- Paese Italia Press - https://www.paeseitaliapress.it -

Villa Medici a Roma si veste di luci con il Festival des Lumières

Roma – Con il Festival desLumières, nuovo format di installazioni temporanee nell’ambito della mostra Ouvert la nuit, in corso fino al 28 gennaio, l’Accademia di Francia a Roma ha aperto, per la prima volta, le porte ad un’esposizione notturna nei celebri giardini di Villa Medici.  La mostra si articola attraverso un   percorso di installazioni realizzato da 17 artisti di fama internazionale, Rosa BarbaCamilleBlatrixChristian BoltanskiNina Canell& Robin WatkinsMaurizio Cattelan, TrishaDonnellyJimmie DurhamElmgreen&DragsetFélixGonzález-Torres, Douglas GordonJoan JonasHassan Khan, Lee MingweiFrançois Morellet e OtobongNkanga .

Il progetto, nato da un’idea della direttrice dellAccademia di Francia a RomaMuriel Mayette-Holtze e curato da Chiara Parisi, offre al pubblico un’esperienza unica : muniti di una lampada, i visitatori  sono invitati  ad affrontare l’oscurità dei luoghi  circondati dalle lucciole, sorpresi da voci e da presenze velate, da scritte  poetiche fluttuanti nella notte.«Ouvert la nuit sarà una passeggiata notturna per incontrare, sotto le luci, la creazione contemporanea» commenta Muriel Mayette-Holtz, «un progetto che ritroveremo ogni anno e che permetterà di scoprire ogni volta un nuovo volto dei giardini di Villa Medici».

 

Dal 16 dicembre 2017 al 28 gennaio 2018
Dalle 17 alle 22, dal venerdì alla domenica

Ingresso libero

Accademia di Francia a Roma – Villa Medici
viale Trinità dei Monti, 1 – 00187 Roma
T +39 06 67611 www.villamedici.it

 

 

 

Le opere e il percorso

 I visitatori sono accolti all’entrata monumentale da una fitta neve. Tra scultura e narrazione, il pubblico è invitato a sperimentare questo spazio idealizzato e rappresentato dai giardini di Villa Medici. Utilizzando macchine teatrali, care al lavoro di entrambi, Christian Boltanski (1944 a Parigi, dove vive) e il light designer Jean Kalman (1945 a Parigi, dove vive) hanno progettato un percorso sensoriale dove la magia dei giardini acquista tutto il suo senso. Muniti di una lampada, i visitatori sono invitati ad affrontare l’oscurità dei luoghi, perdendosi in uno spazio irreale, immersi nella nebbia e nella neve, circondati dalle lucciole, sopresi da voci e da presenze velate… alla scoperta ognuno dei propri fantasmi. 

Il giardino si apre agli spettatori con la Loggia di Cleopatra, dove è installato Untitled(America) di FélixGonzález-Torres (1957, Guáimaro, Cuba – 1996, Miami) con le sue celebri ghirlande di luci che l’artista installava nei musei, nelle gallerie e per le strade. Un’opera di grande vitalità che dà vita a una doppia percezione, come una festa improvvisata ma profondamente nostalgica.

In uno dei primi carré, Rosa Barba (1972, Agrigento, vive a Berlino) si rivolge al cielo di Roma con White Museum, installazione in cui un proiettore cinematografico 70mm si riflette su uno specchio per “filmare” i pini marittimi. Di fronte, il visitatore scopre un’altra opera di Rosa Barba, una scritta in corsivo realizzata con il neon che si dispiega come una poesia fluttuante nello spazio.

Nel carré dove si trova la statua della Maddalena, Joan Jonas (1936, New York, dove vive) evoca la fragilità della natura con una poetica scultura luminosa.

 Nel carré dell’Orto, Elmgreen&Dragset (nati rispettivamente nel 1961 a Copenaghen e nel 1968 a Trondheim, in Norvegia, vivono a Berlino) installano una scultura luminosa tra umorismo, sovversione e voyeurismo.

Nel carré delle Niobidi, Nina Canell e Robin Watkins (lei nata nel 1979 a Växjö, lui nel 1980 a Stoccolma, vivono a Berlino) propongono un’esperienza in cui la luce non si vede ma si ascolta, con il loro progetto realizzato al Polo Nord. The LuminiferousAether è una registrazione delle più sorprendenti: quella dei suoni di un’aurora boreale.

 Osservando il tronco di un pino marittimo, scopriamo Jesusisnotenough di Douglas Gordon (1966, Glasgow, vive a Berlino), una scultura delle dimensioni di una mano, in cui la memoria collettiva e quella personale dell’artista s’intrecciano.

 Nell’Agrumeto, Lee Mingwei (1964, Taiwan, vive tra Parigi e New York) installa Small Conversation, un paesaggio sonoro evocato da versi di insetti che ricordano l’isola dove l’artista è cresciuto. Per Mingwei, questi suoni della natura stanno scomparendo non solo a causa dei cambiamenti climatici, ma soprattutto perché non dedichiamo il tempo necessario all’ascolto della notte.

 Christian Boltanski s’ispira al tradizionale meccanismo delle ombre cinesi per animare il giardino e popolarlo di presenze irreali che invitano i visitatori a penetrare questo spazio misterioso. Incontriamo campanelle giapponesi nel carré della Neviera assieme a una Danseuse, una silhouette effimera e mutevole, presenza umana che ci trasporta più lontano in un altro carré animato dalle celebri installazioni di Boltanski fatte da lampadine.

Più avanti, sulla statua della Dea Roma scopriamo Lamentable di François Morellet (1926, Cholet, scomparso nel 2016) che utilizza la forma del cerchio di neon blu per evocare l’impossibilità di creare un cerchio per il semplice fatto che i segmenti non sono installati nell’ordine giusto. In questi giardini così geometricamente organizzati, l’opera di Morellet ricostruisce il disordine dell’arte minimale, richiamando i principi del suo lavoro: «il matrimonio tra ordine e disordine, che sia uno che produca l’altro, o l’altro che produca o distrugga l’uno», secondo le parole dell’artista.

La struttura dei giardini ha indotto alcuni artisti, come CamilleBlatrix o Hassan Khan, a espandere il perimetro dell’esposizione oltre i carré, investendo l’intero spazio.

Per attirare i visitatori nei giardini notturni, CamilleBlatrix (1984, Parigi, dove vive) ha scelto di lavorare sulla forma del labirinto, sia metaforica che reale, disseminando un uccello notturno nelle mani dei guardiani, con la creazione di un nido nel carré del Vigneto, ispirandosi al romanzo Cosmos di Witold Gombrowicz, mentre Hassan Khan (1975, Londra, vive a Il Cairo) semina le sue parole-scultura luminose nella notte (Sentences for a New Order).

Nel carré delle Colonne, OtobongNkanga (1974, Kano, in Nigeria, vive ad Anversa) presenta uno «scavo archeologico» composto di vetri illuminati fissati nel terreno, sui quali i visitatori possono leggere poesie o scoprire i disegni tracciati dall’artista.

Tra sconfinamenti e valorizzazione del contesto, altre installazioni sono proposte da TrishaDonnelly e Jimmie Durham nella prospettiva di trasformare questo luogo idilliaco.

Il progetto di TrishaDonnelly (1974, San Francisco, vive a New York) si basa principalmente sull’arte della percezione, dello stress e del desiderio, offrendo al visitatore la possibilità di aprirsi a nuove esperienze. attraverso un’installazione sonora nel carré del Narciso.

Jimmie Durham (1940, Arkansas, Texas, vive tra Napoli e Berlino) celebra questa festa di luci con un fuoco cerimoniale di legno aromatico, come quelli che accendeva con suo fratello e i suoi cugini durante la sua infanzia. Le ceneri rimarranno sul piccolo pezzo di terra bruciata nel carré del Frutteto per tutta la durata dell’esposizione, diventando un elemento fertilizzante per le successive colture.

Ispirandosi al motto “art for all”, che cerca di superare i limiti dell’opera d’arte e di raggiungere il pubblico attraverso nuovi spazi e nuove modalità di fruizione, Maurizio Cattelan (1960, Padova, vive tra New York e Milano), propone per l’occasione Made in Catteland, un’opera portabile, una sciarpa con l’effigie di Villa Medici, simile alle sciarpe dei tifosi di calcio, che il visitatore acquista all’ingresso dei giardini per proteggersi dal freddo. Un progetto che mette in primo piano il sentimento di comunità, d’identificazione, di amore per un luogo, nella convinzione che i luoghi deputati all’arte possano essere punti d’incontro e l’arte un rito condiviso.