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Ucraina, l’opposizione filorussa in Parlamento

[red]Foto: donna ucraina alle urne.[/red]

[red]Elezioni in [b]Ucraina[/b]. Secondo i primi exit-poll ai filo-occidentali oltre il 70% dei voti, il partito del presidente Poroshenko non va oltre il 23%, delude il risultato di Iulia Timoshenko (5%).

La fotografia che risulta dai dati di ben tre diversi exit poll (di cui uno internazionale) è chiara: una forte maggioranza filo occidentale di sei partiti – 70% – un presidente più debole, un premier che sovverte le attese, un solo partito pro Putin e l’assenza, per la prima volta dal 1993, dei comunisti.

I dati mostrano, in tutta la sua evidenza, la sorpresa di Samopovich, nuovo partito del sindaco di Leopoli Andrii Sadovii, proiettato al terzo posto con una forchetta percentuale che oscillerebbe tra il 12,5% e il 14,2%. Il fallimento del partito radicale amplifica la politica poco ferma dell’ultranazionalista Oleg Liashko al 6%, mentre appena al di sopra della soglia di sbarramento, posta al 5%, il partito di Iulia Timoshenko “Patria”, ex icona della rivoluzione arancione. Sicuramente fuori dalla Rada Pravi Sektor (2,4%), il partito ultranazionalista di estrema destra con prerogative naziste, motore militare del Maidan.

Per avere un quadro più certo bisognerà attendere lo spoglio in particolare dei 225 seggi uninominali, più permeabili a pressioni, corruzione e giochi di interesse oligarchici. Gli exit poll si riferiscono infatti solo alle 29 liste del sistema proporzionale con cui si attribuiscono gli altri 225 seggi. In ogni caso sono indicativi dei futuri rapporti di forza.

Un dato è certo: il presidente Poroshenko (alle presidenziali di maggio aveva conquistato il 55%) non è riuscito a confermarsi in parlamento.

Il dialogo con Putin potrebbe risentirne e il processo di pace avviato nelle regioni orientali, dove oggi non si è votato nelle zone presidiate dai ribelli filorussi, entrerebbe in crisi. Ultima nota dedicata all’uscita di scena dei comunisti: per la prima volta fuori dopo venti anni.
Elezioni terremoto quindi, in un Paese ormai sull’orlo del baratro economico.

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