Macerata sotto shock per il feroce omicidio di Pamela Mastropietro e la tentata strage compiuta da Traini. Malgrado l’invocazione di silenzio sui duplici atti di violenza, il 10 febbraio la città subisce in parte un movimento spontaneo che si riunisce davanti alla villa comunale Diaz, portando le rivendicazioni sindacali di attivisti, collettivi femministi e antifascisti, Libera ed Emergency, movimenti e partiti come Liberi e Uguali, Radicali Italiani, organismi impegnati nell’accoglienza, mossi dalla motivazione di mostrare solidarietà per dare un abbraccio a Wilson Kofi, Omar Fadera, Jennifer Odion, Gideon Azeke, Mahamadou Toure, Festus Omagbon, feriti da proiettili sparati dal ventottenne estremista di destra Luca Traini. Sarebbe potuta essere una strage quella del 3 febbraio scorso quando Traini ha iniziato a sparare all’impazzata contro immigrati di colore incontrati per strada.
L’analisi del criminale gesto di Traini non trova tutti d’accordo ed ha delle versioni controverse soprattutto nel giudizio dell’azione frutto di follia. Un atto che invece per altri avrebbe in sé elementi di razionalità e giustificherebbe la sparatoria come vendetta del femmninicidio di Pamela Mastropietro del 30 gennaio. Omicidio per il quale sono indagati tre nigeriani accusati di aver ferocemente ucciso la ragazza e di averla fatta a pezzi e di cui oggi un quarto immigrato è stato fermato. Traini subito dopo la cattura ha dichiarato di aver sparato contro la gente di colore incontrata nelle strade maceratasi per vendicare l’atroce morte di Pamela. ‘Non una cosa di meno’ presente alla manifestazione di sabato alza la voce contro questa versione e le femministe del movimento urlano di non usare la feroce morte della Mastropietro per giustificare la violenza di Luca Traini.
“Ancora una volta il corpo di una ragazza è usato per giustificare la violenza razziale, contro altri corpi che sono considerati inferiori perché neri”. Per Stefania Dimento femminista maceratese, violenza razzista, sessismo e fascismo hanno un comune denominatore.
La manifestazione antirazzista e antifascista di Macerata convocata già la sera del 3 febbraio dal centro sociale Sisma di Macerata e da molti gruppi e movimenti attivi sul territorio, è stata vissuta con una certa ostilità da buona parte della popolazione che insieme al sindaco Romano Carancini, preferiva la’’sospensione della manifestazione nazionale del 10 febbraio a Macerata per dimostrare sensibilità verso una comunità che intende rialzarsi e tornare a essere se stessa dopo le ferite subite’’.
Uscire dal clamore delle cronache nazionali in cui sono finiti nelle ultime due settimane era ed è il desiderio dei cittadini di Macerata, traumaticamente scossa dal disumano omicidio della giovane Pamela Mastropietro e dalla sparatoria contro gli immigrati.
Sono’’ Giorni difficili e fragili – diceva Carancini, quando il 7 febbraio esortava all’inerzia gli organizzatori della manifestazione – credo che ci sia un tempo per il silenzio e un tempo per manifestare, tutti insieme, a favore della vita, per la nostra Costituzione, per i diritti alla legalità. Questo è il tempo della riflessione e dell’impegno a riprendersi e ritrovarsi, tra noi, verso quello che siamo.”
Ma il corteo com’era nelle cose intorno all’una del pomeriggio del 10 febbraio inizia a materializzarsi. Attivisti e cittadini da tutta Italia cominciano ad arrivare, in poco tempo le forze dell’ordine chiudono il centro storico e i manifestanti si accalcano davanti ai giardini Diaz di Macerata. In poche ore la città è blindata e il carnevale rimandato al fine settimana successivo. Non scendere in piazza accettando la proposta del sindaco di Macerata Romano Carancini di annullare tutte la manifestazioni, sarebbe stato un errore.