Roma – La giornata di giovedì ha confermato in modo preoccupante la condizione critica della nostra politica e la problematicità dei rapporti tra le nostre istituzioni. In singolare coincidenza con l’anniversario dell’assassinio del giudice Borsellino e degli uomini della sua scorta, uno dei quali si era offerto a sostituire un collega in difficoltà famigliari. Gli ultimi sviluppi di questa tragica e terribile vicenda dicono di un intreccio corruttivo tra servitori dello Stato e responsabili anche politici che avrebbero pilotato dall’esterno l’assassinio del giudice in combutta con i massimi esponenti dell’organizzazione criminale mafiosa. Pur non ancora in presenza di un quadro criminale compiutamente chiarificato resta però evidente l’estrema gravità di quanto finora emerso. Il presidente della Repubblica vittima dell’assassinio del fratello Piersanti, presidente in carica della regione Sicilia, con il suo tono sempre misurato ha affermato senza mezzi termini:” è doveroso e giusto commemorare Borsellino e tutte le vittime innocenti della violenza mafiosa senza ritenere che fare memoria di fatti così tragici, possa soddisfare la nostra ansia di verità e di giustizia. E’indispensabile che la giustizia compia il suo corso e che la verità venga finalmente raggiunta”. Mentre dunque le massime istituzioni dello Stato ricordavano il sacrificio di Borsellino, la sua totale dedizione all’impegno contro la mafia, la sua scelta determinata ed umile di essere fedele alla sua missione fino alla fine, considerazioni espresse anche pubblicamente specie dopo la strage di Capaci e l’assassinio del giudice Falcone in un momento quindi di memoria tragica e sconvolgente, a Roma la politica nazionale era alle prese con spregiudicati giochi di potere per l’assegnazione dei posti in settori importantissimi per l’economia e lo sviluppo dell’Italia.Emergevano se non ricatti e veti reciproci , la chiara impressione di ricercare equilibri di potere che accontentassero i diversi appetiti attraverso una spartizione che potesse in qualche modo accontentare. Protagonisti dello scontro il battagliero Salvini con il suo fido segretario alla presidenza, il leghista Giorgetti, che mentre infuriava la tempesta, dichiarava pacifico e sereno che “si trattava di semplici diversità di valutazione, comprensibili per materie così delicate e importanti”. Saltava intanto il vertice convocato dal professor Conte con i capi della Lega e dei Pentastellati e del ministro Tria costretto a far buon viso a cattivo gioco, stressato e pressato dai due vicepresidenti che creavano imbarazzo anche nel presidente del Consiglio, timoroso di ritrovarsi sempre più nella classica posizione di “vaso di coccio” in mezzo ai due guerrieri di Lega e Cinquestelle. Di Maio, del resto, aveva affrontato un duro scontro con il presidente dell’Inps in commissione. Opportunamente, Boeri ha ripetuto con chiarezza i dati del calo dei posti di lavoro come conseguenza del decreto definito in modo amabile e accattivante da Di Maio “di dignità” e che era stato criticato con analogo timore da Confindustria, piccole e medie aziende , insomma dai principali settori produttivi del paese e con parziali riserve, ma non secondarie, da parte delle forze sociali. Oltre alle accuse di scorrettezza già pronunciate da Di Maio, criticando aspramente manovre e complotti , con l’intervento di una “manina”che avrebbe falsificato i dati ritenuti non scientificamente affidabili, scoppiava in aggiunta una querelle tra Lega e Pentastellati sulla necessità di dimissioni da parte di Boeri. Salvini era per le dimissioni, Di Maio per rispettare la scadenza del mandato. Il leader leghista, sempre pronto con straordinario tempismo a partire lancia in resta come se dovesse sempre partecipare ad un rodeo , riteneva inaccettabile uno dei punti criticati. Per Salvini materia sempre bollente, secondo il quale il presidente dell’Inps sosteneva che gli immigrati sono una risorsa anche per il pagamento delle pensioni presenti e future. Insomma, manzonianamente, questa impostazione di Boeri non sa da fare perché sconfesserebbe la politica del governo e metterebbe in luce il carattere strumentale ed incolto di molte “sparate salviniane” . In questo clima che potremmo definire turbolento ed incerto , il presidente Conte veniva convocato al Quirinale mentre su almeno uno dei nomi che circolavano per la Crediop è stato raggiunto il faticoso accordo. A spese del ministro Tria preoccupato della precarietà della situazione e delle valutazioni più severe che ne sarebbero seguite, anche in sede europea ed internazionale. Questo, dunque, il quadro preoccupante di fibrillazioni e contrasti nella maggioranza, che sfociano in timori e preoccupazioni crescenti nell’opinione pubblica anche sotto gli ombrelloni o durante le passeggiate alpine.
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