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Concerti senza pubblico e lirica in mascherina. Quale futuro per la musica

Senza pubblico e con applausi registrati. Questa la cronaca dello storico concerto di Capodanno da Vienna che meglio non poteva riepilogare questo difficile anno sotto pandemia, con esiti ancora incerti ed epiloghi lontani. Come si legge in una testata nazionale di primo piano il maestro Muti ha commentato cosi l’esecuzione insolita: “Eseguiamo questo concerto in una situazione inusuale, suoniamo per milioni di persone in tutto il mondo, ma nella sala vuota. Noi vogliamo comunicare lo spirito che si respira qui”. Alla Fenice di Venezia, il direttore d’orchestra Daniel Harding è in mascherina, seguito da orchestra e coro; Riccardo Muti invece è a volto scoperto nella Musikverein come tutti i musicisti della Filarmonica. Due scelte opposte che riassumono i dubbi e la tensione che l’emergenza sanitaria sta portando nel mondo dell’arte, nei teatri e nelle arene. 

Fa venire in mente, a tratti, nonostante l’ostinato messaggio di speranza, quello che fecero i musicisti sul gigante Titanic che affondava, impugnando i violini e continuando a suonare tra marosi e ghiacci. D’impatto anche vedere le esecuzioni di lirica con la mascherina e sui social si susseguono messaggi di encomio e commozione, ma anche di critica e severa bocciatura.

Di mezzo ci sono le sorti dello spettacolo dal vivo in ogni sua manifestazione e la preoccupazione è che, ancora a lungo, la digitalizzazione sia utilizzata nelle kermesse artistiche. Se alcune cose sono trasferibili dal vivo al virtuale, per l’arte è certamente più complicato perché non c’è concerto virtuale che possa trasmettere la connessione di un godimento dal vivo: per l’artista che esegue e per lo spettatore. 

Le Fondazioni lirico sinfoniche il problema se l’erano posto già dopo il primo lockdown e ad aprile, in Fase 2, circolavano le prime notizie su tentativi di adeguamento con guanti e mascherine e distanziamento. 

A Viareggio l’opera italiana, dopo la chiusura totale, era ripartita con la prima rappresentazione lirica in Europa: un originale adattamento da “era Covid” del Gianni Schicchi, unica opera buffa di Giacomo Puccini. Sul palcoscenico si recitava e si cantava con le mascherine chirurgiche e i 700 spettatori osservano il distanziamento.

Il coro di ‘Va pensiero’ però squarcia in pieno petto, come una lama, quest’anno nuovo e la patina dei facili ottimismi, e diventa un simbolo e a tratti un presagio di quello che sarà ancora. ‘Un prigioniero che sogna libertà’ scrive un utente sul web, esprimendo delusione e perplessità. Di sicuro per togliere i sigilli ai teatri servirà tempo, cosi come per lo spettacolo dal vivo occorrerà avere regole da seguire in palcoscenico. Ma finché il pubblico sarà in streaming e solo online si dovrà ammettere che in quarantena è la cultura. Un’emergenza all’apparenza meno allarmante, ma che il tempo restituirà nella sua gravità. Non solo per chi vi lavora, ma anche per chi non può goderne. E se questo è vero ovunque, quanto fa male al cuore del Belpaese.

*Foto ‘Teatro Comunale Bologna’ dal sito Agenzia di stampa Dire www.dire.it