L’urlo del silenzio: The Child Bride/La Sposa Bambina

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Se la poesia, come sua connotazione precipua, tende ad alleviare l’animo e a confortarlo nelle grandi ambasce della vita, non è questo il fine delle liriche intense e graffianti di Susy Gillo (“The Child Bride/La Sposa Bambina”, Arte per la Pace, realizzazione e coordinamento editoriale di Erika Scarpante, Al.Ce. Editore, Italy 2019 pg 61, con il patrocinio di Fidapa, sezione di Montecatini Terme). Esse pesano sul cuore come un macigno, riportano indietro negli anni e fanno emergere memorie ataviche di efferate violenze subite dalle donne. In questo caso però le donne sono bambine che aprono appena gli occhi alla vita per andare incontro ad atroci “torture”, da parte di uomini non deviati o malati. Costoro sono mossi da una sovrastruttura ideologica  che li porta  ad accettare come dogmatici alcuni comportamenti che non rientrano affatto nell’ etica  e da una volontà di sopraffazione, celata sotto forme di tradizione devozionale. Giorgia Butera, sociologa palermitana, presidente di Mete Onlus e della comunità internazionale “ Sono una bambina, non una sposa”, conosce bene questa realtà. Basta un Iman, due testimoni e Skype per diventare spose bambine, poi il tutto, alla maggiore età , viene legalizzato nel paese d’origine. Le bimbe, così, sono private del diritto allo studio ma, soprattutto,  private della loro fanciullezza e violate nel corpo  e nell’anima. Tutto questo, servendosi delle parole alate della poesia, dice Susy nelle sue intense liriche che, proprio perché possano essere lette da un pubblico molto vasto, sono scritte nella lingua, ormai, universale che è l’inglese, oltre che in italiano. Il libro è apparentemente semplice ed essenziale ma richiede una doppia lettura, quella della mente che si compiace della “vis” poetica, quella del cuore che la metabolizza. Un urlo unanime si libera nelle nostre coscienze “ Girls Not Brides ”, quando pensiamo a tutte le bimbe morte  per lacerazioni genitali e a tutte le sofferenze immani  di un’infanzia negata.  “Tutti i bimbi vengano a me, perché di essi è il Regno dei cieli “ dice Gesù Cristo nel “Vangelo”, non escludendo nessuno in una visione universalistica che accoglie tutti nel bene e nell’amore, pur nelle diversità ideologiche . Questi corpicini martoriati, questi esseri deprivati dell’infanzia, della spensieratezza e della gioia nell’attesa della prossima violenza, ci spingono a stigmatizzare il fenomeno. In questo caso ci sostiene la poesia: la grande sensibilità e la “verve” poetica di Susy Gillo ci inducono a riflettere ancora più intensamente sul fenomeno e lentamente all’indignazione subentra la voglia di fare. La poesia non può certamente restituire alle bimbe la loro innocenza perduta e ripagarle della loro sofferenza ma può divenire cassa di risonanza per censurare   un costume aberrante. “Homo homini lupus” dicevano i Latini ma con diversa accezione, certamente non si riferivano ad una ferinità legalizzata:”Nella piaga di furtive paure….vivo e coloro con le cromatiche attese il tetto del mondo”. Ho voluto percorrere, insieme con Susi ,questo erto sentiero  per spezzare il silenzio,per rompere l’omertà, in difesa di queste bambole sciupate e insozzate dalla melma umana. Il messaggio da cogliere è forte:  non barrichiamoci nella nostra realtà sicura, osserviamo il mondo che ci circonda e interveniamo con i mezzi che possediamo  anche, solo, con la parola. La poesia non ha la forza di cambiare il mondo ma può riuscire a fustigare alcuni comportamenti che non hanno niente a che fare con l’humanitas.

 

Immagine by pixabay

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