Il mio Battiato

Roma, 21 maggio 2021 – Vorrei tornare sulla scomparsa di Franco Battiato, ad una certa distanza, seppure ancora breve e dopo aver letto e ascoltato tanti interventi su giornali, televisioni, radio, social, blog e vario altro.

Forse non sono stato molto attento, ma non mi pare di avere percepito il tema dell’ispirazione, in tutte le analisi dell’Opera del Maestro. Tante riflessioni sulla vita, sul “misticismo” (sic), sui testi di difficile comprensione, a volte.

Ispirazione niente.

Eppure stiamo parlando di un artista, un poeta, un iniziato, che scrive secondo percorsi di coscienza e coglie significati nel divenire del mondo, nella natura, nei testi, nelle note. Ovunque.

Li trasporta nelle parole, aggregati secondo ispirazione. Trasformati secondo il metabolismo del pensiero, nel dialogo costante dell’anima con se stessa. E li dona senza pretendere nulla dal lettore o dall’ascoltatore. Rappresentano un dono, un contributo, una torsione dell’aria circostante che genera dinamiche differenti che ti scuotono secondo sensibilità.

L’ispirazione, appunto.

Generano altri percorsi interiori, originano cause ed effetti. Arricchiscono perché inducono lavoro, oppure quiete, perché non abbiamo bisogno tutti delle stesse cose.

Io sono ostinatamente Panelliano, cerco costantemente di uscire dalla logica del pensiero geometrico. Cerco modi nuovi, in definitiva, per non seppellirmi nella riduzione logica del senso comune. Vorrei battere la mia ignoranza, ma è un’impresa disperata.

E Lui mi ha tirato fuori dalla mancanza di consapevolezza. Dopo sarebbero arrivati Eco, Cordero, Panella, appunto.

Ma è stato Lui a porre il problema nella mia coscienza. Perché lui era squassato, divorato dal bisogno di cercare altro. Mai la verità, che è una grande menzogna, ma l’apertura del pensiero alle leggi del mondo, ammesso che siano conoscibili completamente.

Ma non importa. Quello che è veramente importante è vivere immersi nel caos delle realtà di cui si compone l’universo. E cercare di coglierne quante più possibile, prendendole al volo, pescandole  per poi ributtarle nell’immensità dell’essere.

Battiato ti ascoltava. Così mi dicevano gli amici, quando facevamo l’università. Era sempre gentile, disponibile, attento. Ma non era educazione, non solo. Lo sapeva benissimo che ognuno era un mondo da conoscere, da osservare e venerare per la sua grandezza, senza calcoli di quantità, senza misurare nulla. Erano tutti frutti dell’Origine, del Mistero della vita e della morte, che è il compagno più presente nella nostra vita.

E sorrideva, ma non benevolo. Innamorato del mondo.

A Lui devo un grande amore, un percorso di vita, un’anima risvegliata.

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