L’Italia che non investe abbastanza in cultura: nel futuro alleanza con privati e tecnologie

Dagli Stati Generali della Cultura del Sole24 ore alla due giorni di Napoli

Sono sempre molto orgoglioso di essere italiano, porto l’italianità, che è un valore importante per un artista, in giro per il mondo. Di questo mi sono sempre inorgoglito perché l’Italia è il Paese dell’arte e della cultura radicata e profonda. Quello di cui a volte invece sento la mancanza è che il Paese non investe abbastanza sull’arte e sulla cultura che è il nostro punto di forza nel mondo. Siamo conosciuti per essere questo e spesso noi stessi non ce ne rendiamo conto e non investiamo mentre invece è anche un investimento redditizio”. Un messaggio severo e puntuale quello lanciato dal ballerino Roberto Bolle, intervenuto agli Stati generali della Cultura del Sole 24 ore a metà luglio alla presenza, tra gli altri, del ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini. Le sue dichiarazioni sono state riprese da numerose agenzie di stampa e testate. Un durissimo je t’accuse con cui l’artista ha voluto denunciare, a partire dal mondo della danza, “l’esistenza di sole quattro compagnie, con organico ridotto, Napoli e Palermo, e due più grandi come Milano e Roma. Ma sono pochissime rispetto agli enti lirici che ci sono e al bisogno di cultura”. Ma non è solo la danza ad essere investita nel post pandemia da una durissima crisi e da esigenze di cambiamento: nuove figure professionali, investimenti, una nuova competenza digitale; internazionalizzazione, transmedialità sembrano essere le direttrici da seguire per nuove prospettive economiche per un’eccellenza che rischia altrimenti di finire in agonia economica. La sindaca di Roma, Virginia Raggi, a proposito della questione cultura nella Capitale ha ribadito la necessità di “unificare le soprintendenze, perché la frammentazione tra Stato, Roma Capitale e Parco del Colosseo- ha detto- è estremamente dispersiva. Creiamo un unico soggetto copartecipato: serve semplificare e accelerare gli interventi che spesso in alcuni siti dovrebbero essere immediati”.

Napoli invece è stata Capitale della Cultura del Mezzogiorno per due giorni, il 22 e 23 luglio. Il focus è andato alle ‘Buone pratiche della cultura come sviluppo attraverso le zone omogenee della città metropolitana’ e sono stati presentati i diversi tesori recuperati: Fescina di Quarto o il sito archeologico di Liternum, il Parco Sommerso della Gaiola e le scale di Napoli, il Cammino dei Teatri antichi, il Sentiero degli Dei sui monti Lattari, il parco archeologico-fluviale di Longola a Poggiomarino, il sistema delle residenze borboniche. Un percorso che è culminato con la scelta di Procida come Capitale della Cultura 2022.

Innovazione e tradizione sembrano dover necessariamente camminare insieme, almeno in Italia. Non a caso sono stati ben 843 gli eventi delle Pro Loco che hanno animato l’intera Penisola domenica 11 luglio per la quarta edizione della manifestazione che ha rappresentato un inno ai patrimoni e ai tesori custoditi da ogni singola comunità. Territori, luoghi fisici ma integrazione con la tecnologia sembrano essere le linee guida del futuro tra teatri e musei e perché no anche in archeologia, tra studio e turismo soprattutto.

Dal meeting del Sole 24 ore sembra uscire come chiave di sostegno economico per il settore un’ alleanza imprescindibile tra pubblico e privato per un bene che è stato spesso considerato non essenziale. “Non sarà il pane- come ha detto il ballerino simbolo italiano- ma è il petrolio del nostro Paese”.

Foto: da Press Kit

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