Nella Lucania di Carlo Levi, dal seme alla tavola: la sfida di Biologica Vignola

Un viaggio alla scoperta dei luoghi narrati da Carlo Levi, tra cultura e tradizione raccontate da Marina Pagano dell'Università di Salisburgo. La studiosa di Letteratura contemporanea e curatrice dello spazio web Nell’Aldiqua, nella rubrica del fine settimana, esalta valori, territori, persone, sapori autentici e idee di sostenibilità. Nell'intervista, la positiva esperienza di Giuseppe Vignola, giovane imprenditore di Biologica Vignola, azienda agricola che trova nutrimento nelle campagne materane attorno a Grassano, promuovendo prodotti genuini e senso etico del prezzo

La conoscenza con Giuseppe risale agli inizi di febbraio: durante un viaggio organizzato con alcuni studenti del corso di Letteratura Italiana Contemporanea, tenuto lo scorso semestre invernale all’Università di Salisburgo, Austria, siamo andati alla scoperta dei luoghi descritti da Carlo Levi nel suo celebre Cristo si è fermato a Eboli, che ci ha riservato molte sorprese. Non abbiamo soltanto provato l’esperienza di ritornare, più di 80 anni dopo, nella sua amata Lucania, una terra che, come direbbe Rocco Papaleo in una scena di Basilicata coast to coast, «prima gli era stata imposta e poi l’aveva scelta», decidendo – dopo numerose altre tappe nelle terre di Basilicata – di farsi seppellire ad Aliano, decretato paese del confino: abbiamo incontrato persone d’oro, conosciuto tradizioni, gustato sapori autentici.(per chi volesse rivedere alcuni momenti salienti del viaggio, può guardarne il video-report qui)

Tra i piacevoli incontri che hanno abbellito il nostro soggiorno in Lucania, c’è anche Giuseppe. Su suggerimento dell’Ingegnere Alberto Garambone, Presidente dell’Associazione Crassanum e direttore della sezione del Parco Letterario Carlo Levi di Grassano, la visita della prima tappa sulle orme di Carlo Levi si concludeva con una degustazione di prodotti tipici a KM0 presso il Laboratorio polifunzionale sito in un tipico “lammione”, costruzione storica nel centro del paese. L’intensità dei sapori, unita alla genuinità, all’esperienza e alla passione di Giuseppe sono rimasti fervidi nella mente. Così, mi è sembrato giusto inaugurare la serie di interviste, attraverso cui Nell’Aldiqua vuole mettere in luce storie di aziende, idee e persone che onorino valori di una certa caratura, raccontando la positiva esperienza di Biologica Vignola.

Un pomeriggio di primavera da poco annunciata, nella luce degradante del pomeriggio, fa da cornice alla lunga chiacchierata telefonica con Giuseppe. Sia a Vienna che a Grassano il cielo è sereno: il sole continua a trapassare le finestre. La voce di chi sta dall’altro lato della cornetta è equilibrata e profonda. Se dovessi esprimere con una sola parola l’impressione che ho di Giuseppe, sceglierei: consapevolezza. Per tutta la durata della telefonata, i cui passaggi principali potrete leggere fra poco, le frasi che giungevano in risposta alle mie domande dall’altro capo del telefono mi sono apparse intrise di una grande consapevolezza. Giuseppe ha scelto la via, come ricordano Carlo LeviRocco Scotellaro Carmine Donnola nelle pagine intramontabili dei loro scritti, dura e aspra dell’agricoltura: ma la sua è stata una decisione ponderata, sorretta dalla passione ma motivata, giorno per giorno, dalla costante cura che garantisce un prodotto sano, genuino, autentico. La parola a Giuseppe.

Dove, come e quando nasce l’idea di Biologica Vignola?

 I genuini e gustosi prodotti di Biologica Vignola. Provare per credere! I miei preferiti: pasta di grano duro Senatore Cappelli, Olio EVO, Crema di peperoni biologica (la difficoltà nella digestione sarà solo un lontano ricordo!). Foto dalla pagina Facebook di Biologica Vignola.

Prima i miei nonni e poi i miei genitori hanno investito la loro vita nell’agricoltura. Mio padre ha convertito le colture al biologico già nel lontano 1995, vendendo i prodotti sul mercato tal quale a quelli provenienti da colture non specializzate. La sua era una scelta di natura, non di vantaggio, in un tempo distante da quello odierno, più conscio e disposto ad operare una svolta rispetto all’uso di pesticidi, concimi o modificazioni genetiche. L’idea che, fra il 2008 e il 2010, mi ha spinto ad avvicinarmi al pensiero di metter su una vera e propria azienda agricola, che prevedesse anche la trasformazione di prodotti alimentari, tramite l’acquisto di attrezzatura innovativa, è stata quella di inserirmi nella filiera corta, con la coltivazione di uliveti, cereali, legumi e ortaggi da immettere sul mercato del KM0. In secondo luogo, credo che un alimento Bio possa avvicinare le persone alla terra, per esempio attraverso il turismo: gustare un piatto con prodotti della zona, portati in tavola seguendo un certo rituale di genuinità e rispetto del territorio, contribuisce a vivere un’esperienza diversa del luogo, più diretta. Inoltre, da quando l’azienda ha preso le mosse nel muoversi in questa direzione, è stato possibile estendere il contributo anche al livello sociale. È stato per me molto importante prendere parte a progetti come “Funky Tomato” e “NoCap”, il cui obiettivo è quello di contrastare il malversare nelle terre del caporalato; nel caso di “Funky Tomato”, il progetto si proponeva di assumere quella manodopera da sempre sfruttata, garantendole un contratto dignitoso, nella produzione di una passata di pomodoro Bio. Ecco, questa è solo una delle tante possibilità che un’agricoltura biologica rispettosa della natura e dell’uomo può offrire.

Potremmo dire quasi che tu sia un figlio d’arte. A che età hai pensato che questo potesse divenire il tuo mestiere? Quale tipologia di formazione hai scelto?

Ho pensato di potermi dedicare seriamente al progetto dell’azienda agricola verso i 24/25 anni. Da ragazzo, avevo scelto tutt’altra area di studi. Mi sono diplomato all’Istituto Tecnico-Industriale, proseguendo poi gli studi universitari in Ingegneria Ambiente e Territorio. Forse è stata proprio la scelta accademica che mi ha portato ad acuire la sensibilità verso il territorio. Piano piano, quindi, ho iniziato a sviluppare il pensiero dell’azienda, partendo da piccoli passi, apprezzando e scegliendo le colture degli uliveti, dei cereali, dei legumi, degli ortaggi primaverili ed estivi, impegnandomi anche a trasformarli in diverse tipologie di prodotti (pasta, farina, conserve, olio, etc.) da fornire sia al cliente singolo che al settore della ristorazione.

Giungiamo adesso ad una domanda centrale: cosa significa, per te e per la tua azienda, la parola Sostenibilità?

Leggo questa parola in ambito ambientale. Per me sostenibilità significa lottare contro gli sprechi, sviluppare una sensibilità diversa, che tenga conto anche di un senso etico del prezzo. Valuto con grande serietà il discorso del rispetto dei costi, ma per me è fondamentale che un prodotto biologico debba essere alla portata di tutti, soprattutto se si vuole davvero apportare un cambiamento nelle abitudini alimentari. È possibile agire positivamente sul cliente, invitandolo a modificare le sue strategie di consumo. È questo ciò che mi preme di comunicare: per chi volesse, sul sito dell’azienda sono disponibili tutte le informazioni in merito!

Cosa consiglieresti ad una/un giovane che volesse intraprendere la via dell’agricoltura come scelta lavorativa e di vita?

Di partire con i piedi per terra. Bisogna calibrare un’idea, e allo stesso tempo tenerla viva, ponderarla. Bisogna dedicare del tempo e del lavoro, anche studiando. L’agricoltura è qualcosa che ti porta a scegliere anche uno stile di vita migliore. Lavorare la terra ti sporca le mani, ma nel modo più naturale e puro possibile. A chi ha acquisito già delle conoscenze in qualche altro campo, consiglio di non dimenticarle, ma di reimmetterle in gioco nella concezione della nuova idea imprenditoriale che ci si pone. Per quanto riguarda invece l’acquisizione di conoscenze specifiche, come ad esempio la botanica e le fisiopatologie delle piante, è sempre bene far riferimento a dei network, come quelli degli enti regionali per l’agricoltura o della Rete Rurale Giovani, che offrono corsi, incontri, workshop su questi argomenti e a volte consentono anche la partecipazione agli orti sociali. Poi, certamente: la pratica! Un’esperienza come il Wwoof o un tirocinio presso qualche azienda può essere decisamente formativa, oltre che dal punto di vista professionale, soprattutto umano!

In questo periodo di emergenza a causa del Covid-19, com’è cambiato il ritmo lavorativo dell’azienda?

Dal punto di vista del lavoro nei campi, non si è verificato alcun cambiamento. La terra non aspetta, ha il suo tempo, che va rispettato. Da questo punto di vista, siamo fortunati a poter ancora lavorare, ma una buona fetta del nostro fatturato, derivante dalle forniture per il settore della ristorazione, sta venendo a mancare. In compenso, è per noi una gioia vedere quanto pian piano stia crescendo il numero di clienti finali, che acquistano i prodotti sul nostro e-shop. I prodotti più richiesti sono farinapasta e legumi. Per i clienti nelle vicinanze della nostra azienda facciamo anche consegne a domicilio. Per il resto, ciò che preoccupa di più è il settore del turismo, giustamente in calata discendente. Ma siamo fiduciosi che, nei tempi giusti, la situazione si distenderà, e potremmo nuovamente accarezzare i palati dei nostri visitatori.

In controtendenza con l’emigrazione dei giovani verso altri Paesi, tu hai deciso di rimanere in paese, a Grassano, e di avviare lì la tua attività: cosa si prova a vivere in un piccolo centro della Basilicata?

Qui apriamo un bel discorso. Rispetto alla grande città, preferisco il ritmo del paese, il viverlo in maniera quotidiana. Abitare in un piccolo centro significa potersi concedere anche dei momenti di riposo rispetto alla vita frenetica dei grossi agglomerati urbani: il poter godere, prima, dopo e durante il lavoro, di un paesaggio limpido, il poter respirare aria pulita è per me di valore inestimabile. So che magari per alcuni giovani, che hanno giustamente anche altre aspirazioni professionali e personali, la vita e le opportunità di un paese non bastano. Ma, per quanto mi riguarda, incontrare gli amici al Belvedere, sul quale il Laboratorio si affaccia, per la strada o in un bel locale, magari davanti ad una pietanza gustosa e genuina, è un piacere puro.

Concludiamo questa bella chiacchierata con un’ultima domanda: hai ancora un sogno da realizzare?

Mi sento fortunato, perché il mio sogno si realizza ogni giorno, ed è mio compito onorarlo quotidianamente con assiduità ed impegno. Per il resto, sì: una cosa che ancora non ho fatto, ma che piacerebbe realizzare, sarebbe crearmi una famiglia. Un desiderio molto naturale.

Queste sono le idee di Giuseppe, un giovane imprenditore che mira alla sostenibilità ambientale ed etica come monito costante della propria attività. “Dal seme alla tavola”, recita il suo motto preferito. Al momento di salutarci, mi rendo conto che la conversazione ha accompagnato il calare del sole. La serata è bella, a Vienna come a Grassano.

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