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Derive….Io e me

Vi è mai capitato di trovarvi in strada durante un temporale e, di colpo, la pioggia cessa di cadere?

L’aria è così sottile che il tempo sembra dilatarsi all’infinito. La luce, che prima era nascosta da cirri e nembi, filtra prepotente attraverso scorci di cielo e respirare diviene, quasi, un bisogno secondario.

È l’autunno che mi fa diventare esageratamente “sminchiata” si dice dalle mie parti, cioè melassosa e poetica, roba appiccicosa per gente che vede cuoricini e fiorellini rosa dappertutto. Eppure, devo dire, che l’effetto “sminchiataggine” mi dona al punto che penso sia possibile addirittura sdoganare la “parolaccia” e tentare un approccio diretto con l’Accademia della Crusca…

Non sono io, cioè, perdonate, non sono così… o forse si.. è che questa incorporea assenza della calura estiva, fino a qualche settimana fa dolorosamente insopportabile, mi fa evaporare come neve al sole.

La luce finisce prima e il crepuscolo dura più del mezzogiorno risucchiando con lui la violenza dell’illuminazione diurna e rilasciando quel ventaglio di colori assordanti che scemano lentamente nel buio.

Dovreste vederla quella ruffiana della mia ombra che arriva sorniona per poi sparire di colpo. Il suo tempo limitato, ormai, a poche ore del giorno, la rende simpatica come il miagolio di un gatto in calore nel cuore della notte. Pur di dilatarsi all’infinito, la ruffiana, si prostituisce col primo raggio di sole che trova.

Già, l’autunno mi porta a pensare, più del solito, e a guardare le pozzanghere, sempre per strada dopo il temporale, perché nelle pozzanghere l’altra me, quella che vive nella realtà alternativa del mondo al contrario, mi fa l’occhiolino e non sembra così stralunata dopotutto.

La gente che ci parla la crede, sovente, un po’ matta, un po’ confusa, forse per gli abbinamenti scomposti del suo vestiario, o magari perché tutta la strana mescolanza che ha in testa la porta a delirare a voce alta.

Lei non se ne cura mai, prosegue e, anche quando sembra tutto perduto, trova la via per tornare in superficie, attraverso quel velo sottile dello specchio d’acqua fangoso.

Mi piace più dell’ombra il riflesso, perché sparisce solo se voglio io e mi fa sentire capace di gestirlo, mi piace più dell’ombra perché è meno irriverente. Muove il labiale e ripete, magari pensa di me la stessa cosa, che sono io il suo spauracchio preferito o soltanto il suo riflesso e che non esisterebbe pensiero alcuno senza la sua presenza… L’ombra no, l’ombra spesso sussurra e mi spaventa… Come nei film horror, solo che la mia mi dice quanto sia poco necessario mostrarsi e che spesso tutta questa premura di essere, di esistere, non ha molto senso. Credo che la mia ombra abbia una laurea in filosofia ed un master a fanculandia da tutte le stramberie che riesce a soffiarmi nel cervello.

Sarà che dopo un temporale in autunno, quando davvero la luce è fioca e le pozzanghere ti fanno sentire il desiderio sfrenato di essere per una volta una bambina monella che ci salta dentro senza stivali, l’esistere stesso prende una piega diversa… sono piccola come la mia ombra che lentamente sparisce ingoiata nel vicolo dove non arriva la luce, sono irriverente, poco seria, schizzinosa, sovente matta e antipatica, confusionaria e sono come il riflesso silenziosa e caotica, schiva e irrazionale, sono timida e l’incresparsi dell’acqua mista al terriccio confonde questo mio essere terribilmente imperfetta che, sovente, viene confuso con arroganza e superbia, sono una “vecchia bambina” che continua ostinatamente a sognare, saltando nelle pozzanghere per afferrare il suo riflesso e parlando con la propria ombra… e questa cosa… mi piace da matti