Viterbo – Dal concerto rock all’opera e alla lirica, dal festival jazz al liscio, dalla musica popolare al musical, al blues, le iniziative musicali rappresentano un forte elemento attrattivo per i territori e le città. La musica è il linguaggio, specie se vissuta dal vivo, comunica emozioni e sensazioni senza tempo e confini. Nessun linguaggio al mondo parla di bellezza, speranza e pace più della musica: è il primo ed unico linguaggio universale. La magia dei suoni penetra la realtà che si sta vivendo in un determinato momento. Si diviene memoria attraverso le emozioni catturate dentro noi.
Un artista straordinario, dal linguaggio musicale universale capace di irradiare grandi emozioni, è stato ospite, sabato 7 settembre 2024, nella Città dei Papi. Un evento live nell’ambito dei festeggiamenti della sua amatissima patrona, santa Rosa. Un Mito della canzone italiana dalla carriera baciata dal successo eccezionale, sul palcoscenico di Pratogiardino. Massimo Ranieri a Viterbo in una delle numerosissime date del suo ultimo tour, Tutti sogni ancora in volo, iniziato lo scorso anno, il 30 luglio 2023, all’Auditorium Parco della Musica di Roma, si concluderà il 29 aprile 2025 al Teatro Storchi di Modena.
Il celebre compositore, pianista e direttore d’orchestra statunitense del secolo scorso, George Gershwin, affermava “Mi piace pensare alla musica come a una scienza delle emozioni”, e, Massimo Ranieri, da sempre un grande narratore di emozioni, anche a Viterbo, ne ha regalate moltissime. Nel Parco della città, con una storia molto antica risalente al XIV secolo, il pubblico ha potuto gustare l’intensità delle sue interpretazioni musicali e sceniche.
L’apertura della serata, la sua prima uscita sul palco in giacca bianca doppiopetto, camicia azzurra e pantaloni scuri, l’esecuzione di un brano straordinario degli anni Sessanta, La voce del silenzio, uno dei più grandi classici della storia del Festival di Sanremo, magnificamente interpretata. Al termine del brano l’artista rivolgendosi al pubblico ha approfondito il significato del suo tour Tutti i sogni ancora in volo. Prima di essere il titolo di questo spettacolo, – afferma – è la frase di una mia canzone, probabilmente una delle più belle che ho cantato, sicuramente la più famosa, ma per me questa frase è molto di più, è un modo di vivere. Per quanto mi riguarda, i sogni devono continuare a volare, sempre. Eppure quando sono nato tutto ciò mi è stato un po’ negato, le esigenze e le priorità ovviamente erano altre, famiglia numerosa e quant’altro. Una volta mi sono detto, “basta mo’ me so scocciato, adesso voglio sognare pure io, tutto sommato è gratis, me lo posso permettere”, e da allora è passato tanto tanto tempo. Non solo ho imparato a sognare, ma lo faccio ancora oggi e continuo a farlo. Mai smettere di sognare. Il sogno è innato nella natura umana, se ci pensate “Io sono” non è così diverso da “Io sogno”. Fantasia e realtà possono andare perfettamente d’accordo, se lo vogliamo, e magari diventare un’unica cosa. Io nella mia vita sono riuscito a realizzare tanti tanti sogni e uno, non ultimo, un anno e mezzo fa, l’ho sognato per venticinque anni e l’ho realizzato, ed è questo, un disco di canzoni completamente nuove, composte apposta per me da grandi cantautori, alcuni di questi amici miei, ed io li ringrazio. Subito dopo, in sequenza, l’esecuzione di tre brani, quello portato al Festival di Sanremo 2023, Lasciami dove ti pare, e due canzoni meravigliose nel testo e nella musica, Tutte le mie leggerezze, scritta dall’autore casertano Carlo Mazzoni, e, l’altra, Quando l’amore diventa poesia, con testo e musica del grandissimo Mogol e P. Soffici, presentata insieme ad Orietta Berti al Festival di Sanremo 1969, due melodie capaci di toccare le corde più profonde dell’anima.
Tra i momenti più intensi della serata, La vestaglia, Se bruciasse la città, quest’ultimo brano inedito per la sua partecipazione a Canzonissima nel 1969, con il quale arriva in finale e si classifica al terzo posto; e, Mi troverai, molto toccante, che celebra la profondità dell’amore e della dedizione che può resistere alle prove del tempo e delle difficoltà. Grandissimi applausi.
Dopo aver ricordato ed espresso una profonda gratitudine per il vero, primo grande maestro della sua vita, Giorgio Strehler, racconta la sua meravigliosa storia d’amore vissuta 42 anni fa, “ho vissuto un amore meraviglioso mi ha riempito la testa, il cuore, l’anima.Io il colpo di fulmine lo sogno tutti i giorni, ogni qualvolta che esco di casa spero di girare l’angolo e trovare l’amore della mia vita. Quando capita bisogna afferrarlo al volo, non dobbiamo aver paura dell’amore. Anzi bisogna tenersi sempre pronti così, a braccia aperte ad accoglierlo”.
Massimo Ranieri è davvero unico nel creare questi momenti di condivisione con il pubblico, il quale partecipa con entusiasmo,ed è proprio questa magia che si crea tra palco e platea, ciò che rende un concerto davvero memorabile e speciale.
E ancora altre meravigliose melodie, con le quali l’artista ha deliziato la platea, Erba di casa mia, brano storico, Di me di te, dal sapore nostalgico, e l’omaggio al grande Renato Carosone, Pigliate na’ pastiglia.
A questo punto l’artista racconta i suoi esordi artistici. Spesso – egli afferma – mi pongono una domanda molto incisiva. Come hai iniziato?. Inizialmente il mio nome d’arte era Gianni Rock, la scelta di quel nome modestamente fu una mia idea geniale! Gianni come diminutivo di Giovanni, Rock, mah nu mistero, ancora oggi non mi spiego, non lo so.. La gente che veniva nelle feste di piazza, le feste patronali ovviamente, leggeva il manifesto, tra i quali c’ero anche io, e leggeva questo strano nome, Gianni Rock. Veniva lì ed era convinta di trovarsi di fronte un nuovo Chuck Berry o Elvis Presley o Mick Jagger, e invece, arrivavo io, dodici anni, magro magro, sic sic, che cantavo una canzone dal titolo “Preghiera”, la storia di un bambino che prega il Signore di fargli venire in sogno sua mamma. Vabbè, superata la fase di Gianni Rock, dovevo assolutamente trovare un altro nome d’arte, e così i miei discografici a Milano mandarono a Roma, sede succursale, alcuni dirigenti per far sì che trovassero questo nuovo nome d’arte. Ci riunimmo a Roma, in questa stanza, e uno la buttò là, “scusa ma perché non ti chiami Ranieri, come il principe di Monaco”. “Azz– faccio io – ‘na roba seria”. A quel punto mancava solo il nome. Incominciarono a farsi alcune proposte, uno fa Pasquale Ranieri, un altro no, Alfio Ranieri, un altro ancora fa, Peppino Ranieri, fino a che, uno dei presenti, nel silenzio più assoluto, si alzò in piedi con la sua manina, Massimo, Massimo Ranieri! Partì spontaneo un applauso, l’avevamo trovato, era lui! No, ero io. L’esecuzione del brano “Questo sono io”.
Finalmente, l’esecuzione dell’attesissimo brano Rose rosse, pubblicato per la prima volta nel 1968, che Massimo Ranieri ha eseguito migliaia e migliaia di volte, un brano senza tempo, amatissimo. Calorosissima la partecipazione anche da parte del pubblico della Tuscia.
A seguire una canzone dal sapore diverso, più recente, del 2022, Asini, che descrive la nuova società e ci invita ad aprire gli occhi sul futuro. Poi la bellissima interpretazione di Massimo Ranieri di Lettera di là dal mare, in gara al Festival di Sanremo 2022, un brano molto forte perché si sofferma su un problema attualissimo, il dramma dei migranti, e, allo stesso tempo, anche molto autobiografico. Applausi grandissimi.
E ancora, un’altra emozionante canzone, Ho bisogno di te, composta da Carlo Mazzoni, lo stesso autore di Tutte le mie leggerezze.
Poi, cambio di registro, Canzone con le ruote, un brano leggero che si lascia facilmente canticchiare. E un altro attesissimo brano, molto amato anche dal pubblico viterbese, la sua consacrazione tra i più grandi artisti, Vent’anni. Una canzone ottimista, che Ranieri ha reso ancor più affascinante con il suo grande talento vocale e interpretativo. “Io credo che lassù c’era un sorriso anche per me. La stessa luce che si accende quando nasce un re…” Una stella, quella di Massimo Ranieri, che ancor oggi brilla di una grande luce, e di luce propria.
“Lasciatemi esprimere un ultimo sogno, che tutti quelli che non sognano più, da domani incomincino a sognare pure loro, alla fine sognare è come andare in bicicletta, è come innamorarsi ancora. Tutto sta a ricominciare.
E l’artista continua questo viaggio sul palco della Tuscia con il brano vincitore alFestival di Sanremo 1988, Perdere l’amore, una canzone che non si dimentica, come indimenticabile l’interpretazione di Massimo Ranieri. “Perdere l’amore” grida rabbia, malinconia, delusione, abbandono, ma anche la speranza di riconquistare un amore maturo, senza il quale l’intera vita apparirebbe come insignificante. Lunghi e scroscianti applausi da parte del pubblico. A questo punto Massimo Ranieri esce dal palcoscenico e rientra poco dopo interpretando Luna rossa. Continuando poi sulle note del brano Tu vuò fa’ l’americano, presenta al pubblico i bravissimi musicisti che lo stanno accompagnando sul palco in questo splendido tour italiano.
In chiusura della meravigliosa serata, una canzone che fin dagli anni Cinquanta riscosse molto successo presso il grande pubblico, sia in Italia che all’estero, Anema e core, da lui magistralmente interpretata.
Una serata di musica che si è conclusa tra gli applausi festosi del pubblico viterbese.
Trasmissione della propria identità attraverso la voce, istinti interpretativi e linguaggio del corpo, qualità, intensità, passione, entusiasmo. Tutto questo è Massimo Ranieri.
Serve il cuore, servono i sogni, sognare fa bene.
Grande, instancabile Massimo. Con il sogno di poter presto realizzare una bellissima intervista con te sulla memoria, sull’arte, sui sogni.
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