Orgoglio del panorama fieristico italiano e non solo, Mercante in Fiera riparte dopo mesi difficili causati dalla pandemia. Qui l’antiquariato ed anche altro, trova la sua massima espressione: oggetti di valore inestimabile, di tutte le epoche, affascinano i visitatori, che ritrovano in un pezzo del passato l’antico splendore di un’epoca trascorsa.
La fiera in questione, quella di Parma, come da tradizione si è trasformata in una vera e propria cittadella antiquaria nella quale oltre mille espositori, provenienti da tutte le piazze, esibiscono le proprie scoperte a decine di migliaia di visitatori, professionisti, collezionisti e cultori della memoria.
Dunque una vera e propria cultura quella dell’antiquariato, che ci distingue oltremodo per la bellezza dei pezzi che in queste fiere si è soliti trovare e che con orgoglio ne affermiamo l’appartenenza all’Arte italiana. Una cultura tuttavia anche difficile da comprendere, una forma d’arte particolare che merita un’importante attenzione e la cui conoscenza spesso si tramanda di generazioni come una qualsiasi tradizione.
Per capirne la sua natura e la sua bellezza, ne abbiamo parlato con due antiquari oggi espositori qui a Parma, padre e figlio, Carlo e Francesco Ciarnese, che l’antiquariato lo vivono da sempre e che rappresenta la loro più grande passione.
Cos’è per voi l’antiquariato e come definireste la sua importanza soprattutto in chiave nazionale?
F: L’antiquariato è la massima espressione del collezionismo: l’attenta ricerca di un oggetto passato, ma allo stesso tempo vicino e concreto, fanno sì che l’opera individuale dell’artista appartenga non solo alla storia ma a tutti coloro che possono percepirla come passione o predilezione. Tuttavia per comprenderne la sua importanza bisogna capire che l’antiquariato gioca un ruolo fondamentale nell’economia della nostra penisola: un giro d’affari annui di circa 600 milioni di dollari contro i 60 miliardi mondiali, che colloca l’Italia in settima posizione tra i paesi principali per la vendita di opere d’arte e affini, ma indubbiamente anche per la provenienza, d’altronde il nostro paese è esso stesso arte, erede di una vocazione all’antiquariato e al collezionismo.
Una cultura dunque la vostra, che si tramanda di padre in figlio: c’è differenza tra l’antiquariato del passato e quello del presente?
C: L’antiquariato non possiede vere e proprie differenze ma più correttamente possiamo dire che ha subito delle “mutazioni”, così come è mutata la nostra generazione. Il cambio generazionale ha fatto sì che, con l’evolversi di mode su determinate opere, stili e prezzi di mercato, trasformasse alcuni aspetti e dogmi del “Vecchio Antiquario”, che ora è sempre più alla ricerca di opere che vanno di pari passo alla richiesta dei collezionisti, oggi più esigenti e scrupolosi.
L’antiquariato è per voi soprattutto una vocazione…una passione. Come definireste questa vostra sensibilità artistica ?
C: La mia passione per l’antico nasce durante la mia gioventù, in particolare nel periodo in cui mi dedicavo da giornalista all’arte e a tutte le sue forme, per poi interessarmi al collezionismo di pitture antiche e “Old master” e infine fare di questa passione una vera e propria professione. Dunque la definirei quasi una devozione, che la maggior parte delle volte mi permette di riconoscere il valore di un oggetto semplicemente con una sensazione… se non è amore questo.
F: Io definirei questa passione come un amore nei confronti di mio padre: lui mi ha permesso di conoscere questo mondo, mi ha iniziato all’antiquariato in età molto giovane facendo si che io amassi l’arte fin da subito. Mi ha trasmesso tutto il suo sapere, che io poi ho ampliato con gli studi diventando critico ed esperto in arte antica. L’antiquariato è una forma d’arte non facile da comprendere, è istinto e tecnica allo stesso tempo. Per riconoscere il prestigio di un oggetto servono entrambi: l’istinto, che matura con il tempo, compensa la tecnica, che a sua volta è fondamentale per collocare il pezzo nel tempo.
L’emergenza sanitaria, che ormai ci trasciniamo da quasi due anni, ha inciso o no sul commercio dell’antiquariato?
C: Il Covid ha portato ad un vero e proprio stallo nel commercio dell’arte: l’antiquariato è un lavoro incentrato principalmente sui rapporti interpersonali quali fiere, rassegne, dialogo con collezionisti e pubblico. Il nostro sito, Art Gallery San Francesco, ci ha dato un sostegno non indifferente, ma pensare di basare tutto sull’internet è surreale: l’arte va vista dal vivo, toccata con mano, vanno ascoltate le emozioni che essa stessa trasmette.
La stagione delle fiere sta ripartendo e per prima Mercante in Fiera ha inaugurato il grande ritorno, com’è ritornare dopo un così lungo periodo di stop causato dall’emergenza sanitaria?
F: Dopo quasi un anno e mezzo di stop è emozionante per noi tornare a fare antiquariato in una manifestazione quale Mercante in Fiera di Parma, soprattutto per il legame affettivo che mio padre possiede per questa rassegna: una delle prime mostre dove iniziò a esporre e commerciare le sue opere ormai 40 anni fa. Abbiamo notato un pubblico molto preparato e attento, puntiglioso su ciò che desidera e questo per noi è motivo di orgoglio, vedere spettatori preparati e avidi di arte fa credere in una ripartenza importante per tutto il settore dell’antiquariato.