Pedagogia del conflitto coniugale. Percorsi di genitori e figli fra crisi e risorse. Il volume di Maria Teresa Moscato

recensione di Giuseppe Adernò

 

La lettura dell’esortazione apostolica “Amoris laetitia”, dono di Papa Francesco alla Chiesa (2016), ha indotto la psicopedagogista Maria Teresa Moscato, già ordinario di pedagogia generale all’Università di Bologna, a scrivere un prezioso volume: “Pedagogia del conflitto coniugale. Percorsi di genitori e figli tra crisi e risorse” (Marcianum Press – 2020)

Nei quattro capitoli vengono approfondite in maniera originale le tematiche educative alla luce della pedagogia dell’Amoris laetitia”, che pone al centro la responsabilità non delegabile dei genitori, che afferisce all’educazione morale, intesa non come elencazione di norme etiche, ma di “orientamento dell’Io del figlio (intelligenza ed affettività) nei confronti della realtà interna ed esterna all’io e nei confronti dell’esperienza del vivere”.

L’Autrice analizza il processo educativo che, come avvenimento di lunga durata è dinamico, complesso e interattivo, risponde ai bisogni e costruisce legami e relazioni tra genitori e figli, stimolando il senso d’identità e di appartenenza che, quando vien meno genera il “conflitto coniugale”, con le dannose conseguenze sulla crescita armonica dei figli. L’indebolimento dei ruoli di “adulti significativi”, con la specificità delle funzioni paterne e materne, provoca dinamiche spesso imprevedibili e incontrollabili.

La sindrome di Geppetto, il viaggio di Pinocchio, il gioco del tiro alla fune, i porcospini di Schopenhauer, la saggezza di Salomone, la zizzania e “la preoccupazione e protezione del grano”, la “danza dell’amore” sono tutte metafore, parabole ed esemplificazioni che l’Autrice utilizza per spiegare il rapporto genitoriale, il “viaggio iniziatico” nello sviluppo educativo che “fa nel bambino le veci dell’adulto che questi sarà” come affermava il pedagogista salesiano don Gino Corallo.

La guida educativa afferisce anche alla sfera della sessualità, oggi “impoverita e banalizzata” da una pornografia emozionale senza controllo.

La crisi della famiglia e la frequenza dei conflitti coniugali trovano corrispondenza nelle relazioni adolescenziali precoci che si dilatano nel tempo della giovinezza, con forme di convivenza, senza mai diventare effettivamente relazioni “amorose” di natura coniugale.

Citando il maestro, Don Gino Corallo, l’Autrice focalizza il primato dell’educativo che rende “l’educazione madre della famiglia” e non “la famiglia madre dell’educazione”.

“Fine primario del matrimonio non è la rigenerazione della vita nel senso fisico, che potrebbe essere garantito da relazioni sessuali non stabili, ma la protezione e la cura della vita” nel processo di umanizzazione che tende alla pienezza della forma umana e alla “maturità” così da rendere la persona, “personalità”.

Il matrimonio, segno e icona dell’amore divino, comporta un processo dinamico che tende a restituire alla famiglia la primazia dell’educazione.  È questa la sfida che “Amoris laetitia”, lancia alla società individualista e relativista di oggi che “non riconosce la natura superindividuale dell’unità familiare” e traccia il programma di un ambizioso percorso di crescita che vede nella cura delle famiglie l’attualità dell’annuncio evangelico, una forma di “protezione del grano” che dà alimento e vita.

Non si tratta di un “buonismo superficiale” o di una “indulgenza”, scrive Moscato, ma presenta un’apertura alla realtà, un riconoscimento realistico della positività oggettiva di ogni “coltura di grano” e come tale va “protetto”, difeso, curato ed educato al bene.

L’attenzione pastorale nei confronti delle “famiglie ferite” ritorna frequente nelle pagine del volume che analizza i comportamenti dei genitori e dei figli nel conflitto coniugale, rispondendo agli interrogativi sul come prevenire o accompagnare un conflitto, come affrontare il “dopo” in una prospettiva di positività.

Anche se “le famiglie infelici si somigliano tutte”, ogni conflitto è “unico” e non possono esserci ricette educative generalizzabili per cui, nonostante il suo carico di rancori e delusioni, il conflitto stesso deve poter aprire una nuova fase positiva di esistenza, per genitori e figli.

La famiglia è un’impresa comune e non è un destino. Questa consapevolezza sollecita un atto educativo che genera comportamenti di rispetto reciproco e di cooperazione attiva e responsabile. In essa ciascuno dei componenti diventa “azionista” e contribuisce al bene comune, che sarà efficace se convergente nell’orizzonte culturale della famiglia.

Il figlio diviso in due”, come recita la saggia sentenza salomonica, è l’icona simbolo del conflitto coniugale, nel quale il figlio viene utilizzato come arma di difesa per i propri egoismi, e tutto ciò provoca irreparabili danni alla crescita culturale, psichica, affettiva e sociale dei figli.

Nell’ultimo capitolo l’Autrice, pedagogicamente, elenca le strategie per “riconquistare un futuro oltre il conflitto” e disegna nella “riconciliazione” un nuovo orizzonte, quale compito esistenziale per genitori e figli, perché, anche se non comporta il ricongiungimento e la ripresa della vita coniugale, essa aiuta a superare le dinamiche negative del conflitto. Nel volume la dinamica di tale processo è descritta nelle diverse fasi del “tessuto psichico stratificato” e con intelligenza si apre alla comprensione dei limiti e dei bisogni dell’altro, al ridimensionamento delle questioni, e tutto ciò produce una “riprogettazione ideale della propria vita”, quasi un riprendere il timone verso una nuova direzione.

La lezione dell’Amoris laetitia, che aiuta ad “accompagnare, discernere e integrare la fragilità” suggerisce l’ambizioso obiettivo di “trasformare il conflitto coniugale in un’occasione di rinnovamento sostanziale della vita

E’ necessaria una “conversione”, che va oltre il semplice “medicare le ferite”, aiuta a vincere il senso di colpa, trasforma il rancore in perdono, e segna l’inizio di nuove fecondità dell’animo.

Anche alla luce delle preziose esperienze professionali, l’Autrice analizza i problemi connessi all’affido condiviso pensato come un bene per il figlio, ma spesso con effetti pedagogicamente negativi per le continue interferenze, per la perdita di spazio abitativo di riferimento, per la presenza di “genitori terzi”, che non potranno mai essere un “nuovo papà” o una “nuova mamma”.

La fenomenologia dell’insuccesso, che può investire anche il rendimento scolastico dei ragazzi che vivono il dramma del conflitto della separazione, sollecita una richiesta di attenzione e di aiuto che adulti ed educatori attenti e sensibili dovrebbero saper cogliere.

Principio strategico trasversale e generale in tutti i contesti comunitari è l’ascolto autentico, attivo ed empatico, come suggerisce Carl Rogers, per accogliere e riconoscere i sentimenti, favorendo l’accoglienza, dando la possibilità di riverbalizzare il dramma subito, senza minimizzare o senza banalizzare gli eventi, né prendere le parti di uno o dell’altro.

Citando la metafora di E. Fromm, che vede il figlio capace di diventare “padre e madre di se stesso”, il volume detta alcune regole pedagogiche per indirizzare l’intervento educativo verso l’autonomia, la capacità di oltrepassare la spirale dei risentimenti e dei rimpianti, aiutando i ragazzi a “guardare lontano, in alto e sempre avanti”.

La metaforica immagine della fiaccola della vita che passa come staffetta da una generazione all’altra, già utilizzata da Platone, da Lucrezio, Catullo e tanto cara a Don Corallo, costituisce un monito per l’adulto educatore, che con la parola ed ancor più con la presenza vigile e attenta, si rende “tedoforo” di amorevolezza e balsamo di conforto per sanare le cicatrici, provocate dal conflitto coniugale, che assommano immaturità, incomprensioni, tradimenti, sfiducia, mancanza di reciproco rispetto.

L’“Amoris laetitia”, lezione di amabilità senza violenza, guida alla scoperta dell’amore gioioso, che si nutre di libertà, di rispetto, di fiducia e di speranza, scritta per “medicare e cicatrizzare le ferite”, allarga gli orizzonti dell’accoglienza, della misericordia e del perdono e sollecita genitori, educatori, docenti, catechisti ad avviare un nuovo cammino di ascolto e di attenzione, “proteggendo il grano” della famiglia, centro di vita, e migliorando la crescita della comunità senza prevenzioni e barriere.

 

 

Giuseppe Adernò

 

 

 

 

 

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