Il fallito sgombero di CasaPound e gli annunciati sgomberi nel quartiere San Lorenzo e tiburtino

A Roma le politiche del Viminale sugli sgomberi seguono un’impronta piuttosto colorata (politicamente)

Roma – È la mattina del 22 ottobre, quando le fiamme gialle della GdF bussano al portone dell’immobile sito in via Napoleone III, 8 a Roma, occupato abusivamente dal movimento di estrema destra Casa Pound Italia (Cpi). L’ordine proviene dalla procura generale della Corte dei Conti e si inserisce nel filone di indagini atte a stimare il danno erariale che Cpi ha causato nel corso di questi 15 anni di occupazione.  

Non è la prima volta che a Roma si assiste a sgomberi o a controlli di locali o terreni occupati. Del resto meno di un mese fa, la Digos ha effettuato controlli a tappeto nel campo di Castel Romano e, più di recente, la Polizia di Stato ha iniziato e ultimato i lavori di recintamento del presidio Baobab Experience in Piazzale Maslax, nei pressi della Stazione Tiburtina, ove a breve potrebbe avvenire uno sgombero di massa, ma su questo ci torneremo a breve. 

Ciò che stupisce è quanto sia variabile la solerzia delle istituzioni nel prendere in mano la situazione a seconda di chi sia il destinatario dell’intervento di sgombero o controllo. 

Infatti, incredibilmente (?), il controllo e la valutazione dell’occupazione quindicennale (dal 2003) di Cpi non è stato più effettuato, poiché “vi erano troppe telecamere all’uscita” e nonostante un militante di Cpi abbia minacciato all’entrata dello stabile i funzionari statali e i giornalisti con parole inequivocabili: “se entrate sarà un bagno di sangue”. Vi è quasi un ritorno “romantico” al vecchio squadrismo fascista del ventennio in tutto ciò, che con violenze e minacce verbali scavalca il potere statale senza alcuna conseguenza. 

Conseguenze invece sono state promesse dal Ministro degli Interni Salvini che in pieno stile leghista dei vecchi tempi ha invocato le “ruspe” per le occupazioni nel quartiere San Lorenzo.  “Non voglio che gli italiani paghino per occupazioni che si protraggono da 15-20 anni” ha commentato, ritenendo inoltre, a seguito delle contestazioni ricevute, che non esistono occupazioni buone e cattive. Peccato che né la stessa verve né la stessa misura siano state utilizzate per Cpi, neanche nominata dal suo intervento in pompa magna nei pressi dello stabile in cui si è consumato ieri l’omicidio di Desirè. Anche questo episodio è stato sfruttato e utilizzato dal Ministro per i suoi discorsi di incitamento d’odio contro il diverso, ma d’altronde è una consuetudine di partito e di colore politico per fomentare gli stomaci dei meno informati. 

Invece, una questione affine, dai risvolti probabilmente ancor più preoccupanti, si rinviene nel succitato presidio Baobab in Piazzale Maslax, dove da tempo viene offerta accoglienza informale in tendopoli ai migranti e senza tetto di Roma dall’associazione Baobab Experience. Negli ultimi mesi Baobab ha assistito all’ostruzionismo della Questura di Roma nel riconoscere il domicilio ai residenti sul proprio territorio, ma negli ultimi giorni la situazione è degenerata. Senza alcuna comunicazione ufficiale, infatti, sono state poste nuove barriere di cemento armato e una rete di oltre 3 metri attorno al presidio di Piazzale Maslax. “Ci stanno chiudendo in gabbia, qualcosa a metà tra un campo di concentramento e una nuova frontiera”, si legge nel comunicato dell’associazione. Oltre alla ghettizzazione formale, viene impedito di accedere con le auto e di portare quindi viveri e assistenza sanitaria. E a breve verrà posto un cancello elettrico a sbarramento dell’unica entrata rimasta. Brividi da Terzo Reich insomma. 

L’attuale fotografia di Roma è quindi questa. Migliaia di persone costrette a trovare rifugi di fortuna per la mancanza di professionalità di Comune e SOS (Sala Operativa Sociale). Di conseguenza decine e decine di occupazioni. Ma gli sgomberi si limitano ancora una volta, e come sempre, verso i più deboli e inermi.  

Può quindi dirsi senza troppe remore che l’insegnamento che questo paese sta dando ai propri figli è quello del linguaggio violento e discriminatorio verso l’autorità e il diverso. Forse è proprio quello che hanno sempre auspicato i genitori per il loro futuro.  

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