Diabolik è genio letterario tra il fumo delle parole e lo spazio delle immagini a 60 anni dalla nascita

Il thriller non è solo un genere letterario. È il superamento della leggerezza nella perseveranza dell'intrigo. È una letteratura oltre il genere che rivive nel fumetto del diabolik.




Premessa

Credo che non si possa aprire una discussione sul fumetto italiano senza tenere conto dell’impatto emotivo che le parole esercitano racchiuse in una nuvoletta di fumo legata, chiaramente, alle immagini. Tutto si sviluppa in un immaginario che esercita un intreccio di sensazioni.
La tecnica è un esercizio di grande intelligenza. La conseguenzialità delle “strisce” e la dimensione della sceneggiatura formano il “filmato” in foto-immagini-album.
Ciò che mi interessa, in modo particolare, è l’importanza della creatività del fumetto stesso che nasce proprio come fumetto. O meglio, mi riferisco al fumetto la cui storia ha una sua autonomia e vive non traslato dalla letteratura, ma diventa letteratura esso stesso sia nel racconto che nella impaginatura.
In altri termini il fatto del riportare in fumetto un racconto o un romanzo mi sembra un’idea non convincente. Il fumetto deve vivere della sua autonomia narrante perché è questa che rende fantasiosa sia la struttura che la lettura. Trasformare in fumetto un romanzo o degli episodi letterari della storia del mito e della letteratura mi sembra un fatto “eccessivamente” distonico.
Ciò che mi affascina è l’originalità di ciò che si realizza come fumetto in quanto tale. È qui che l’operazione può vivere in piena autonomia come una tipologia di una letteratura in immagini. Anche perché il fumetto è un attraversamento che sta tra la pagina letteraria e il primo movimento in azione cinematografica. È necessario che conservi, comunque, la sua originalità nella autonomia della “finzione”.
Il “Diabolik”, di cui spesso parlo, nasce dentro un contesto italiano letterario e cinematografico che vedeva sceneggiati come Sheridan, Laura Storn, le traduzioni di Maigret e Belfagor, Nero Wolf e il giallo tradizionale. È certo che la figura di Diabolik è un’eco di Fantomas, ma ha una sua originalità di fondo che ha specchietti ombreggiati in Poe. Diabolik è il primo fumetto italiano in nero con una struttura pienamente cinematografica. Infatti, crea una letteratura noir con un immaginario ben strutturato ed egli stesso è un personaggio che si fa personaggio tra immagine e avventura.

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Il fumetto può leggersi come frammento di letteratura? La finzione e i linguaggi si incontrano in parole nell’ovale delle nuvole.
Parole dentro nuvolette. Nuvolette che si fanno con i contorni ricamati. Segni. Linguaggi che sembrano squarci di urli. Immagini a tutta pagina. Tra il bianco e nero e il colore resto legato al nero/bianco ma mi meraviglio della suggestione del colore. È una emozione ogni pagina che sfoglio. Ieri come oggi. Da Tex e Zagor a Diabolik non smetto di inseguirli. Sono fumetti italiani. Già, hanno parole lanciate come fumo. Molti sono rimasti lungo la strada. Come il mio primo amico Capitan Miki alle misteriose e affascinanti Satanik e Zakimort. Sono pezzi di infanzia. Non ho mai trascurato le uscite. Ho vissuto tutto ciò mai al di fuori di ciò che considero letteratura. Il giallo, il cosiddetto noir, le avventure dei Nativi, i Ranger sono nella mia storia culturale ma soprattutto nella mia storia umana. Cito soltanto pochi titoli e personaggi del nostro fumetto italiano.


Ora misuro il tempo. 60 anni con Diabolik sono anni preziosi. Non so perché non sono mai riuscito a leggere fino in fondo un Topolino o un Paperino. È una domanda che mi inquieta. Diabolik invece è nella mia formazione e ci resta. Una formazione diabolica e mikiana. Il fumetto, ripeto, è anche letteratura. L’immenso immaginario è creazione, creatività, fantasia e finzione.
Ci porteremo ancora suoni di conchiglie di anni lontani tra le parole non smesse e le parole consumate? Abbiamo abbandonato la giovinezza proprio nel momento in cui i nostri cuori dovevano diventare riferimento per generazioni che si sentono smarriti e figli che ci guardano spavaldi e impauriti. Saremo ancora belli e tristi come in quel tempo delle rivoluzioni fallite? Ed è come se mi incontrassi in uno specchio. Tanti anni fa.
Come passa il tempo … Sono “I Camaleonti” con la loro malinconia che mi ricordano il trascorrere delle stagioni e il lento silenzio che attraversa il nostro abitare la vita. Non solo il tempo passa, ma siamo noi che mutiamo. La nostra generazione, amico mio, si è lacerata nei dubbi e nelle certezze. Nelle certezze perché era convinta di poter governare il mondo portando il sogno come bandiera. I sogni saranno potere. Che grande cazzata abbiamo commesso. Il dubbio, perché nei momenti più opportuni abbiamo cercato la vacanza dal vero impegno sostenendo che non sapevamo dove andare.
Oggi sappiamo dove andare ma non abbiamo più tempo. Non c’è nostalgia in questo mio dire. C’è forse un po’ di rammarico. Abbiamo studiato troppo in fretta e ci siamo laureati perché conformisti puntavamo ad una sicurezza. Ma la rivoluzione non è sicurezza e non offre sicurezze. E sono stati gli altri, senza togliersi né giacca e né cravatta, ad obbedire ai poteri di ciò che è stata definita democrazia. Siamo stati rivoluzionari al punto tale di essere stati rivoluzionati.
Cominciare una nuova battaglia? Io, amico mio, sono in un diverso viaggio e non mi interessano più i carri armati, i mercati delle borse e delle monete impazzite. Osservo con molto distacco la caduta del mondo moderno e tutto ciò che mi passa accanto mi passa soltanto accanto. Non ha alcun disamore.
Sono sempre innamorato di ciò che mi stupisce e di ciò che mi smarrisce. Perché mi affascina l’intelligenza. Mi infastidiscono i conformismi, lo sai bene, e i progressisti. Indago sui reazionari alla Prezzolini e non smette di affascinarmi la consacrazione della conversione di Papini.
Un giorno tu mi hai chiesto quali dei personaggi letterari, veri o legati alla fantasia, ha lasciato in me un segno incancellabile. E poi hai aggiunto quale scrittore o quale poeta ti ha formato? E ancora mi hai domandato quale libro non vorresti dimenticare. Belle domande, amico mio, rischiose e capziose. Sai che per me il rischio è stato sempre un cavallo di corsa vincente e forse anche per questo mi hai posto davanti a delle scelte. Chissà perché la mia vita ha sempre indicato delle scelte? Lo sciamano, al quale sono legato, mi avrebbe detto: rispondi sempre alle domande ma devi non dimenticare che il silenzio è peggio di una risposta violenta.
Ci sono domande che chiedono il silenzio con una ulteriore domanda e risposte che vanno date senza pensare che siano risposte. E allora, caro amico ti scrivo e ti rispondo. Molti fatti della mia vita sono legati al mio essere ribelle e religiosamente terrorista. Molti avvenimenti sono stati il susseguirsi di impazzimenti che mi hanno dato l’allegria.
Molte sconfitte sono il risultato di tantissime vittorie che ho cercato di scordare o di ignorare. Se rischio posso anche vincere. Ma se non rischio sono un perdente. Se amo Cristo è perché lo considero uno sconfitto nella sua dignità e nobiltà ed ha sempre rischiato e giocato a carte scoperte come con Maria Maddalena.

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Il personaggio che ho amato di più? Potrei dirti Lucia del Manzoni? Teresa del Foscolo? Concia di Pavese? Lucia mi intristisce e mi scava ferite di angoscia come il suo Renzo. Personaggi che mi infastidiscono perché non hanno saputo capire e accettare la tragedia.
Teresa è una straordinaria immagine ma ha una sensualità rassegnante che non vive in Jacopo sconfortato e sconfortante. La rassegnazione non è nel mio viaggio. Io sono come Sandokan o come l’ultimo degli Apache. Ho la spada o il fucile sempre in posizione giusta.
Concia? Bella e selvaggia e poi mi riporta alla mia Calabria oltre che al mio Pavese. Straordinaria donna amante dai capelli neri che scivolano tra le mani. Un amore passato e importante. Ci sono tanti altri che mi hanno accompagnato come le lontane di Silvia e altre finzioni tra pagine lette e dimenticate volutamente. Ti voglio rispondere con certezza.
La mia vita passata è stata scavata sia da Eva che da Zakimort. Chi è Zakimort? È il personaggio di un fumetto pubblicato tra il 1965 e il 1974. chi si nascondeva dietro Zakimort? Una bellissima bionda dal nome Fedra Garland. Il resto lo puoi trovare su Internet. Fascinosa, corpo da amplessi mediatici, sguardo pungente nella sua tuta aderentissima.
Ed Eva? Non certo l’amante di Adamo. Eva Kant. Ovvero la compagna del grande e astuto Diabolik, il quale data la sua uscita nel 1962 mentre Eva compare nel 1963. Da occhi verdissimi salva il terribile uomo nero dalla ghigliottina. Si presenta come la vedova di Lord Kant. Eva. Un personaggio affascinante non solo per la sua femminilità e dolcezza ma anche per il suo verace coraggio. Resterà la compagna di Diabolik e anche lei sarà la donna in nero con gli occhi sempre puntati avanti. Chi scegliere tra le due? Forse, anzi sicuramente Eva.
Mi sono innamorato di Eva per la raffinatezza e la sensualità oltre che per quel fascino del mistero che la caratterizzava ma anche per la sua fedeltà e il suo saper restare in ombra. Eccoti accontentato. Diabolik ed Eva mi hanno formato. Che delusione, diranno i ben pensanti.
Uno scrittore che vanta la sua classicità e la sua forza in letteratura intrecciata alla storia si è formato su Diabolik? Signori miei è così. E sono felice. Passiamo avanti. Quale poeta? Ti sono sincero. Chi continua ad accompagnarmi non è Pavese, che è dentro di me, e neppure Dante. Che ci faccio io con il Dante della Commedia? Ironia? O sincerità?
Il poeta che nelle notti mi “sfriculiava” l’anima è stato Gustavo Adolfo Becquer. Non ti dirò altro. Un poeta spagnolo. Poi sono venuti gli altri. Quale libro non vorrei dimenticare? Ti rispondo subito. Tu sai che sono di nobili origini e di sicure letture mai imposte e che casa mia è stata sempre una grande biblioteca per generazioni. Ma il libro che non vorrei dimenticare è Capitan Miki. Chi è? Lo sai bene. Un Ranger del Nevada che dialogava con gli Indiani, il cui primo album in striscia uscì nel 1951.
Alta formazione e scuole ben definite. Gli accademici ora si guarderanno bene ad invitarmi nei loro convegni. Ma tu sai che io non mi sono mai sfottuto delle apparenze perché continua a viaggiare sulla bicicletta di mio padre e aspetto ancora che i rovi fioriscano nel mio paese del vento sapendo che c’è il mare nella mia anima e le conchiglie nelle mie solitudini.

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Tutto qui? No, caro amico mio. Io sono nato in via Carmelitani, tu sai bene chi sono i Carmelitani, e non mi piacciono i giorni di sempre perché so essere altro altrimenti accetto di essere niente e amo profondamente la mia donna fino ad addormentarmi nel rosso del suo meriggio augurandole sempre che il dio del sole resti sempre in lei e con lei.
Ti ho segmentato un po’ della mia storia cercando di darti delle risposte. Se mi chiedi quale film abbia segnato la mia vita, qui avrei dei tremori. Ci sono stagioni che mi hanno avvicinato a film diversi ma quello che è più vicino al mio inquieto e bello vivere è senza alcun dubbio “La prima notte di quiete” nel quale campeggia la straordinaria figura di Delon.
Ma perché siamo giunti a queste considerazioni? Forse perché si comincia a tracciare una linea lungo i colori dell’orizzonte? Siamo in caduta libera, amico mio, e non abbiamo paracaduti, e siamo consapevoli di poter inciampare in qualche nuvola di passaggio perché sono sempre più convinto con Paracelso che “Chi è muto, è muto nel cuore, non nella lingua”. Perché “come tu parli, così è il tuo cuore”.
Ed ora cosa dirti di più. Non disprezzo nessuno. Non mi fanno paura gli scoiattoli e neppure i coccodrilli. La politica? È una distanza incolmabile che separa il mio essere al mio quotidiano. Sono nel mio deserto. I giudizi non mi interessano e le porte aperte servono per sbattere fuori qualcuno e non viceversa. Io vivo il mio tempo. Altro non so dirti. Abbiamo vissuto i giorni delle rivoluzioni senza rivoluzionare.
Ci siamo rivoluzionati restando gattopardi. Viviamo la tradizione trafiggendo il futuro. Gli accampamenti sono in folla ma i pensieri sono un volo. Oltre non vado. Resto con i miei libri da scrivere e con le mie pazienze turbate. Ma ti consegno una osservazione di un monaco del deserto che ho ritrovato nei labirinti della mia memoria: “Il monaco deve vivere in modo che giammai la sua coscienza possa rimproverargli qualcosa”.
Io che amo il deserto e il mare ho conservato questo pensiero, che come il precedente è di Agatone, ovvero un Padre del deserto, che dice: “Non mi sono mai addormentato con un risentimento contro qualcuno e, per quanto ho potuto, non ho mai lasciato che qualcuno si addormentasse con un motivo di risentimento verso di me”. Ora basta. Non mi chiedere altro. Perché sarebbe tutto ripetitivo. Ho confessato tutto. Più che la letteratura ho iniziato con i fumetti, ovvero con i comics, ovvero con ciò che i giapponesi chiamano manga.
Lettore accanito ieri. Lettore agguerrito oggi. Tra Miki e Blek ho scelto il primo. Tra Tex e Zagor ho scelto il secondo. Tra Diabolik, Satanik, Kriminal, Zakimort ho scelto il primo e l’ultimo. Tra Intrepido e Monello ho sempre preferito il Corrierino, ovvero dei Piccoli prima e dei Ragazzi dopo, ma quest’ultimo di meno. La mia vita è stata abitata tra i fumetti. Continua ad esserla. Tra gli spazi del mio camminare non ho mai smesso di credere che il fumetto è anche letteratura. Quando il fumetto è anche letteratura!
Ho incontrato la letteratura mentre leggevo i fumetti. Ho sempre letto Diabolik anche quando scrivevo di letteratura. Leggo sia la letteratura che i fumetti perché credo che possano convivere in una stessa villa.


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Elogio del fumetto italiano. Da Diabolik a capitan Miki. Una letteratura tra bene e male oltre gli schemi del conformismo è sempre un viaggio affascinante e misterioso.
Certo. Non smetterò di fare un elogio al fumetto. Resto completamente tra le nuvolette delle parole. Se ho scritto i miei libri lo devo al fatto che quelle nuvolette sono diventate una cornice tra lingue e parole. Ora che sono vecchio mi sono rimesso a leggere fumetti. Ed è una bellezza leggere, osservare quelle immagini, guardare. Strisce che raccontano. Cosa è la letteratura? Non quella che mi era stata imposta nella scuola che cercava di massacrarmi, ma quella che abito, che ho abitato e che ha dato la fantasia al mistero e la creatività al sogno. La scuola che io ho vissuto mi ha ferito cercando di uccidere la mia intelligenza. Diabolik e Capitan Miki mi hanno salvato.
Essere ragazzi è unico. Ogni età è unica. Essere giovani è meraviglioso. Avere la mia età antica da vecchio è singolare. Ma ognuno vive la propria era. Essere vecchio è riconquistarsi tra l’immaginario e la profezia.
Nei miei anni di ragazzo non sono stati i classici greci o latini a farmi compagnia. Non è stato Manzoni o Dante. Non affliggete i nostri ragazzi ad ore di studio matto e folle per virtù di conoscenze. Lo studio matto verrà dopo. Matto da mattone. Folle da un groviglio di pensieri che impazzano (da pazzia) nella mente.
Ci sono Età che hanno bisogno di fantasia, di spensierata allegria, di gioia e di scelte che non possono essere imposte. Omero è venuto dopo nella mia vita. Così come Fedro e Dante. Sono parte della mia vita. Ma chi mi ha formato alla parola, al linguaggio e alla sintesi delle lingue è stato il leggere assiduamente, dalla cosiddetta prima fase scolare, i fumetti. Le parole dentro le nuvolette di fumo o di nebbia con scritte in nero rigorosamente in maiuscolo. I fumetti. E tra questi coloro che mi hanno dato un senso sono stati “Il Corriere dei Piccoli”, versione acquistata sempre da mio padre, e poi “Il Corrierino”, “Capitan Miki”, “Il grande Blek”, e tutto il genere poliziesco-giallo-noir. Qui al vertice c’era e c’è “Diabolik”. Poi “Zakimort”, “Kriminal”, “Satanik”. Si comprende bene che si trattava degli anni Sessanta.
A ragion di vero sono stati questi che mi hanno introdotto alla vera lettura. Ma, sempre a ragion del vero, mia madre e mio padre acquistavano questi fumetti con l’accordo e la promessa di leggere pagine del “Cuore” di Edmondo e la consueta “Domenica del Corriere” e anche, non dimentico, “Famiglia Cristiana”, alla quale mia madre era devota.
Ma è il fumetto che mi ha dato la capacità e la forza di accostarmi alla lettura. Io mi sono educato leggendo soprattutto “Diabolik”. Con il diabolico genio del male ho compreso la disputa tra don Rodrigo e don Abbondio.Erano, appunto gli anni Sessanta, e da allora non ho smesso di leggerlo e rileggerlo.
Non forzate i bimbi, i ragazzi, i piccoli adolescenti a letture che troveranno uno spazio dopo. Mi sbaglierò di sicuro ma ho il dovere di testimoniarmi. Mio padre e mia madre non mi hanno mai imposto nulla. Cosa voglio dire? Un elogio al fumetto? Ma certamente sì. Ma anche un elogio ai diversi linguaggi e alle diverse formazioni che diventano sfere di apprendimento. La scuola di ieri… la scuola di oggi? Io sono stato sempre un autodidatta e mai “scolarizzato” dalla scuola. 
5La scuola voleva distruggermi ed io mi sono salvato restando in rivolta. La scuola ha cercato di seppellirmi ed io sono risorto sempre. Da autodidatta e in conflitto,  quasi sempre, con gran parte dei docenti sono arrivato a due lauree. L’ho fatto per dare gioia a mio padre e mia madre.
La cultura è sempre oltre la scuola. Perché la cultura è libertà. La scuola non è mai stata libertà creativa, inventiva, immaginativa. Come è stata vissuta da me. Se non avessi trovato in Capitan Miki lo spirito sciamanico dei Nativi americani avrei sempre accettato l’indottrinamento occidentale americano, ovvero di una cosiddetta democrazia senza libertà. Io non ho mai amato la democrazia. La libertà sempre ma è altro dal concetto fi democrazia.  Ecco perché oggi non smetto di leggere Camus e mi impaurisce ancora Manzoni. Essere liberi è comprendere la testimonianza della rivolta. Dante diventa libero quando riesce a vivere in pienezza l’esilio.
Ho capito il “genio” quando, andando al di là del bene e del male, l’intelligenza  inventiva, e appunto malefica, di Diabolik mi hanno introdotto nel “Conte di Montecristo” o nel maleficio della “fortuna” di Machiavelli o nel canto del gallo di Pietro disegnato a meraviglia teologica dal Vangeli sinottici.
Insomma se non avessi avuto come incipit guida Miki e Diabolik non avrei capito ciò che ho compreso dopo sino alla mia era da vecchio. Cosa significa tutto questo?
Può essere enigmatico oppure semplicemente  leggerezza il pensiero che abito. Il superfluo, a volte, è più del superficiale o addirittura è un altro discorso. La pesantezza è soltanto una questione di peso e di taglie calibrate e non di profondità. E la leggerezza stessa è possibile coniugarla con la superficialità? Ovvero di ciò che è in superficie. Ciò che si vede in superficie è il “prodotto” di ciò che si sente in profondità?
Tutto questo per dire cosa? Per essere retorici? Ma no. Mi rivolgo ai ragazzi che hanno l’età di quando io un tempo avevo la loro età e viaggiavo dalla scuola elementare alle medie, anni terribili con docenti negativamente indimenticabili, sino ai primi anni del liceo, con docenti completamente dimenticati volutamente. Mi rivolgo ai ragazzi che hanno la mia età di quando io ero ragazzo e avevo la loro età. Non respingete nulla. Ma lasciatevi sempre uno spazio di libertà che sia solo vostro. Soltanto vostro. Leggete. Leggete tutto. Non vi fate impaurire dal politicamente corretto, ovvero che un determinato testo è valido e un fumetto è superfluo o leggero. Se avete voglia dedicatevi, con passione, a un vostro bel fumetto elettromagnetico piuttosto che a una pagina pallosa di Parini.
È anacronistico ciò che dico? Può essere. Io non sono stato salvato dalla scuola, ma dalla libertà bella di aver potuto scegliere, ad ogni età della mia vita, le letture che mi appassionavano, che mi hanno appassionato e che mi appassionano. Questo per non cadere nella noia o nella nausea. Il fumetto mi ha reso libero pur vivendo nella amministrazione della democrazia. Questo sì che un elogio. Ma alla libertà. Forse anche per queste dinamiche ho scritto “Mi sono innamorato di Eva kant”. Forse potrei iniziare una lettera con la fedeltà del destino. Alla rivolta. Da vecchio.

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Ora mi rileggo il mio “Diabolik” del 1966. Erano gli anni delle Elementari. Elementare Watson. Cosa è stato il fumetto nella mia vita? Una letteratura dell’immaginario per approdare ad una letteratura eretica. Si pensi ai due personaggi del “Diabolik” delle sorelle Giussani. Ginko e lo stesso genio del male. Due intelligenze. Il bene e il male? Certo. Cosa sono il bene e il male? Nel fumetto o in letteratura? Solo Dostoevskij aveva previsto tutto raccontando la vita in un sottosuolo di demoni. Il fumetto mi ha spalancato le porte non solo alla letteratura ma anche alla scrittura. Da Diabolik a capitan Miki. Un elogio del bel fumetto. Una letteratura tra bene e male oltre gli schemi del conformismo fino a comprendere che la logica non è sempre una “ragione” lineare. Forse aveva ragione Nero Wolf.
Certo. Non smetterò di fare un elogio al fumetto. Resto completamente tra le nuvolette delle parole. Se ho scritto i miei libri lo devo al fatto che quelle nuvolette sono diventate una cornice tra lingue e parole. Ora che sono vecchio mi sono rimesso a leggere fumetti. Ed è una bellezza leggere, osservare quelle immagini, guardare. Strisce che raccontano. Cosa è la letteratura? Non quella che mi era stata imposta nella scuola che cercava di massacrarmi, ma quella che abito, che ho abitato e che ha dato la fantasia al mistero e la creatività al sogno. La scuola che io ho vissuto mi ha ferito cercando di uccidere la mia intelligenza. Diabolik e Capitan Miki mi hanno salvato. Ritorniamo a leggere letteratura giallistica e noir dopo Simenon e Scierbanenco? Riprendiamo tra le mani “Diabolik” e tutto il filone ad esso legato.

Post-premessa-scriptum

Divagazioni tante. Sicuramente. Ma resta un dato di fondo problematicamente importante. Dal 1962 in poi sono mutate gli approcci al fumetto e anche gli apparentamenti. È mutato fondamentalmente la lettura.
Dalle divagazioni agli apprendimenti: questo potrebbe essere il legame tra un ieri già depositato nella storia e un oggi delle parole che sono diventate lingua e linguaggi dentro delle koiné più definite. Ma quella storia iniziata nel 1962 non smette di farsi sentire e soprattutto di resistere.
Negli anni Sessanta, con la crisi del linguaggio poetico e narrativo, nascono due vie significative innovative. La canzone d’autore che diventa la fortezza per ricreare poesia. Il fumetto, appunto dal tradizionale Tex, precedente al Sessanta, a Diabolik, che costruisce il legame tra un linguaggio in sintesi e l’immagine in immaginario. È una stagione che serve a non fare morire la parola depositandola nella sillabazione del vuoto.
Al fumetto la letteratura deve molto. Perché ha la capacità di intuire la lacerazione della parola che racconta e la recupera imponendola alla sola immagine e viceversa. In un tale contesto “Diabolik” come fumetto crea un genere  nuovo che supererà tutti gli schemi scenografici e letterari che daranno un senso ad una letteratura parlata e non soltanto letta.

Bisogna non dimenticare che anche la vita è un fumetto. Occorre capire come si interpreta o come si legge. Diabolik resta un genio letterario.

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