Che senso ha l’appello nel caso di Lorena Mangano

Il secondo grado di giudizio per l'uccisione di Lorena Mangano si svolgerà il 15 marzo a Messina. Necessario risvegliare l’attenzione della città su un fatto così grave e sollecitare i giudici ad onorare la giustizia. Bisogna far capire a coloro che amministrano la giustizia che i cittadini soppesano le loro decisioni, e che se da una parte c’è un imputato che avanza pretese di giustizia dall’altra c’è una giovane alla quale è stato tolto il diritto di vivere attraverso un comportamento inaccettabile di prepotente trasgressione delle norme. E tale fatto non può essere sottovalutato solo perché l’imputato ha chiesto appello

A seguito dell’entrata in vigore della legge sull’omicidio stradale, si registrava a Messina la prima sentenza di giustizia per le vittime, riferita all’omicidio stradale di Lorena Mangano.

Con il comunicato dell’AIFVS del 21/12/2016, apprezzavamo la decisione del giudice che,valutando i dati oggettivamente rilevabili, dimostrava che il rischio di uccidere era prevedibile ed accettato: pigiare il piede sull’acceleratore e passare con il rosso è frutto di una scelta personale della quale si è pienamente responsabili e delle cui conseguenze irreversibili si risponde.

Il giudice Salvatore Mastroeni ha infatti irrogato non una pena minima bensì una pena congrua in rapporto alla normativa, anche se alleggerita di un anno, 11 anni anziché 12: l’espressione del finanziere Gaetano Forestieri di accettare la pena conseguente al proprio comportamento sconsiderato sembrava, infatti, indicare consapevolezza della gravità della propria condotta.

Ed anche noi concludevamo il successivo comunicato del 13/3/2017 attendendo che gli imputati non avanzassero appello, a riprova della raggiunta consapevolezza che ciò che impone la coscienza è sempre superiore rispetto a ciò che la legge permette.

Ma il nostro auspicio è stato rinnegato dai fatti, perchè il prossimo 15 marzo ci sarà alle ore 15,30 l’udienza di appello presso il Tribunale di Messina. Noi saremo lì ad auspicare che in appello almeno i giudici sappiano sostenere quel cambio di passo di civiltà segnato dalla sentenza di primo grado: una sentenza che, intrisa di rigore e di umanità, ha voluto dirci che è colpa grave il difetto di percezione sociale, cioè la sottovalutazione della vita dell’altro sulla strada, e pertanto tale colpa va adeguatamente punita. Ci aspettiamo che la pena venga almeno confermata, non c’è più spazio per un ingiustificato clemenzialismo, che calpesta il diritto alla giustizia delle vittimee fa perdere credibilità alla stessa giustizia.

Stampa Articolo Stampa Articolo