Abu Mazen: Gerusalemme non cederà alle minacce di Trump

Trump avverte di tagliare i fondi ai palestinesi sul loro rifiuto di riprendere i negoziati di pace con Israele

Immagine: il leader politico palestinese Abu Mazen

”I palestinesi non cederanno al ricatto di Donald Trump” ha detto ieri la parlamentare e dirigente dell’Olp Hanan Dawud Khalil Ashrawi, replicando alla minaccia del presidente Usa di tagliare i fondi all’autorità palestinese se non riprenderà i colloqui di pace con Israele. La decisione di nominare Gerusalemme capitale dello Stato di Israele ha distrutto le fondamenta della pace” ha sostenuto ancora l’esponente politico per la scelta unilaterale dell’amministrazione Trump di ufficializzare un riconoscimento che il Congresso statunitense aveva votato nel 1995 ma che da allora era rimasto lettera morta. La decisione del presidente Trump non è vincolante per nessun altro Paese e non è assolutamente condivisa dalla comunità internazionale . ”E’ servita a minare le basi del nostro impegno per la pace, la libertà e la giustizia” ha aggiunto Hanan Ashrawi, appartenente alla minoranza cristiana anglicana, subito dopo l’intervento del raiss Abu Mazen che con forza ha sottolineato “Gerusalemme è la capitale eterna dello stato della Palestina e non è in vendita per oro o miliardi”. 

 Sulle stesse posizioni anche il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres che considera la decisione di Washington compromissoria dei negoziati di pace in corso tra israeliani e palestinesi.
Una netta provocazione che ha scatenato la rabbia del mondo arabo e forti reazioni internazionali. Ha infiammato le piazze di Gaza e Cisgiordania stracolme di palestinesi in protesta esplosa nei falò delle bandiere americane e israeliane, delle immagini di Trump e Netanyahu e proseguita con scontri contro la polizia israeliana fino al lancio di razzi da Gaza per mano probabilmente del gruppo jihadista salafita Al-Tawheed cui Israele ha risposto con colpi di tank verso postazioni di Hamas nella parte centrale della Striscia. Una escalation di violenza culminata nel sangue. 

Mentre tra i musulmani dilagano le proteste anti-americane e contro Israele, il  premier israeliano Benjamin Netanyahu il 7 dicembre a Bruxelles si è detto soddisfatto per la mossa di Donald Trump che così  “è entrato per sempre nella storia di Gerusalemme”. Dopo le dichiarazioni dei presidenti delle Filippine Rodrigo Duterte e Miloš Zeman della Repubblica Ceca che hanno espresso la volontà di riconoscere Gerusalemme ovest, capitale del Paese, Netanyahu si è detto sicuro che altri Paesi seguiranno l’esempio degli Stati Uniti “Sono in contatto con molti Stati che hanno intenzione di spostare le loro sedi diplomatiche a Gerusalemme. Anche prima degli Stati Uniti”. 
La Lega araba disconosce Gerusalemme est capitale e pretende un dietro-front di Trump che intanto appare sempre più isolato. Prendono le distanze anche i rappresentanti delle confessioni religiose nel mondo. Il capo della chiesa ortodossa papa Tawadros II e lo sceicco Ahmed al-Tayyib Inam della moschea al-Azhar hanno fatto sapere che non incontreranno il vicepresidente Usa Mike Pence nel suo viaggio in Medio Oriente. ”Due popoli e due Stati è la soluzione pacifica della spinosa questione” a riaffermarlo Papa Francesco che pur sottolinea: ”Gerusalemme città sacra per i cristiani, gli ebrei e i musulmani di tutto il mondo”.  

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