E SE PAESANI/ZOPPICANTI SONO QUESTI VERSI. POVERTÀ E FOLLIA NELL’OPERA DI AMELIA ROSSELLI

Il saggio di Sara Sermini che ricerca nella biografia e formazione di Amelia Rosselli l’essenza della sua opera.

Povertà e follia, azione,amore per l’altro e solitudine.  Sono  alcuni dei temi ricorrenti  nell’opera di Amelia Rosselli,  dei quali  l’autrice Sara Sermini ricerca le radici e il significato più profondo nel bel saggio “E Se Paesani/Zoppicanti sono questi versi. Povertà e follia nell’opera di Amelia Rosselli” (Leo Olschki editore, 24 €). La  Sermini indaga  nella vita e nelle opere della Rosselli, ricostruendo, a partire dagli anni giovanili, le ispirazioni  letterarie e politiche, le letture e le influenze culturali del tempo, come la psicoanalisi junghiana e il surrealismo,  e gli incontri  romani che ne hanno caratterizzato la sua formazione.

Nel volume emerge  la sua condizione di rifugiata, dovuta alla morte prematura di suo padre, l’ attivista antifascista e  teorico  del  “socialismo liberale”  Carlo Rosselli, assassinato a Parigi dai Cagoulards (antifascisti)  insieme al fratello Nello, quando lei ha 7 anni . Il trauma per la morte della madre, Marion Cave, il lavoro a Roma per Adriano Olivetti,  prima come traduttrice e poi borsista, gli anni dedicati alla ricerca di un’identità politica e l’incontro centrale  con Rocco Scotellaro, che le insegna a  esprimere la sua poesia  in italiano. Un destino, quello di “orfana illustre” come afferma Antonella Anedda  nell’introduzione  all’opera della Sermini – che la segna per tutta la sua  esistenza,  intrisa di sofferenza e gravi esaurimenti nervosi: Amelia Rosselli si toglierà la vita gettandosi dalla  finestra del suo appartamento in via del Corallo a Roma, nello stesso giorno e trentatré anni dopo la  morte della poetessa americana  Silvia Plath,da lei così amata, annientata dalla solitudine e dalla depressione.  Con “il fratello  e amico”  Scotellaro, Amelia Rosselli  condivide  “un universo letterario, fatto di letture e primi tentativi poetici” ma anche la ricerca  prima di tutto etica e poi politica, di quella terza via  “né clericale né comunista” ma individuata nel concetto di “Libertà come  espressione di  una coscienza morale”(Benedetto Croce). Sono gli anni in cui la Rosselli  sente l’urgenza  di un agire, di un’azione politica (“I Know I’m made for action”, scrive al fratello John ) che attraverso la poesia  incida  a livello sociale, portando un cambiamento in quel mondo contadino che ha conosciuto e amato  attraverso Scotellaro.  All’amico prematuramente scomparso nel 1953,  ultimo cantore di quei valori della povertà  e dei contadini del Sud, la Rosselli dedica le sue poesie in lingua italiana (Cantilena  Poesie per Rocco Scotellaro 1953) .  In “Sanatorio  1954”, la poetessa pone l’accento sull’inevitabile necessità di spogliarsi delle cose superflue e di vestire i panni della povertà.  Come afferma Sara Sermini, “la poesia di Amelia sembra nascere dall’opposizione vissuta tra l’amore per l’altro e la consapevolezza di aver scelto la solitudine”. La scrittura diventa l’affermazione di questa scelta.  Il suo plurilinguismo e’ manifestazione del suo essere esule, di non appartenere a nessuna terra, senza radici alle quali tornare, diventa simbolo di povertà estrema. Scotellaro ha condiviso con Rosselli  il significato più profondo della povertà , fatta di fatica e di miseria ma anche di grande dignità, e  l’autrice ne elabora la “grammatica dei poveri”, l’unica a rispecchiare in modo perfetto, attraverso le sue mancanze, una realtà di privazioni,  spogliata di tutto cio’ che  è superfluo. La semplicità  dei poveri  porta alla capacità di aiutare gli altri,  come scrive Scotellaro “alla meraviglia di servire l’uomo”, che  conduce alla ricerca di Dio, di cui Rosselli  al tempo stesso ne mette in dubbio l’esistenza in una tensione continua . Alla musicalità, alla sperimentazione del suono della parola, alla frase  che indica il dinamismo stesso del pensiero sono affidati i suoi versi, frutto di quell’intuizione poetica propria del  fool, il folle, il buffone libero nel prevedere ed esprimere  una grande verità,  attraverso il velo dell’ironica amarezza.  Il fool  di Shakesperiana memoria  è al di sopra dei popoli e dei potenti, ha la capacità di cogliere  la verità  e di esprimerla  senza filtri, con un sorriso  sul volto. Come il  povero non possiede nulla e quel nulla è la sua forza e la sua  conquista.  Ma il nulla è anche la morte alla quale neanche il fool puo’ sottrarsi.  Amelia Rosselli  attraverso “l’io lirico” ne  raccoglie  tutta l’eredità, diventa, essa stessa fool: nei suoi “Quadri poetici” il linguaggio della follia è il suo linguaggio, amaro, ipnotico, ritmico, doloroso,  in cui la sfida  è quella di comprenderne fino in fondo il significato più vero.

 

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