Al Teatro Greco di Siracusa per la prima volta il capolavoro di Vincenzo Bellini – Il Tenore Piero Giuliacci interpreta Pollione : “Il tuo rogo, o Norma, è il mio”

Il nuovo allestimento è a cura del regista e scenografo Enrico Castiglione

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Siracusa – «Un amore tradito, un doppio riscatto. Una coppia che si ricompone tra le fiamme di un rogo, in un ultimo alito di vita e di amore. Norma e Pollione ritrovano in extremis la verità del sentimento che li ha uniti, facendo emergere la loro debolezza ma anche la loro grandezza, così inscindibili in ogni vicenda umana». A parlare è il celebre tenore Piero Giuliacci, interprete di riferimento del ruolo del proconsole romano, che a breve lo vedrà protagonista al Teatro Greco di Siracusa. La melodia del capolavoro di Vincenzo Bellini, composto su commissione del Teatro alla Scala per l’inaugurazione di Santo Stefano del dicembre 1831, invaderà quest’estate per la prima volta la cavea aretusea, dando il via alla seconda edizione del Festival Euro Mediterraneo.

L’innovativo allestimento è firmato da Enrico Castiglione, regista e scenografo di fama internazionale, che ha voluto proprio Piero Giuliacci per il valoroso condottiero imperiale, amante fedifrago, amato-odiato dall’eroina gallica, la druidessa Norma, che ispira il titolo dell’opera e sarà incarnata dall’elegante e drammatica Chiara Taigi. Il debutto è fissato per il 4 luglio, seguiranno altre tre rappresentazioni, il 10, 18 e 25 dello stesso mese (sempre con inizio alle ore 20.30).

Il pubblico di residenti e turisti avrà anche un’affascinante Adalgisa in Alessandra Damato e un nobile basso come José Antonio Garcia nel ruolo di Oroveso; sul podio il giovane ma già pluripremiato Jacopo Sipari di Pascasseroli; i costumi sono di Sonia Cammarata, che da anni forma con Enrico Castiglione una coppia teatrale acclamata in tutto il mondo. 

Ma torniamo al nostro Pollione. Caratterizzato da una vocalità piena, estesa, vellutata, di solido impasto e penetrante squillo, Giuliacci è una brillante stella del firmamento operistico internazionale, ma si muove sempre sulle ali di una rara umiltà, cui abbina doti di assoluta simpatia, come dimostra l’empatia creata con il pubblico di Taormina che nelle ultime due stagioni lo ha applaudito nel ruolo di Canio inPagliacci e Turiddu in Cavalleria rusticana

 

Maestro Giuliacci, dopo i trionfi nella Perla dello Jonio, lei approda nella città di Archimede dove finora non si è mai esibito, per cimentarsi en plein air in un ruolo a lei congeniale accanto ad un’altra stella della lirica come Chiara Taigi, che sarà Norma. Come disegnerà musicalmente e scenicamente l’evoluzione del bellicoso generale che si riscatta sul finale? 

«Cercherò di entrare in questo allestimento con spirito di squadra, affiancato dai miei bravissimi colleghi e portando la mia esperienza di palcoscenico. Calco la scena da 25 anni. Come sempre, solo quando vi salirò, verrò invaso da una forza interiore, ogni volta sempre diversa, che mi aiuterà ad esprimere e a colorare le sfumature del ruolo, affidandomi all’impostazione registica delineata dal vulcanico talento di Enrico Castiglione. Il mio personaggio compie un processo di maturazione che il canto esprime assai bene. Di fronte all’onestà e al coraggio di Norma, madre dei suoi figli, Pollione riesce finalmente a fare chiarezza dentro di sé. Arriva infine a distinguere l’amore maturo e responsabile che lo lega da anni a Norma rispetto al trasporto pur sincero che ha provato per la giovane Adalgisa, facendogli desiderare di abbandonare la selva gallica e rientrare nella sontuosa Roma. Pollione non rinuncia alla vita per dimostrare a se stesso e agli altri di essere un eroe, ma perché sente che è Norma la donna del suo destino. E sono particolarmente felice di cantare a fianco della mia carissima collega e “sorella” Chiara Taigi: la nostra amicizia dura da un quarto di secolo. Era doveroso dirlo perché Chiara è nel mio cuore, una persona rara e difficile da trovare, come in teatro, così nella vita». 

 

Da Canio a Turiddu a Pollione. Un tenore versatile come lei, dalle possibilità vocali amplissime, come si divide tra il repertorio verista e quello belcantistico? 

«La mia privilegiata vocalità mi consente, è vero, di spaziare da un territorio all’altro, verista e romantico, ma affronto sempre uno spartito tenendo ben presente la lezione del belcanto. L’obiettivo è comunicare al pubblico un’idea di leggerezza e facilità di espressione lirica, qualunque sia il fulcro narrativo del dramma». 

 

Quale linea di canto ha scelto per tratteggiare Pollione?

«Preparerò sfumature e abbellimenti ad hoc per esaltare la scrittura musicale della parte che Bellini costruì sulle qualità del grande Domenico Donzelli: come la partitura scritta richiede, agirò con voce piena e carica di sfaccettature».

 

Cosa rappresenta Vincenzo Bellini nel suo universo artistico?

«Bellini per me rappresenta l’espressione massima per il cantante che lo esegue. Ritengo sia consono alla mia vocalità, che si può ben definire di tenore “lirico-drammatico”, ricordando le parole del maestro Luciano Pavarotti, che mi attribuì tale peculiarità durante un nostro incontro a Pesaro. Mi disse, infatti: “Lei ha la prima ottava che tutti i tenori vorrebbero avere e che non hanno. Può cantare da L’elisir d’amore a Otello. E aggiunse come la mia natura canora fosse una sorta di “magia”. Va da sé che questo incontro fu per me capitale, un grande onore… Sulla scia di un tale imprimatur, io spero di interpretare al meglio nella mia carriera la vasta parabola dell’Opera, soprattutto e innanzitutto con l’aiuto di Dio».

 

Non manca di sottolineare la sua fervida fede religiosa, Giuliacci, per lui punto di forza fuori e dentro dal palcoscenico. E come nella parola dei talenti, il dono della voce ha visto il giovane Piero impegnarsi nello studio del canto lirico fin dal lontano 1988, quando il baritono Romano Piemontese lo sentì cantare e si emozionò a tal punto da presentarlo alla maestra Liliana Pacinotti. Da quel momento una lunga carriera, declinata nei maggiori teatri del mondo, lo ha visto ricoprire i più importanti ruoli, da Rodolfo in Bohème a Calaf in Turandot e tantissimi altri personaggi tenorili, passando per la verdiana Aida, di cui ha vestito i panni di Radames anche all’Arena di Verona. Giuliacci ritorna adesso a riabbracciare il pubblico siciliano, che già nel 2013 a Taormina gli ha tributato una lunga standing ovation per la dolente maschera di Canio, cui ha saputo conferire una verità umana senza sbavature, nel bellissimo allestimento messo in scena da Enrico Castiglione. 

 

Canio uccide Nedda, Pollione invece muore accanto alla sua donna… Si tratta di due figure maschili che, per diverse ragioni, si pongono antiteticamente rispetto alle relative eroine. Dove risiede, secondo lei, la loro forza drammatica?

«Sono entrambe figure simbolo del teatro musicale e rimangono di un’attualità sconcertante. Leoncavallo crea in Pagliacci uno straordinario esempio di teatro nel teatro, Per me il dramma in Canio risiede nella morbosa gelosia irrefrenabile che lo spinge a pugnalare Nedda sotto gli occhi esterrefatti del pubblico. Di contro, in Pollione, l’elemento catartico ma anche tragico risiede nel ravvedimento che lo coglie di fronte al frutto del suo amore per Norma. Davanti ai figli e al loro destino, viene investito da un sentimento ritrovato e si pente. La clandestinità della loro relazione, l’inimicizia dei rispettivi popoli, la ferocia della guerra, hanno logorato il rapporto, lo hanno spinto a ritrovare la gioia di vivere in un legame meno tormentato. Ma, nella sua fresca innocenza, Adalgisa è la proiezione di quella che era stata Norma agli albori del loro amore. Perciò Pollione, risoluto a tutta prima a troncare i ponti col passato, via via matura una scelta più consapevole, fino a gettarsi tra le fiamme con l’amata di sempre, proferendo in extremis “Il tuo rogo, o Norma, è il mio”».

 

Nel 2014, a Taormina, lei ha bissato al quadrato il successo dell’estate precedente, interpretando nella stessa serata non solo Canio anche Turiddu, ancora con la regia di Enrico Castiglione. Sembra ci sia tra voi una speciale alchimia … 

«Non è la prima volta che lavoro con Enrico, che considero anche un amico. E più approfondiamo il nostro rapporto professionale più sono consapevole che sia un artista dalle mille sfaccettature, persona straordinaria che sa creare dal nulla grandi effetti e grandi emozioni. Faremo una Norma ad alti livelli, ci sono tutti gli elementi».

 

Benvenuto dunque nuovamente in Sicilia, ma questa volta nella cavea greca del Colle Temenite … 

«Il coinvolgimento è fortissimo, anche perché è la prima volta che ho la possibilità di esibirmi in quel Tempio Sacro dell’arte, pur avendo sempre cantato nelle arene. Questo appuntamento per me si ricopre, poi, di una doppia emozione, perché proprio ad Augusta giace una delle mie cari insegnanti di canto, la professoressa Maria Noè Negrelli. Non la potrò mai dimenticare. Riposi in pace».

 

 

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