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L’ARTISTA ELISABETTA CATAMO E L’INMP

L’opera umana più bella

è di essere utile al prossimo

Sofocle

Roma, INMP, Sala d’accoglienza. Una mattina di giugno 2015

Uccelli in volo. Sulle pareti della sala d’attesa: uno stormo di uccelli bianchi in una successio- ne armonica di forme nello spazio, entra, attraversa la stanza ed esce. Accanto a me. Uccello migrante anch’io. Seduti aspettiamo. Sento il suono discreto delle loro voci che si mischiano tra loro. Lingue diverse dalla mia, in questa Sala d’accoglienza. Come stai? How are you? Comment ça va? Ce mai faci? Hogy vagy? È una grande stanza accogliente. C’è una luce cal- da, questa mattina, che entra dalle finestre. Stranamente, qui, non mi sento sola. La presenza di questi uccelli bianchi alle pareti che volano con il vento sotto le ali… Dove le stelle li guide- ranno… Testimoniano di un’attenzione. Mi hanno detto che qui si prenderanno cura di me. An- che se non sono nata in questo Paese. Perché sono fuggita dalla guerra. Dal mio Paese… E pensare che avevo studiato per prendermi io cura degli altri. Volevo diventare infermiera. Qui invece mi definiscono un’irregolare perché non ho i documenti. E a volte questo mi fa sentire invisibile. Come se i documenti, lo status giuridico, mi rendessero una persona. Ma so che qui, nonostante tutto, si prenderanno cura di me. Oltre le etichette, oltre i confini e le dogane. Per- sona migrante. Verso un altrove che ancora non conosco.


Benvenuto. Welcome. Bienvenidos. Bienvenue. Bine ai venit. Mirë se vini. Karibu.

Lingue, colori, suoni. Li sento sullo sfondo mentre guardo questi uc- celli migratori che si rincorrono sulle pareti. I miei occhi catturano il loro volo. Spaziano, spae- sati. La mente cerca punti di riferimento, qualcosa che mi sia appiglio, un colore simile. Imma- gini depositate nella memoria. La mia migrazione dal Sud Africa verso l’Italia, Roma. E poi chissà. È il mio turno. Mi viene incontro una persona che parla la mia stessa lingua. Mi accom- pagnerà dal medico. È gentile, mi sorride, mi dice che è una mediatrice transculturale. Lungo i corridoi verso l’ambulatorio tante gradazioni di rosso e di arancio. Proprio i colori di casa mia, della mia terra! Così caldi, come questi cerchi alle pareti. Che mi accompagnano, morbidi, così avvolgenti.

 Le mani della dottoressa mi adagiano sul lettino. Com’è rassicurante… Eppure è solo un picco- lo gesto. Ma per quanto sia poco, come quei colori nei corridoi, mi rasserena. Qui tutto sembra dirmi di stare tranquilla, ora che la guerra è un lontano, doloroso ricordo. E in effetti, è un po’ più lontana… Quei colori, quel VOLO per qualche minuto mi hanno fatto compagnia. Tutto que- sto sembra proprio affetto… Io ci ho fatto attenzione, ma non possono essere lì per caso. Chis- sà chi ci ha pensato. Chissà chi ha pensato anche a me…

Note biografiche di Elisabetta Catamo

Elisabetta Catamo è nata a Roma nel dicembre del 1948 dove risiede e lavora. Si diploma nel 1969 al 1° Liceo Artistico

Statale, allieva di Piero Guccione, Nicola Carrino e Nino Cordio.

Nel 1970 soggiorna per un anno a Londra. Rientrata a Roma si iscrive alla scuola di Decorazione presso l’Accademia di

Belle Arti di Roma, allieva tra gli altri di Antonio Scordia e di Marcello Avenali.

Nel 1978 le viene conferito l’incarico di Assistente alla Cattedra di Decorazione presso l’Accademia di Belle Arti di Roma. Successivamente insegna all’Aquila. Nel 1994 diviene Titolare della Cattedra di Decorazione all’Accademia di Belle Arti di Carrara, dopo due anni si trasferisce definitivamente all’Accademia di Firenze.

La sperimentazione e la ricerca sono una costante della sua attività artistica che prende avvio nella prima metà degli anni

Settanta con esperienze legate alla pittura, al collage, alla fotografia, a strutture tridimensionali.

Il linguaggio fotografico   costituisce l’aspetto dominante per circa 10 anni, fino al 1990. Il suo immaginario attinge fin dall’inizio al mondo della natura, fonte primaria di coinvolgimento sensuale emotivo, e di infinita fantasia. Costruisce spazi mentali, inquietanti segnali, oggetti che rivelano una loro natura “altra”. La formazione pittorica e il senso intimo del suo lavoro la spingono a usare la fotografia fuori dagli schemi linguistici tradizionali, istituendo una linea di ricerca del tutto particolare e atipica nel contesto della ricerca fotografica contemporanea.

Tutto  ciò  non  le  impedisce  di  sconfinare  nella  realtà  dello  spazio  tridimensionale,  ai  confini  tra  scultura  dipinta  e

installazione. La sperimentazione dei materiali più eterogenei continua a caratterizzare la sua ricerca mantenendo una sua coerenza poetica.

Mostre personali

Amsterdam, Bari, Cairo (premiata alla 9a Biennale d’Arte Internazionale), Città del Messico, L’Aquila, Londra, Lubiana, Milano, Roma, Siena, Piacenza, Sorrento, Spoleto, Tokyo, Torino.

Mostre collettive

Arles, Alatri, Bari, Bergamo, Brescia, Bologna, Fabriano, Firenze, Livorno, Londra, Macerata, Milano, Napoli, Orvieto, Parigi, Padova, Pisa, Roma, Sarajevo, Sanremo, Savona, Seoul, Sulmona, Termoli, Urbino.

Collezioni

Banca Nazionale del Lavoro: Alba, L’Aquila, Ferrara. Palazzo Racani Arroni, Spoleto. Università di Parma. Università di Tor Vergata, Roma. Lilly Sesto Fiorentino. Accademia Carrara di Bergamo. Santuario San Gabriele, Teramo. Museo d’Arte delle Generazioni Italiane del ‘900 Bargellini Pieve di Cento (BO). Sanskriti Kendra Foundation, New Delhi. Azienda agricola Castelvecchio Terricciola (PI).

Testi critici

Bruno Boveri, Giuseppe Cannilla, Laura Cherubini, Anna Cochetti, Attilio Colombo, Manuela Crescentini, Fabrizio Crisafulli, Enrico Crispolti, Gabriella Dalesio, Robin Datt, Mario De Candia, Arianna Di Genova, Giorgio Di Genova, Carmine Siniscalco, Carlo Arturo Quintavalle.

Recensioni

Art & Dossier, Arte Inn, Allgemeines Kunstler Lexikon Leipzig, Il Diaframma, Flash Art, Giornale dell’Arte, Juliet, Terzo

Occhio, The Hill Magazine, La Pittura in Italia “Il Novecento 2” Electa, Arte Contemporanea 1998 DeAgostini…