La Comunità ebraica di Roma ringrazia il Presidente Mattarella

“Citando il nome del piccolo ‘italiano’ ucciso nell’attentato terroristico del 1982 davanti alla Sinagoga, il capo dello Stato ha abbracciato tutti noi” sottolinea Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica.

Immagine: Il bambino Stefano Gay Taché ucciso dall’attentato del 1982 davanti alla Sinagoga di Roma.

Nel messaggio rivolto alla Nazione il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha richiamato il vile attentato terroristico del 1982 davanti alla Sinagoga di Roma che causò la morte del bambino ‘italiano’ Stefano Gay Taché. La citazione ha commosso particolarmente il presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, che ha detto di condividere ogni passaggio del discorso di insediamento del Capo dello Stato affermando: “La maggiore attenzione che l’Italia deve alle comunità straniere, la valorizzazione delle diversità, il ricordo di chi 70 anni fa ha lottato contro il nazi-fascismo, la lotta alla mafia come priorità assoluta, la minaccia del terrorismo internazionale, i singoli valori che fanno della nostra Carta Costituzionale, il fondamentale strumento di democrazia. Nel suo profondo pensiero, guardando dall’alto del suo ruolo il nostro Paese, il Presidente Mattarella ha voluto citare anche la tragedia che ha colpito la nostra Comunità, segnata dal terrorismo palestinese già il 9 ottobre del 1982 davanti al Tempio Maggiore di Roma. Il capo dello Stato ha nominato il piccolo Stefano Gay Taché, ‘un nostro bambino, un bambino italiano’, assassinato barbaramente in quel vile attentato – spiega Pacifici – e così facendo ci ha abbracciati condividendo con tutti noi un dolore che non potremo mai estirpare. Io sono figlio di quell’attentato. Mio padre è stato ferito in quell’attacco come molti altri ebrei romani scampati miracolosamente alla morte. Il gesto del Presidente della Repubblica riempie il cuore di speranza degli ebrei romani e italiani. La famiglia di Stefano, i genitori e il fratello, vogliono a loro volta abbracciare il Presidente e immaginare che una volta per tutte il nome di Stefano venga inserito nell’elenco delle vittime del terrorismo in Italia. Per questo tale abbraccio non vuole rimanere solo una metafora. I genitori e il fratello di Stefano vorrebbero abbracciare di persona il Capo dello Stato nelle modalità che riterrà opportune, compresa la possibilità di trovarsi insieme davanti alla lapide fuori della grande sinagoga a Roma, in largo Stefano Gay Taché”.

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