La Via Crucis al Colosseo nel segno della Misericordia

Le meditazioni di quest’anno sui migranti, i cristiani perseguitati e gli ebrei uccisi nei campi di sterminio

Immagine: Una delle scorse edizioni della Via Crucis al Colosseo

 

La sera di Venerdì Santo al Colosseo, alle 21,15, Papa Francesco presiederà il tradizionale rito della Via Crucis. Le meditazioni di quest’anno – scritte dal Cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia – si celebrano sotto il titolo “Dio è misericordia”. Nei testi pubblicati dalla Libreria Editrice Vaticana,l’arcivescovo di Perugia evidenzia che “di fronte alle paure dell’uomo, al dolore, alle persecuzioni e alla violenza, la misericordia è il canale della grazia che da Dio giunge a tutti”. Nelle 14 stazioni si richiamano anche parole di don Mazzolari, padre Turoldo e San Giovanni Paolo II e riflessioni sui migranti, sui cristiani perseguitati, gli ebrei uccisi nei campi di sterminio, le famiglie lacerate e le ostentazioni dei potenti di oggi.

 

Nel cammino giubilare che la Chiesa compie quest’anno, la Via Crucis meditata dal cardinale Bassetti sottolinea che il corpo flagellato e umiliato di Gesù “indica la strada della giustizia”, “la giustizia di Dio che trasforma la sofferenza più atroce nella luce della risurrezione”. Ma, come Pilato, c’è chi ha paura di perdere le proprie sicurezze e non sceglie la Verità di Dio o chi teme il diverso, lo straniero, il migrante e non vi scorge il volto Cristo.

 

Lungo le stazioni della Via Crucis al Colosseo c’è spazio per significative riflessioni, come quelle sulla prima caduta di Gesù sotto il peso della croce: se “la sofferenza per l’uomo è a volte un assurdo” – è detto nelle meditazioni – lo sforzo è quello di comprendere “quanta libertà e forza interiore” ci sia stata in quell’umano inciampo che è un’inedita rivelazione divina di Cristo. E le domande a Dio sui perché diventano allora preghiera: “per gli ebrei morti nei campi di sterminio, per i cristiani uccisi in odio alla fede, per le vittime di ogni persecuzione”.

 

Gesù muore in croce, ma la sua “è la celebrazione più alta della testimonianza della fede”, come quella di numerosi martiri, anche di questi ultimi secoli, “veri apostoli del mondo contemporaneo”, tra cui Massimiliano Kolbe ed Edith Stein. E al termine del percorso terreno di Cristo proprio nei testimoni emerge “la forza della fede”. Come quella di Giuseppe d’Arimatea, che si fa “accoglienza, gratuità e amore” nel chiedere il corpo di Cristo e nel seppellirlo con “semplicità” e “sobrietà”; in netto contrasto – afferma il cardinale Bassetti – con l’ostentazione, la banalizzazione e la fastosità dei funerali dei potenti di questo mondo”. Si chiude il sepolcro di Gesù, ma non è la morte ad aver posto fine a tutto, perché nelle tenebre di quella tomba di Gerusalemme, silenziosamente, Dio è “all’opera … per generare nuova grazia nell’uomo” che ama. E’ la “Resurrezione”.

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