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Bosnia: Viviamo come degli animali, ogni animale vive meglio di noi

In un periodo in cui il covid19 e tutto ciò derivante, ha fatto scoprire la paura dell’altro, l’incertezza del presente, ma anche la certezza che nessuno da solo si salva… in un momento in cui il Papa grida dal suo balcone “curiamo l’altro”, si assiste ad una quasi indifferente attenzione dell’unione europea a ciò che sta accadendo il Bosnia/Croazia.

Le immagini che giungono dalla Bosnia sono drammatiche: migliaia di persone abbandonate tra i boschi e sotto la neve per l’incapacità dell’intera Unione Europea di affrontare e governare i flussi migratori. Sono la diretta conseguenza delle altrettanto drammatiche immagini che continuano ad arrivare da Lesbos. Sono la fotografia di un’Europa che sembra avere smarrito le coordinate della propria civiltà. 

I racconti delle violenze subite dai migranti che hanno tentato di varcare il confine con la Croazia sono agghiaccianti: le persone vengono picchiate e poi private dei pochi effetti personali, spesso anche delle scarpe e abbandonati in mezzo ai boschi con temperature sotto lo zero. Tutto questo ad opera di forze di polizia europee in un vergognoso scaricabarile sulla pelle di esseri umani disperati a cui dovremmo garantire invece accoglienza e protezione”. “Sono ormai note le cosiddette “riammissioni senza formalità”, lo strumento con cui l’Italia prima ed a catena tutti gli altri paesi europei sulla rotta balcanica respingono i richiedenti asilo in deroga alle convenzioni internazionali ed alle stesse leggi europee in materia di diritto d’asilo. Un perverso “gioco” di polizie in cui da Trieste i migranti che riescono ad arrivare vengono consegnati alla polizia Slovena, poi a quella Croata ed infine respinti in Bosnia, abbandonati in tendopoli fatiscenti tra le montagne e sotto la neve. Sono in prevalenza ragazzi Afghani, Siriani, Iracheni. Provengono da Paesi che i governi europei hanno contribuito a radere al suolo e su cui oggi non siamo capaci di assumerci una responsabilità. Nel giro di una settimana, più di 75 persone hanno denunciato in maniera indipendente dei casi di trattamento inumano, pestaggi selvaggi e, in un’occasione, anche di violenza sessuale.

A luglio, il CMS ha depositato una nuova denuncia contro la polizia croata, mentre nei mesi scorsi si sono ripetuti gli appelli alla Commissione europea affinché faccia luce sul comportamento delle forze dell’ordine in Croazia. Dopo l’intervento della Commissaria del Consiglio d’Europa per i Diritti Umani, Dunja Mijatović  , che a fine ottobre ha chiesto alle autorità di Zagabria di punire gli agenti colpevoli di violenze, si è espressa anche la Commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson, che su Twitter ha assicurato che l’esecutivo europeo prenderà “molto sul serio  ” le accuse rivolte alla polizia croata

Già a metà giugno la Commissione aveva promesso una missione di controllo in Croazia, che ad oggi non ha prodotto risultati. Ora, con il procedere della pandemia che travolge l’Europa, c’è il rischio che la violenza quotidiana al confine croato-bosniaco continui nell’indifferenza generale.

Questi migranti: hanno affrontato viaggi di mesi rischiando la vita e pagando caro per arrivare in Europa. Oggi si ritrovano a un passo dal traguardo bloccati in Bosnia, vicino al confine con la Croazia nel gelo di un inverno che è l’ultima minaccia alla loro esistenza. Sono centinaia nel campo di Lipa nei giorni scorsi devastato da un incendio appiccato dai migranti stessi quando si è diffusa la notizia della sua chiusura, chiusura che nel suo nascere aveva proprio l’intento di evitare di lasciare queste persone in campi fatiscenti ed al freddo, ma che non si è tradotta in alcuna concreta alternativa. Solo una tenda, ora schiacciata dal peso della neve, è rimasta in piedi. Kasim, dal Pachistan, lancia l’appello: “Viviamo come degli animali, ogni animale vive meglio di noi. Chiedo alle Nazioni Unite, all’organizzazione internazionale per le migrazioni e alle Ong di aiutarci per favore. Perché se nessuno ci aiuta moriremo. Per favore aiutateci”. La ricollocazione dei migranti in un rifugio nel centro della città di Bihac ha suscitato le proteste dei residenti. Così centinaia di uomini e donne per lo più siriani, afghani pachistani, sono rimasti senza cibo, acqua né vestiti adeguati a temperature sottozero. Uomini e donne si aggirano nella neve in ciabatte o scarpe da ginnastica, le condizioni igieniche sono pessime. Cercano di costruire tende improvvisate e di bruciare a terra carburante per scaldarsi, impresa ardua.

Di contro: «Difendiamo la nostra città!», il grido di battaglia lanciato su Facebook da un gruppo di «patrioti» fra migliaia di follower e di like, fra politici e media locali che descrivono gli intrusi come criminali, terroristi, portatori di malattie. Da Sarajevo, il governo lascia fare e si volta dall’altra parte, nonostante abbia ricevuto 60 milioni dell’Ue (più altri 25 in arrivo) proprio per tamponare questo disastro migratorio. 

e organizzazioni mondiali per i rifugiati e i migranti, hanno rotto il silenzio con un parole molto dure: «Nevica, siamo sotto zero, non c’è riscaldamento, niente», ha twittato spazientito Nel silenzio dell’Europa irrompe il messaggio su twitter del responsabile Oim per la Bosnia, Peter Van der Auweraert, ormai a fine mandato. «Non è così che dovrebbero vivere le persone. Servono coraggio politico e azione. Adesso».

Sono certo che questo silenzio non sia indifferenza ma solo un momento di riflessione nel trovare una risposa d’insieme ad un problema di risorse comuni.