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La Giornata mondiale della poesia: i versi come una cura

“Sono nata il ventuno a primavera, ma non sapevo che nascere folle, aprire le zolle,  potesse scatenar tempesta”. Così scriveva di sè in un verso fulmineo Alda Merini, della quale quest’anno, ricorrono i 90 anni dalla nascita. Dal 1999 il 21 marzo è la Giornata mondiale della Poesia istituita dall’Unesco. Una sincronia speciale. Alla figura della poetessa che in versi ha saputo mettere le sue ferite, la sua malattia, il suo amore sconfinato e l’attaccamento quasi belluino alla vita, raccontata con verità estrema, senza comfort, il bibliotecario di fama Aldo Colonnello ha dedicato un’opera ( Meravigli Edizioni), come riporta una nota stampa, dal titolo ‘La poetessa dei navigli’. Chissà cosa avrebbe detto Merini di una giornata celebrata tutta in virtuale, senza teatri, senza rappresentazioni per le strade, come spesso in molti quartieri di città grandi e piccole accadeva, o nelle scuole nei giorni vicini alla ricorrenza.

‘La setta dei poeti estinti’ celebra la Giornata con un reading virtuale sui canali social del gruppo, e lancia una sfida ai follower: ‘Segnalate la poesia che vi ha salvato in questa pandemia’. Parole salvifiche, vite illustri che sono diventate compagne di viaggio nei momenti peggiori di questo ultimo anno, iniziato a marzo scorso con un lockdown e tornato allo stesso punto di allora, o quasi. Si vuole ‘raccontare’, questo il filo rosso, quel valore consolatorio e terapeutico che la poesia ha sempre avuto nella storia.

E’ noto, anche nelle associazioni che si occupano di pazienti che affrontano patologie severe o che sono in uscita da percorsi di cura, quanto la scrittura abbia un potere liberante e terapeutico. Esiste una vera e propria psicopoetry. Sono fiorite in tempo di pandemia numerose proposte di antologie di mutuo-aiuto, reti di appassionati, di docenti, di associazioni culturali che hanno confezionato poesie per sopravvivere all’isolamento. Scambiate sui canali del web, sulle piattaforme virtuali e per i più retrò stampate e lette sul treno, o la sera nella casa-prigione. I traumi generano reazioni adattative che molto spesso degenerano in patologiche, e la poesia, come riporta proprio il sito www.poethytherapy.it [1], serve spesso a fare, se pur in modo non organico, dei ‘passaggi a ritroso’ per tornare al momento dello strappo, quel nodo irrisolto che tutto ha cambiato o che tutto ha fermato per sempre. Un po’ come ‘le suture dei sentimenti’ di cui scriveva Pasolini. Questo tempo di obbligatorio isolamento deve diventare un ripiegamento su se stessi, non per chiudersi, ma per capire cosa sarà dopo tutto questo. La poesia può essere sentinella. Magari proprio con quell’irriverenza suadente con cui Alda Merini, per tornare al suo 21 marzo, ha saputo vivere, insegnando senza grandi lezioni quanto fosse bello farlo fino in fondo.