Sant’Agata senza Sant’Agata

Per i catanesi l’anno solare e sociale è scandito dalla classificazione temporale: “prima  di Sant’Agata”; “dopo la festa di Sant’Agata”.

 Quest’anno a causa della pandemia non è stato possibile festeggiare solennemente Sant’Agata e la preposizione “senza” ne esprime, appunto, la mancanza, introducendo il complemento di privazione della visione diretta del Busto reliquario, del contatto ispirato a devozione con la Santa Patrona.

In città nei giorni dedicati alla Santa non si respirata l’aria di festa, le luminarie nelle vie principali del percorso agatino, le numerose bancarelle di dolci e profumi, l’armonia delle candelore nei quartieri in preparazione ai giorni festosi del triduo solenne.

Non sono uscite le due caratteristiche “carrozze del Senato” che introducono la solenne processione dell’offerta della cera, il cielo non è stato illuminato dai caratteristici fuochi d’artificio della “sera del tre febbraio”, tutti appuntamenti che nel tempo hanno scolpito la solennità della festa, classificata come la terza mondiale per importanza e partecipazione di popolo.

Le funzioni religiose si sono svolte a porte chiuse e trasmesse in diretta streaming per i devoti da casa collegati alle immagini televisive della Vergine martire che,dal cielo continua a proteggere la sua Città.

I devoti hanno seguito la festa con  spirito di raccoglimento e di preghiera rendendo la casa “ piccola chiesa”. Riuniti davanti la TV alla ricerca dell’essenziale ed il vero significato della festa: incontro con il sacro, e questa volta in modo spirituale e virtuale, senza manifestazioni devozionali esteriori, senza candele, fiori e processioni.

“La pandemia di Covid-19 ha smascherato le nostre vulnerabilità, le false e superflue sicurezze, su cui abbiamo costruito progetti, abitudini ed effimere priorità” si legge nel messaggio dell’Arcivescovo.

Il silenzio del lockdown ha costretto tutti ad ascoltare le preoccupazioni più profonde ed a prendere in considerazione l’essenziale, indirizzando la mente e il cuore, come la Vergine Agata verso Cristo e verso i Valori che non passano di moda.

La celebrazione di Sant’Agata di quest’anno è stata privata dell’uscita emozionale del Busto reliquario dalla cameretta per la Messa dell’aurora, primo ed efficace “incontro” dei devoti con la Santa Patrona, che per due giorni passa per le vie della Città, portando il suo sorriso benedicente e rispondendo alle molteplici preghiere e invocazioni di aiuto e di conforto.

La lezione di Agata, fedele al suo Signore, che subisce il martirio per non tradire la sua religione, la forza e la determinazione della giovane catanese che nel processo rimprovera il procuratore Quinziano, rilette e interpretate alla luce dell’oggi sollecitano una reale conversione nell’essere tutti a servizio della comunità e coinvolti nella costruzione del vero bene comune.

Non è comunque venuta meno la protezione celeste di Agata per la sua città e le testimonianze storiche di eventi miracolosi ne sono conferma e certezza.

Anche questa pandemia cesserà e le cicatrici che lascerà con la perdita di persone care, la crisi economica e lavorativa, la mutazione di stili relazionali richiedono un “balsamo” spirituale capace di guarire e dare conforto, forza e coraggio.

L’esemplarità della giovane Agata che si fa dono per la sua Città, la protegge, la custodisce, la difende, resti un monito per i “Cittadini, devoti tutti” a seguire il suo esempio di vita cristiana ed essere sempre “un dono per gli altri”.

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Sul tema: “Comunicare il sacro. Sant’Agata senza Sant’Agata”, giovedì 4 febbraio alle ore 15,00 si è tenuto un seminario formativo on line, promosso dall’UCSI Catania (Unione Cattolica Stampa Italiana)   in collaborazione con l’Ordine Regionale dei Giornalisti che ha assegnato i crediti formativi.

Sono intervenuti,  Don Paolo Buttiglieri consulente regionale UCSI, Rossella Jannello vice presidente regionale UCSI, il presidente del Comitato dei festeggiamenti agatini Riccardo Tomasello,  l’imprenditrice Mariella Gennarino, il presidente della Sezione UCSI di Catania, Giuseppe Adernò e il giornalista Salvo Di Salvo.

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