WHY DO I WANT TO GO TO MARS , la prima mostra personale di Ryts Monet a Milano

L’esposizione segna la partenza di Whitelight Art Gallery a cura di Martina Cavallarin

Immagine dell’opera “Laika” in mostra.

 

 

WHY DO I WANT TO GO TO MARS è la prima mostra personale di Ryts Monet a Milano. L’esposizione segna la partenza di Whitelight Art Gallery, naturale evoluzione di Spazio San Giorgio, realtà nata nel 2011 a Bologna, che si arricchisce della preziosa direzione artistica di Martina Cavallarin, critica e curatrice indipendente.

 

""Ryts Monet è un giovane artista tra i più singolari e interessanti del panorama artistico italiano con una formazione istituzionale consolidata, esposizioni, premi e residenze internazionali.

 

Artista ricercatore, trasversale e linguisticamente duttile, muove la sua ricerca utilizzando differenti strumenti e interessanti quanto singolari derivazioni. Il suo interesse si focalizza sui fenomeni sociali, politici, economici della società contemporanea coniugando una ricerca estetica dedicata e densa a una concettualità misurata che si esplica attraverso installazioni, collage, suono, video, fotografia, elaborazione di dati raccolti attraverso il web e riorganizzati in un sistema di segni ad alto tasso di contaminazione che sempre si accrescono per serie progettuali che indagano in maniera diacronica e sincronica fenomeni culturali e trasformazioni associative. Il tema del doppio, della scansione temporale, dell’assurdo costituiscono una costante del suo lavoro pervaso da sottile ironia e trasgressiva quanto ficcante indagine concettuale.

 

La sua ricerca si concentra sullo sviluppo del discorso critico della situazione contemporanea dell'uomo. L’indagine esplora le tematiche scaturite dalla Guerra Fredda, i fallimenti e il labirinto di fantasie, di intenzioni e di visioni prodotte dalla propaganda massificata a sfondo politico attraverso l’individuazione di topos, categorie, argomenti e icone antiche e contemporanee che fluiscono intorno a noi. Contestazioni, illusioni, progetti interstellari, manovre sociali, geopolitiche ed economiche a sfondo totalizzante sono dispositivi che Ryts Monet usa e riordina per costruire le sue opere.

 

Il progetto WHY DO I WANT TO GO TO MARS parte da un video inedito a bassa risoluzione, che dà il titolo alla mostra, nel quale l’artista propone la campionatura totale, scaricata da internet, delle persone che avevano risposto alla proposta di andare su Marte a fondare una colonia post futurista. Il piano, mai realizzato, si pone come incipit ed esempio di una serie di esperimenti che, nei secoli, hanno affiancato la storia secolarizzata bucando l’immaginario pubblico e costruendo sogni e illusioni.  In una struttura concettuale ed espositiva che sempre si muove per serie e processo, la mostra vede una successione di collage, Explosions, esposte per la prima volta a Tokyo nella mostra Sisters, è sintesi visiva di due tipi di potenza ed energia. Parti di muscoli di bodybuilders, provenienti da fotografie trovate nelle riviste di culturismo, si sovrappongono a immagini d’archivio di test atomici, dove la tensione esagerata dei corpi ridisegna la forma della nube delle esplosioni. In mostra alcune opere inedite, tra le quali 30X30X30 installazione a parete costituita da cartoline d’epoca assemblate tra di loro. L’obelisco può essere considerato uno dei primi casi di "bottino di guerra", depredato dai Romani in Egitto e poi diffuso in tutto il mondo come simbolo dell’imperialismo occidentale. Uno dei più noti e antichi è l’obelisco di Luxor in Piazza della Concordia a Parigi. Inizialmente eretto dagli Egizi prima del 3000 a.C., rappresenta un raggio di sole pietrificato. Da simbolo della luce diviene in seguito uno dei simboli dell’Illuminismo. La luce è il primo elemento proveniente dallo spazio a raggiungere il pianeta Terra. L’opera consiste in una serie di 30 elementi, ognuno dei quali è formato da due cartoline postali tagliate in due parti e rimontate, raffiguranti obelischi situati in luoghi diversi nel mondo, dove la figura dell’obelisco rimane costante mentre il paesaggio cambia. Amaterasu Goddess of Sun + Holy Mary of Civitavecchia è un’altra installazione inedita costituita da una statua, Holy Mary of Civitavecchia, copia identica della statua del miracolo di Civitavecchia spedita dall’artista in una cassa di legno per via postale dall’Italia al Giappone nel 2011 durante una residenza artistica. A livello simbolico la statua ha ripercorso a ritroso il viaggio del samurai Hasekura Tsunenaga che nel 1615, durante l’era Keicho, partì da Ishinomaki e sbarcò a Civitavecchia, vicino a Roma, dove era diretto a incontrare il Papa. Da allora Ishinomaki e Civitavecchia sono unite da un gemellaggio che quest’anno compie 400 anni. Scelte come icone delle due città gemellate, la statua della Madonna di Civitavecchia e la replica della Statua della Libertà, stampata sulla bandiera sventrata dallo tsunami del 2011 e fotografata a Ishinomaki ( Giappone – a 100 km da Fukushima Dai-ichi), sono accomunate a livello formale e simbolico da più di un’analogia. Entrambe bianche, esse ritraggono due figure femminili, divenute emblema della diffusione della cultura occidentale nel mondo. Nella bandiera il bianco e il rosso rappresentano i colori dell’insegna giapponese mentre il fuoco rosso della fiaccola si riconduce al Sole levante presente sullo stendardo ufficiale. Per Ryts Monet questo lavoro incarna i due elementi culturali del cristianesimo e del capitalismo esportati dall'occidente in oriente e successivamente in tutto il mondo e oggi in stato di crisi.

© Martina Cavallarin

 

Ryts Monet è nato a Bari (Italia) nel 1982. Vive e lavora a Venezia.

 

 

 

 

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