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Prove d’orchestra con Riccardo Muti

Immagine: Muti dirige l’Orchestra giovanile Cherubini

 

Dopo il successo riscosso nella passata stagione televisiva, il Maestro Riccardo Muti è protagonista del secondo ciclo di lezioni di musica dal titolo “Prove d’orchestra”, che Rai Cultura trasmette su Rai5 il mercoledì in prima serata, alle 21.15, a partire dal 21 ottobre. Nelle otto puntate del programma Muti dirige l’Orchestra Giovanile Cherubini, la compagine da lui fondata nel 2004, che porta il nome di uno tra i massimi musicisti italiani di tutti i tempi, attivo non solo in Italia ma in tutta Europa, esattamente come l’orchestra che ne porta il nome, sottolineando la propria identità nazionale ma anche l’inclinazione a una visione internazionale della musica e della cultura.

 

Quello proposto da Riccardo Muti e dai giovani musicisti dell’Orchestra Cherubini è un percorso alla scoperta di alcuni capisaldi della storia della musica e di gemme poco conosciute ma non per questo meno preziose. Un viaggio in otto tappe che alterna pagine sinfoniche e titoli d’opera. In coda al ciclo è in programma il Falstaff di Giuseppe Verdi, recentemente diretto da

Riccardo Muti al Ravenna Festival, proposto in prima visione tv giovedì il prossimo10 dicembre, giovedì, alle 21.15 sempre su Rai5.

 

Nella prima puntata del ciclo, il 21 ottobre, è protagonista l’opera. “Il matrimonio inaspettato” di Giovanni Paisiello, autentico tesoro del Settecento musicale napoletano, viene riportato in vita grazie alla volontà e all’impegno di Riccardo Muti, che lo ha diretto a Salisburgo, dove ha trovato un’accoglienza trionfale. L’opera di Paisiello si inscrive nel progetto mirato al recupero della scuola musicale napoletana del Settecento che ha coinvolto il Festival di Pentecoste di Salisburgo, il Ravenna Festival e l’Opèra di Parigi. Opera leggera “ma piena di freschezza e umorismo” – come sottolinea Riccardo Muti – “Il matrimonio inaspettato” racchiude in sé raffinatezze orchestrali e tratti malinconici, pur basandosi su una trama giocosa. Tulipano, ex contadino arricchito, dopo essersi comprato il titolo di marchese vuole maritare a tutti costi il riluttante figlio Giorgino con la contessa di Sarzana. Il matrimonio non si farà: Giorgino si sposerà con l’amata Vespina, e Tulipano con la contessa. Un canovaccio assai semplice su cui Paisiello ha eretto una macchina teatrale perfetta, nella quale non è difficile riconoscere elementi drammaturgici che saranno alla base dei capolavori italiani di Mozart.

 

La seconda puntata del ciclo, mercoledì 28 ottobre, è incentrata sull’opera “Il ritorno di Don Calandrino” di Domenico Cimarosa. Altra preziosa partitura dimenticata nella biblioteca del Conservatorio di Napoli, riscoperta da Riccardo Muti e proposta al Festival di Pentecoste di Salisburgo e al Ravenna Festival, permettendo di aggiungere un altro tassello al quel percorso storico che segnò il passaggio dall’opera barocca ai vertici musicali raggiunti da Mozart.

L’opera buffa il cui libretto è attribuibile a Giuseppe Petrosellini (conosciuto soprattutto come autore del Barbiere di Siviglia per Paisiello), andata in scena per la prima volta nel 1778 al Teatro Capranica di Roma, è il frutto di un compositore che ha ormai varcato la soglia della notorietà, e si avvia ad essere annoverato tra i grandi operisti del proprio tempo. La sua

musica trova terreno fertile in un libretto magistralmente congegnato quanto a situazioni comiche, con un protagonista buffamente erudito, per il quale “L’Affrica è una città ch’è situata / su le coste d’America / fra Sicilia e Cariddi”, cui fanno da contorno personaggi indimenticabili

come lo svampito viaggiatore francese Le Blonde, incapace di trattare lo stesso argomento per più di dieci secondi, e la paesana Livietta, che legge il Metastasio come oggi si leggono i romanzi rosa, ma che continua imperterrita a mantenere la propria cadenza dialettale nonostante le arie da signora à la page.

 

La terza puntata, mercoledì 4 novembre, vede protagonista l’ultima sinfonia scritta da Mozart, la KV 551 in do maggiore detta “Jupiter”, composta nell’estate del 1788 insieme ad altre due sinfonie, la KV 543 e la KV 550. Tre gemme di uno stesso ramo cresciuto nell’ultima fase della breve vita del compositore, in un periodo piuttosto infelice, tra difficoltà economiche, morte della figlia e insuccesso della ripresa del Don Giovanni a Vienna.

Nella quarta puntata, mercoledì 11 novembre, Riccardo Muti affronta un’opera da lui molto amata: la Sinfonia n. 8 in si minore D 759 di Schubert, detta Incompiuta. Scritta nel 1822, fu completata solo nei primi due movimenti. Del terzo, lo Scherzo, ci è pervenuto soltanto un frammento, mentre del quarto non c’è traccia. Una sorta di “torso” accolto però, grazie alla sua enigmaticità e al suo valore artistico, nel novero delle composizioni complete e autosufficienti.

La quinta puntata, il 18 novembre, è dedicata alla Sinfonia fantastica di Hector Berlioz, scritta nel 1830 seguendo uno specifico programma extra-musicale. Attraverso i suoi cinque movimenti, l’opera descrive l’incontro del compositore con la sua amata – l’attrice Harriet Smithson, incontrata per la prima volta nel 1827 a Parigi – e le sofferenze di un amore non corrisposto.

Mercoledì 25 novembre Berlioz è protagonista anche della sesta puntata, dedicata al monodramma lirico Lélio, o il ritorno alla vita, una sorta di sequel della Sinfonia fantastica. Interprete dell’opera è l’attore francese Gérard Depardieux, che fa rivivere il testo scritto dallo stesso Berlioz in un dialogo costante con l’orchestra.

 

Nella settima puntata, il 2 dicembre, Riccardo Muti affronta l’opera di Giuseppe Verdi “I vespri siciliani”, e in particolare il balletto in essa incluso “Le quattro stagioni”. Composta per allinearsi al gusto dell’opera francese, la pagina di danza, inserita nel quarto atto, è uno dei maggiori lasciti verdiani nell’ambito dell’arte coreutica.

 

Il ciclo delle lezioni di musica si chiude il 9 dicembre con la Sinfonia n. 5 in fa maggiore op. 76 di Antonin Dvorák, composta nell’estate del 1875 e considerata una pagina in stile pastorale, come anche la successiva Sinfonia n. 6 del compositore boemo. Eseguita solo quattro anni dopo la composizione, il 25 marzo 1879 a Praga, è dedicata al direttore d’orchestra Hans von Bülow, grande interprete della musica di Dvorák

 

Subito dopo la chiusura del ciclo “Prove d’orchestra”, giovedì 10 dicembre alle 21.15 Rai5 propone in prima visione tv “Falstaff” di Giuseppe Verdi, diretto da Riccardo Muti allo scorso Ravenna Festival. Il capolavoro, che chiude la parabola creativa del Maestro di Busseto, è proposto nel fortunato allestimento ideato da Cristina Mazzavillani, nell’ambito delle produzioni realizzate da Ravenna Festival per il bicentenario verdiano, che ambienta l’opera nei luoghi del compositore: la casa natale di Roncole, il teatrino di Busseto e Villa Sant’Agata, con la sua facciata “giallo Parma” e il suo grande parco. Luoghi che rivivono in scena grazie alla magia di proiezioni e alle immagini catturate dagli scatti fotografici di Miriam Anconelli, Luca Concas e Martina Zanzani.

 

“Potrei dirigere Falstaff ogni sera – dice Riccardo Muti – immergersi in essa significa vivere in uno stato di gaudio totale. Perché dentro c’è la nostra vita, ciascuno può trovarvi un pezzo di se stesso, vanità, debolezze, narcisismo, intrighi, l’amore vissuto nella sua forma più fresca e Intensa”.