Al Teatro Open Air “Giuseppe Di Stefano” di Trapani "La Traviata di Giuseppe Verdi"

La Traviata è la terza opera della famosa “trilogia popolare” (con Il Trovatore e Rigoletto) ed una delle partiture musicali più dense di interiorità psicologica di tutto il teatro d’opera romantico.

Lunedì 19 e mercoledì 21 agosto, alle ore 21.00, al Teatro Open Air “Giuseppe Di Stefano”, va in scena l’ultimo titolo della 71a stagione lirica dell’Ente Luglio Musicale Trapanese.  La Traviata, melodramma in tre atti, su libretto di Francesco Maria Piave, tratto dal dramma La Dame aux camélias di Alexandre Dumas figlio e musica di Giuseppe Verdi.

La regia è affidata ad Andrea Cigni, le scene e i costumi a Tommaso Lagattolla. Le coreografie sono di Isa Traversi. Sul podio Andrea Certa, maestro del coro è Fabio Modica. Un cast di straordinario spessore, formato da giovani ed affermati cantanti. Violetta Valéry, Francesca Sassu, Flora Bervoix, Valeria Tornatore, Annina, Laura Cherici, Alfredo Germont, Giuseppe Tommaso, George Germont, Sergio Vitale, Gastone, Bruno Lazzaretti, Il Barone Douphol, Enrico Cossutta, Il Marchese D’Obigny, Giovanni La Commare, Il Dottor Grenvil, Victor García Sierra, Giuseppe, Rosario Zuccaro, Un Domestico, Giuseppe Olivieri, Un Commissionario, Roberto Agnello. Orchestra, coro e corpo di ballo dell’Ente Luglio Musicale Trapanese.
Melodramma fra i più popolari ed eseguiti al mondo, questa Traviata è una reprise dell’allestimento andato in scena lo scorso anno, sempre per il Luglio Musicale Trapanese, e che tanta eco ha avuto tra la stampa nazionale e non solo. Un lavoro, quello di Cigni, che pur restando filologicamente nell’alveo Verdiano, dà una netta spallata al “già visto” per proporre invece una messinscena rivoluzionaria e provocatoria, densa di rimandi e di colpi di scena, che richiede un grande impegno recitativo per i protagonisti. La Traviata è la terza opera della famosa “trilogia popolare” (con Il Trovatore e Rigoletto) ed una delle partiture musicali più dense di interiorità psicologica di tutto il teatro d’opera romantico. 
 
DOVE ACQUISTARE I BIGLIETTI – Sarà possibile acquistare i biglietti al Botteghino dell’Ente Luglio Musicale Trapanese, sito in Viale Regina Margherita, 1 (all’interno della Villa Margherita), dalle ore 10.00 alle 13.00 e dalle 16.30 alle 19.30) o un’ora prima dell’inizio dello spettacolo oppure online sul sito www.lugliomusicale.it.
Costo biglietti: Platinum € 40,00 – Gold € 30,00 – Silver € 18,00 – Silver ridotto € 13,00 – Economy € 12,00.

 

Note di regia

La Traviata

Non verrò a Roma per più motivi.

Il primo perché l’Impresario è uno spilorcio.

Il secondo perché la Censura ha guastato il senso del dramma.

Han fatto la Traviata pura ed innocente. Tante grazie!

Così han guastato tutte le posizioni, tutti i caratteri.

Una puttana deve essere sempre puttana.

Se nella notte splendesse il sole, non vi sarebbe più notte.

In somma, non capiscono nulla”.

Giuseppe Verdi

 

Parto da queste considerazioni del Maestro per affrontare con spirito critico questa produzione de La Traviata. Lo stesso Verdi avrebbe voluto che l’opera fosse collocata temporalmente nella contemporaneità della società in cui lui stesso viveva, anziché vederla trasposta dalla Censura 150 anni prima (nel Settecento!) per non dar modo alle persone di leggere una ‘critica’ alla civile borghesia dell’epoca. Violetta Valery non è una povera donna malata che a causa della propria malattia non può vivere fino in fondo la propria storia d’amore. Violetta Valery era ed è una puttana. Né più, né meno che una puttana. Oggi la chiameremmo escort probabilmente, ma in realtà c’è un carattere della ‘nostra’ puttana che la rende ancora più interessante della banale prostituta contemporanea ospite delle feste di politici più o meno noti, o semplicemente di gente affamata di sesso e trasgressione. La nostra Violetta è una puttana che vive di arte, di musica, di spettacolo. Organizza feste a tema di livello ed è artista nella propria sala di spettacolo, il suo club, dove per l’occasione ha organizzato una serata a tema burlesque. Seguita dai danzatori che vi lavorano e dagli invitati la cui identità, come sempre, per ovvi motivi, non è rivelata. Alfredo, giovane e affamato rampollo borghese, agogna l’ingresso in questa società della quale ha sentito parlare da tempo. Finalmente si presenta l’occasione di essere coinvolto a una di queste serate, di accedervi attraverso un rito iniziatico (un brindisi) per dimostrare che anche lui è all’altezza della situazione e dei suoi ‘amici’. Violetta organizza, prepara, sollecita, stuzzica, invita, propone, promuove instancabilmente le proprie serate, vende se stessa e la propria immagine come si venderebbe un chilo di carne dal macellaio. Il segreto che porta con sé è il livello della malattia che tutti superficialmente conoscono, ma che profondamente è nota solo ad Annina, la fedele assistente, e al medico. Violetta mostra pubblicamente i sintomi della malattia che cerca di gestire con l’aiuto del medico e di Annina, tra impegni pubblici e momenti privati.Alfredo trova il coraggio di lasciarle un plico di lettere, messaggi, immagini, raccolti nel tempo e dedicati alla sua ‘amata’ Violetta: l’immagine dei suoi passati giorni dell’atto Terzo. L’idea che Violetta sia sempre osservata, spiata, oggetto di critica e morbosamente ammirata (anche e soprattutto negativamente) vorrei fosse chiara fin dall’inizio. Una società che guarda, che fa del pettegolezzo il pane quotidiano, che non interviene nella vita altrui se non per trarre spunto per una critica crudele e cinica, anche quando la protagonista cerca di vivere una vita ‘normale’. Una storia d’amore in una casa di campagna (ma che in realtà è una tranche de vie borghese tra le più tristi della storia del melodramma) che si presta proprio a set, in cui un pubblico di persone assiste come si assisterebbe a una puntata da reality. Nel secondo atto la casa di campagna è, infatti, all’interno di una stanza dalla quale si osserva, si guarda, si assiste, come in un peep show, come in un cinema a luci rosse, come un reality appunto, come in una stanza degli interrogatori, in cui si può vedere senza essere visti e da cui è possibile far nascere pettegolezzi, discussioni, di cui tutti quotidianamente ci nutriamo almeno fino al momento in cui riguardano solo le sciagure altrui e non le nostre. E così ‘la novità ignorate, Violetta e Germont sono disgiunti’ apre la scena successiva del finale secondo. Un pettegolezzo frutto di chiacchiere che arrivano dalla casa di campagna e che chissà per quali vie ha raggiunto le orecchie del marchese che riporta tutto agli ‘amici’. Ma non c’è tempo di fermarsi ad approfondire la chiacchiera: “Silenzio, udite! Giungono gli amici!” e la festa di Flora, anche questa a tema, stavolta spagnoleg- giante, porta nuova occasione di eccitazione, divertimento, efferatezza, sfogo, ai privilegiati invitati, ben nascosti e protetti, anche stavolta, ancora una volta, dalle loro maschere. La no identity permette a tutti di guardare, osservare, partecipare, eccitarsi, senza filtri, senza freni. Una società che critica sì il comportamento di Alfredo intervenuto alla festa per vendicarsi di Violetta dopo il rifiuto finale, ma che, di fatto, non interviene realmente per proteggerla quando viene percossa. La crudeltà che si nasconde dietro a frasi di convenienza: “pietà, di lei, signore” (Gastone durante il gioco delle carte, lancia questa frase come un numero tra i numeri). Violetta muore tra le braccia “di quanti ha cari al mondo”: Annina, Alfredo, Grenvil, Germont…. E? E basta. Sempre che tutti e quattro possano essere realmente considerati ‘cari’. Gli altri non ci sono più: “Flora, amici…” del Primo atto sono ad altre feste, da altre puttane, con altri clienti, con nuove maschere, a soddisfare rinnovato piacere; mentre tutta “Parigi impazza, è carnevale”, la puttana muore: sola. Vorrei che non si pensasse a La Traviata come alla bella principessa in abiti ottocenteschi (anche questi frutto di una trasposizione successiva, come dicevo, rispetto alla settecentesca Violetta che la Censura impose) che muore per disgrazia, di un morbo a caso, e che tra bei divanetti e tende di acrilico e coppette di champagne, soffre per un amore impossibile da vivere dopo aver chiuso il cuore ad ogni affetto. No, questo no. Sarebbe rimanere in superficie. Sarebbe tradire la volontà di chi, prima di noi (nello specifico il compositore), ha pensato bene di raccontare, analizzare e profondamente criticare una società ipocrita con i propri vizi ed i propri difetti. Viva Verdi.

 

Andrea Cigni

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