Migranti e COVID-19: la Grecia trasferisce 249 richiedenti asilo da Lesbo al Pireo

Padre Voutsinos (Caritas Grecia): “non bisogna abbassare la guardia. Un focolaio nei campi sarebbe una catastrofe”

Lesbo (Grecia) – Questa mattina è iniziata l’operazione di alleggerimento dei campi profughi presenti nelle
isole della Grecia. In 249 sono partiti con il primo traghetto dall’isola di Lesbo, direzione Grecia
continentale, passando per il porto del Pireo. Il piano governativo prevede il trasferimento totale di 2380
richiedenti asilo dalle isole greche (cariche di richiedenti asilo – equivalenti degli hotspot italiani dei bei
tempi andati) verso l’entroterra greco, attualmente più libero. Ovviamente la prima isola coinvolta
nell’operazione è proprio Lesbo (Lesvos) al centro della cronaca nera internazionale negli ultimi mesi per il
gran numero di richiedenti asilo arrivati e per le manifestazioni e rimostranze degli isolani e dei gruppi di
estrema destra.
Una fonte che lavora in un’organizzazione governativa sull’isola di Lesbo ha riassunto così i diversi problemi
che la caratterizzano e l’hanno caratterizzata negli ultimi mesi: “Intanto, la criticità raggiunta a Moria (uno
dei centri più imponenti dell’isola, ndr) in termini di presenze: sono state registrate 18.000 domande ed
ufficiosamente censite 24.000 presenze. Ci hanno fatto visitare il campo è sembra veramente di stare in
Yemen. Pertanto, il "saggio" governo greco ha individuato un'area dell'isola in cui costruire un enorme
detention center (si veda il contributo del New York Times a riguardo) dove trasferire la maggior parte dei
richiedenti e questo ha fatto arrabbiare ulteriormente gli isolani. Quindi, per arginare gli scontri il governo
ha mandato migliaia di agenti di squadre speciali e soldati da Atene. E questo ha fatto arrabbiare
brutalmente e oltremodo gli isolani che hanno messo a ferro e fuoco i dintorni della città di Mitilini
(capoluogo dell'isola). In questo trambusto ci sguazzano tutti i sovversivi, dagli anarchici ai componenti di
alba dorata. Fino alla settimana scorsa gli scontri comunque sono stati soltanto tra isolani e polizia
proveniente da Atene. I miei colleghi mi stanno dicendo però che hanno cominciato a prendere di mira tutto
il personale internazionale ed alcune ONG stanno cominciando ad evacuare. Alcuni volontari sono stati
aggrediti ed hanno distrutto diverse auto utilizzate da “Expat”, ma ciò che sconvolge è che le auto sono
state prese a nolo da agenzie dell'isola, quindi il danno lo hanno fatto ai loro concittadini”.
Considerato dunque l’alto numero di richiedenti asilo residenti nei centri probabilmente questa mossa del
Governo non sarà efficace, salvo che non sia solo la punta dell’iceberg e ne seguano altre ancora che
smuovano diverse migliaia di persone. Ad ogni modo bisogna tenere presente che se da un lato l’Italia
attualmente riceve pochi richiedenti asilo, soprattutto a seguito della dichiarazione del Governo relativa
alla non sicurezza del paese come porto di arrivo, la Grecia sta subendo un’ondata che rischia di ricalcare la
famosissima del 2015. Infatti negli ultimi mesi sono passati per le isole greche ben 100.000 richiedenti asilo
(attualmente ospitati 36.000) e sono comunque una minoranza se si considera i non censiti presenti nei
centri detentivi identificati dal NYT e i respingimenti in mare operati dalla guardia costiera greca.
Di pari passo la Grecia sta affrontando egregiamente, dati alla mano, l’emergenza COVID-19. Attualmente il
Governo ha confermato 2.626 casi e 143 decessi per Covid-19. Numeri che si giustificano alla luce delle
dichiarazioni (per l’intervista completa si rimanda all’articolo odierno di Avvenire) di Padre Voutsinos,
Presidente Caritas Grecia: “Le autorità hanno agito con tempestività nell’adottare misure restrittive e
questo ha rallentato la diffusione del virus, soprattutto nelle isole greche dove è permesso andare solo ai
residenti. Queste scelte hanno anche evitato, almeno fino ad oggi, la diffusione dei contagi nei campi degli
sfollati.” Però poi continua con un importante monito: “Ma non bisogna abbassare la guardia. Un focolaio
nei campi sarebbe una catastrofe”. Infatti le condizioni igieniche all’interno dei campi non sono proprio
delle migliori, soprattutto alla luce dell’evidente sovraffollamento dei campi. Per non parlare delle
condizioni sconosciute, come d’altronde l’esistenza fino a poco tempo fa, dei campi di detenzione
improvvisati su Lesbo e con ogni probabilità sulle altre isole. Questa situazione può rivelarsi infatti un’arma
a doppio taglio per il Governo greco: rischiare di far partire un focolaio in uno dei campi e trasferire i

richiedenti asilo presenti nei suddetti campi genererà infatti non soltanto moltissime morti tra i migranti,
ma inevitabilmente anche tra la popolazione greca.

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