Il cervello umano è costituito da circa 100 miliardi di neuroni, tra loro interconnessi, responsabili della trasmissione ed elaborazione dei messaggi sensoriali. Con il trascorrere dell’età il numero dei neuroni tende a diminuire per una fisiologica riduzione numerica che si manifesta nel tempo.
Grazie alla scoperta dei Fattori Neuronali di Crescita, è stato scientificamente accertato che il cervello, se opportunamente stimolato, è in grado di aumentare le proprie potenzialità operative nell’età evolutiva e di contrastare il progressivo decadimento delle proprie abilità cognitive nell’età matura.
Questa capacità, nota come plasticità neuronale, consente di generare nuovi neuroni e soprattutto di aumentarne le interconnessioni attraverso mirati esercizi di stimolazione fisica e cognitiva: la scolarità; lo studio di nuove lingue o strumenti musicali; l’esercizio fisico; l’esecuzione di giochi intellettivi; una vita attiva e di relazioni sociali; espressione sessuale.
Fino a qui si evince che se il cervello è opportunamente stimolato può modificare la propria struttura e le proprie funzionalità a seconda dell’attività dei propri neuroni, correlata ad esempio a stimoli ricevuti dall’ambiente esterno, in reazione a lesioni traumatiche o modificazioni patologiche e in relazione al processo di sviluppo dell’individuo.
Da qui in poi si snodano, invece, diverse problematiche sulla relazione fra plasticità cerebrale e avvento tecnologico.
Pertanto nella stessa medaglia “Evoluzione umana” ci troviamo da un lato l’indispensabile giovamento dell’utilizzo del Computer e della moderna tecnologia finalizzato a specifici e mirati programmi per il potenziamento cognitivo e attentivo, ma, d’altro canto, bisogna ammettere che la tecnologia ha modificato la fisiologia umana.
Alcuni esperti di cognizione hanno elogiato gli effetti della tecnologia sul cervello, lodando la sua capacità di organizzare le nostre vite e liberare le nostre menti. Altri, invece, temono che la tecnologia abbia paralizzato i nostri tempi di attenzione, riducendo la creatività e rendendoci impazienti.
Ecco alcuni dei modi in cui la tecnologia sta “cablando”, positivamente e negativamente, il nostro cervello:
Sognare a colori: l’impatto della televisione sulla nostra psiche è così profondo che può influenzare i nostri sogni. Nel 2008, uno studio condotto presso l’Università di Dundee in Scozia ha scoperto che gli adulti di età superiore ai 55 anni che erano cresciuti in una famiglia con un televisore in bianco e nero erano più propensi a sognare in bianco e nero. Partecipanti più giovani, che sono cresciuti nell’era del Technicolor, quasi sempre sognano a colori;
Sperimentare FOMO (fear of missing out): cioè la paura di perdersi qualcosa, di sentirsi esclusi. Prima di Instagram e Facebook, passare il sabato sera a casa lasciava solo una scia di tristezza, ora con i social media, quella sensazione è aggravata da immagini, video e messaggi di cene deliziose e feste spassose a cui non abbiamo partecipato;
Accusare insonnia e alterazione dei ritmi circadiani: il tecnofilo è abituato ad addormentarsi con il computer portatile o l’ipad di fianco al letto dopo aver visto l’ultima puntata della serie preferita, o aver letto il capitolo di un libro. Queste routine notturne possono però interferire con i nostri ritmi circadiani.
I neuroscienziati sospettano che le luci incandescenti emesse dai computer portatili, schermi di tablet e smartphone, interferiscano con segnali interni del nostro corpo e con gli ormoni del sonno. L’esposizione alla luce può ingannare il cervello facendogli credere che è ancora giorno, e può potenzialmente avere effetti duraturi sui ritmi circadiani del corpo. I nostri occhi sono particolarmente sensibili alla luce blu emessa dagli schermi. Questo rende più difficile addormentarsi, soprattutto per coloro che già lottano con l’insonnia;
Scarsa memoria e capacità attentive: da un’intervista condotta a 3.000 persone si è scoperto che gli intervistati più giovani hanno meno probabilità di ricordare le informazioni personali di base. Allo stesso modo, gli studi hanno dimostrato che i calcolatori possono diminuire semplici competenze matematiche. Alcune persone non sono più in grado di navigare nella loro città senza l’aiuto del GPS. I Social media e Internet hanno anche dimostrato di ridurre i nostri tempi di attenzione. Gli individui immersi nei media digitali hanno difficoltà a leggere libri per lunghi periodi di tempo, e spesso “sfiorano” articoli on-line piuttosto che leggere ogni parola. Questo fenomeno può essere particolarmente preoccupante per i giovani, i cui cervelli sono più malleabili e, di conseguenza, potrebbero non riuscire a sviluppare le capacità di concentrazione;
Miglioramento delle capacità visive e multitasking: uno studio recente ha individuato che i videogiochi implementano i processi decisionali e le capacità visive. Infatti l’alto coinvolgimento costringe i giocatori a prendere decisioni veloci sulla base di segnali visivi; questo migliorerebbe le capacità di attenzione visuo-spaziale e la capacità di analizzare i dettagli del proprio ambiente fisico. Anche complessi giochi di strategia possono migliorare la “flessibilità cognitiva”, aumentando la capacità di multitasking;
Minor controllo degli impulsi: lo stesso studio sui videogiochi ha rilevato, però, come alcuni di questi possano inibire la capacità dei giocatori di tenere a freno il comportamento impulsivo e aggressivo. I ricercatori concludono che, costringendo i giocatori a prendere decisioni veloci in situazioni violente, si inibisce il “controllo esecutivo proattivo” su reazioni impulsive e impulsi; i giocatori erano, cioè, più propensi a reagire con immediatezza, ostilità o aggressività incontrollata nella vita reale;
Aumento della creatività: alcune teorie sostengono che Internet valorizza il “surplus cognitivo”: i social media richiedono agli utenti di interagire con testi, immagini e video in un modo che il semplice guardare la televisione non fa. I social media promuovono una cultura della condivisione e gli utenti si sentono più inclini a creare e condividere qualcosa di proprio, sia esso un album di Flickr, una recensione di un libro, o un contributo a Wikipedia.
Occorre pertanto, tirare le somme e trovare un equilibrio fra la schiavitù tecnologica ed il rifiuto dell’era digitale.