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Vaccini. 30 mila bambini non in regola. E oggi 10 marzo scadono i termini per presentare la documentazione.

Scade oggi, 10 marzo, il termine per la presentazione della documentazione per l’adempimento degli obblighi vaccinali per le famiglie. Un termine che vale per tutte le Regioni anche se le procedure a disposizione sono due. Il termine del 10 marzo è fissato dalla Legge ed è ribadito anche dall’ultima circolare Miur – Ministero della Salute dello scorso 27 febbraio che ha fornito le indicazioni operative per l’anticipo, per l’anno scolastico 2017/2018, della procedura semplificata prevista dalla legge a partire dall’anno scolastico 2019/2020 che consente lo scambio diretto di dati tra Asl e Istituti scolastici.

I bambini sotto i sei anni non in regola con la documentazione per le vaccinazioni “da lunedì non possono essere ammessi in aula”.   Ad affermarlo   è   Licia Cianfriglia, responsabile delle relazioni istituzionali dell’Associazione nazionale presidi, nel giorno in cui scade il termine per la presentazione dei certificati vaccinali necessari per evitare l’esclusione da nidi e materne. “C’è una legge dello Stato e i presidi hanno l’obbligo di farla rispettare”, spiega Cianfriglia, ricordando come le scuole abbiano dato “ampia comunicazione ai genitori, che hanno avuto tutto il tempo per mettersi in regola. Del resto, come noto, non occorre che i bimbi siano già stati vaccinati, basta che sia stata presentata alla Asl richiesta di effettuazione della vaccinazione e che la somministrazione sia stata fissata anche dopo il 10 marzo”.

Regioni con procedura standard. Entro oggi 10 marzo, i genitori dovranno presentare i documenti dell’avvenuta vaccinazione o relativi la prenotazione presso la Asl (se la data di vaccinazione è fissata dalla Asl dopo il 10 marzo). Nel caso non si sia adempiuto è vietato l’accesso per asili nido e scuola infanzia (0-6 anni) sino a quando il minore non sarà vaccinato o non avrà regolarizzato la propria posizione vaccinale. Per i ragazzi della scuola dell’obbligo (7-16 anni) scatta la procedura che può portare ad una sanzione pecuniaria da 100 a 500 euro. In ogni caso, i bambini (0-6 anni) saranno immediatamente riammessi a scuola nel momento in cui dimostrino di essere in regola.


Regioni con procedure semplificata. In alcune Regioni (quelle dotate di anagrafe vaccinale informatizzato e che intendono aderire) è prevista la possibilità di anticipare anche per l’anno scolastico 2017/2018 la procedura semplificata prevista dalla legge a partire dall’anno scolastico 2019/2020 che consente lo scambio diretto di dati tra Asl e Istituti scolastici (ad esempio al momento hanno aderito alla procedura per l’anno scolastico2017/2018: 

VenetoPiemonteEmiliaRomagnaLazioToscanaMarcheBolzanoTrentoLiguriaValle d’AostaSicilia).
 
In questo caso i genitori non dovranno portare la documentazione entro il 10 marzo e il rispetto degli adempimenti vaccinali sarà accertato direttamente dagli Istituti scolastici e Asl grazie allo scambio dei flussi informativi. Resta in ogni caso valida la scadenza del 10 marzo fissata dalla Legge che prevede che nel caso non si sia adempiuto agli obblighi vaccinali sarà vietato l’accesso per asili nido e scuola infanzia (0-6 anni). Per i ragazzi della scuola dell’obbligo (7-16 anni) scatterà la procedura che può portare ad una sanzione da 100 a 500 euro.
 
La procedura semplificata prevede che entro il 20 marzo le scuole invieranno alle famiglie che non risultano in regola con gli adempimenti una comunicazione scritta. Le famiglie avranno 10 giorni per presentare la documentazione. In ogni caso, i bambini (0-6 anni) saranno immediatamente riammessi a scuola nel momento in cui dimostrino di essere in regola. Difficile dire con esattezza quanti siano i piccoli alunni non in regola, alcune stime parlano di 30 mila [1] in tutta Italia: “noi non lo sappiamo – spiega la rappresentante dell’Anp -, certo tutto questo rappresenta un adempimento ulteriore per le scuole e rende ancora più complicata una vita che già lo è di suo, anche per colpa di segreterie spesso sotto organico. Ma non si può procedere a colpi di proroghe, soprattutto non in un caso come questo laddove in gioco c’è un interesse alla sanità pubblica: la tutela della collettività non può non essere preponderante”.