua presenza nel panorama della cultura del primo decennio del secolo ha contribuito ad allargare il dibattito e a porre dei punti di riferimento in una stagione travagliata, contraddittoria e conflittuale. Il suo porre l’attenzione su l’individuo e lo Stato significa che aveva capito il passaggio di valori dentro il quale si muovevano gli intellettuali di allora e tutta la cultura europea. Non lo si può lasciare nel dimenticatoio. Le idee ritornano e con le idee la capacità di capire i drammi delle civiltà. Le idee ritornano e con le idee i sogni e le speranze di una civiltà.
Domenico Sola credeva in questa speranza. Non è andato a morire invano. La sua morte ci fa capire quanta tensione c’era nella sua coscienza. Una morte nobile dalla quale non ci si può dimenticare. Ha sempre fatto suo un pensiero dell’amico Prezzolini che dice: “Finché vivo vorrei pensare. Che terribile pensiero è il pensare che si può vivere senza pensare”. Sono le basi sulle quali si è forgiata la vita di Domenico Sola.
 
 
 
 
 
 

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