Immagine: Jordi Turull
Barcellona – Inatteso colpo di scena a Barcellona per l’elezione del successore di Carles Puigdemont.
L’astensione del partito movimentista Cup nell’elezione del candidato indipendentista Jordi Turull, non era stata prevista. Al Parlamento sono mancati i voti necessari per una maggioranza assoluta nell'elezione al primo turno del nuovo presidente della Catalogna.
Carles Puigdemont l’1 marzo ha indicato il candidato numero due della sua lista JxCat, Jordi Sanchez, detenuto per presunta ribellione a Madrid. La rinuncia alla propria candidatura, la Corte Costituzionale spagnola aveva posto il veto alla sua rielezione dall'esilio di Bruxelles, era stata annunciata dal deposto presidente per video diffuso attraverso reti sociali.
Ma Sanchez, dopo il no del Tribunale supremo, ha ieri formalmente rinunciato a essere candidato alla presidenza della Generalità. Lo ha reso pubblico il presidente del Parlament catalano Roger Torrent, che ha avviato un nuovo giro di consultazioni telefoniche con le forze politiche in base alle quali è stato individuato come nuovo candidato l’ex ministro regionale Jordi Turull, che se pur indagato non si trova agli arresti ed avrebbe potuto assumere l’incarico.
Il governo spagnolo ha però criticato la decisione del presidente del Parlament Torrent di convocare l'elezione di Turull. La "manovra" è stata definita "arbitraria e settaria" dal segretario di Stato Roberto Bermudez de Castro . Madrid ha anche avvertito che il commissariamento della Catalogna finirà solo con la formazione di un nuovo Govern "conforme" alla legge.
Contro la canditatura di Turull si è subito schierato Ciutadanos (Cs). Il primo gruppo dell'opposizione unionista nel Parlamento catalano ha chiesto il rinvio del voto di investitura di Jordi Turull a presidente della Catalogna, per la "manifesta inidoneità del candidato", indagato per presunta 'ribellione' dalla giustizia spagnola.
Per Puigdemont proporre un nome diverso dal suo è stata una mossa per sbloccare l'impasse politica dopo settimane di sterili negoziati tra i partiti separatisti, aveva spiegato il presidente destituito, in auto-esilio in Belgio perché accusato di ribellione e sedizione dalla Spagna per aver fomentato la dichiarazione unilaterale d’indipendenza pronunciata in ottobre dal Parlamento di Barcellona.
La spiegazione poco convincente fornita dalla formazione anticapitalista, sulla decisione di astenersi dalla votazione presa poco prima il dibattito al parlamento, si è basata sul non voler condizionare la propria azione politica alla linea repressiva dello Sato spagnolo. Il movimento ha sottolineato di voler andare avanti con il programma di governo in continuità con il mandato del primo ottobre.
La linea di pensiero di Carles Puigdemont sull’indipendenza della Catalogna, nel frattempo sembra essere cambiata. Nei giorni scorsi una nuova analisi viene lanciata dall’ ex capo della Generalitat che attraverso alcuni canali fa sapere che potrebbe essere intrapresa una strada diversa dalla secessione. Per arrivare ad un accordo – Puidgmont – si dice disponibile a ‘’lavorare su altri modelli’ prendendo ad esempio il modello svizzero per il rispetto della diversità culturale e linguistica. Un percorso che presuppone il riconoscimento dell’esistenza di un problema politico. ‘’Serve il dialogo, una soluzione negoziata per la quale io lavoro – osserva Carles Puigdemont, senza linee rosse’’.
Intanto alla luce dell’astensione di oggi i due gruppi indipendentisti che sostengono Turull, JxCat e Erc, detengono 66 seggi su 135. Due sono liberi perché i titolari Carles Puigdemont e Toni Comin si trovano in esilio in Belgio e fino a questo momento non si sono dimessi. Invece con l’appoggio della Cup, gli indipendentisti avrebbero una maggioranza assoluta di 70 seggi su 135.