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23 maggio 2023: La legalità è uno stile di vita

“La lotta alla mafia… non deve essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale, anche religioso, che coinvolga tutti, che tutti abitui a sentire la bellezza del fresco profumo di libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, della indifferenza, della contiguità e, quindi, della complicità” questa una delle frasi usate da Paolo Borsellino per spiegare come si lotta contro la mafia.

Questo ci riporta all’idea della cultura antimafia o meglio ancora della cultura alla legalità…

La mafia non è solo un insieme di organizzazioni criminali: è anche cultura. Una cultura che fonda e regola le relazioni personali sull’esercizio sistematico della violenza e dell’intimidazione, sull’omertà, sulla segretezza, sulla trasformazione dei diritti in favori, dei cittadini in sudditi. 

La cultura del privilegio e il disprezzo per la vita sono finalizzati alla rapida realizzazione di ingenti profitti. Infatti, la forza di un mafioso è direttamente proporzionale alla quantità di ricchezza di cui dispone. Lottare contro Cosa Nostra, la Camorra, la ‘Ndrangheta, la Sacra Corona Unita, la Stidda e le nuove mafie (albanese, russa, turca, nigeriana, ecc.), ci deve vedere impegnati anche nella promozione e nella diffusione di una cultura della legalità e della solidarietà, che veda tra i suoi principali destinatari i giovani del nostro Paese.

Art 3 diritti universali dell'uomo ed art 13 costituzione italiana

le mafie non possono essere considerate soltanto un problema di ordine pubblico e di carattere criminale; le mafie costituiscono un problema nazionale e internazionale che riguarda tutta la società. La penetrazione delle organizzazioni mafiose in taluni gangli vitali dell’economia, i loro rapporti con settori inquinati della politica e della pubblica amministrazione, costituiscono non solo un ostacolo allo sviluppo economico, ma anche un attentato alla libertà e alla dignità di ogni individuo, con una sospensione di fatto delle regole democratiche. Le mafie rappresentano un pericolo perché minano le basi della democrazia, del mercato e della convivenza civile. 

Non è pensabile poter sconfiggere definitivamente una criminalità organizzata sempre più internazionalizzata e finanziaria, operando esclusivamente sul versante repressivo, delegando la lotta esclusivamente alle forze dell’ordine e alla magistratura. E’ necessario che la lotta contro le mafie sia portata avanti simultaneamente su più fronti e su più livelli, in particolare sul terreno dell’azione di promozione sociale, di educazione e crescita culturale. Si deve stimolare nelle giovani generazioni una forte coscienza critica e civile, una reazione di rigetto del fenomeno mafioso, che invece di apparire come potenziale modello di comportamento, deve essere visto nella sua radice di barbarie e di inciviltà e, come tale, respinto. 

Infatti, solo una coscienza civile di massa può costituire una barriera contro il dilagare di questa violenza. Le mafie saranno sconfitte se resteranno isolate di fronte alla coscienza dei cittadini, se la società civile saprà opporre ad esse il proprio rifiuto generalizzato e rigoroso se, alla “sub-cultura” mafiosa basata sulla violenza, la sopraffazione e l’omertà, si saprà contrapporre un’azione vasta e articolata di promozione e diffusione di una cultura della legalità e della solidarietà, che spinge un popolo a sentirsi unito su certi valori, al di là delle legittime diverse opinioni e concezioni politiche, culturali e religiose.

Sconfiggere le mafie è possibile, “La mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine.”(cit. G.Falcone), ma occorre l’impegno di tutti, ciascuno per la parte che gli compete. E’ necessario dunque operare perché, come fu detto in una importante relazione sulla Camorra di qualche anno fa, all’antimafia dei delitti, che consiste nella repressione penale, sia affiancata l’antimafia dei diritti, fondata sulla trasparenza, su comportamenti coerenti, sul buon funzionamento della pubblica amministrazione. Quindi parliamo proprio di educazione alla legalità. L’educazione alla legalità ebbe formale origine nel contesto storico 1992/1993, quando gravi eventi resero forte la percezione di una minaccia al sistema democratico. Ciò che ne seguì fu un proliferare di iniziative della società civile, promuovendo una cultura democratica, quale mezzo di contrasto a fenomeni, come quello mafioso e la prevaricazione alla violenza. Le scuole e gli enti locali sono i luoghi ideali per avviare un rapporto significativo tra l’educazione e la società, luogo dei diritti, delle regole e dell’impegno. Partire dalla scuola significa partire dai giovani che devono acquisire la consapevolezza dei loro diritti, contribuendo alla costruzione di personalità consapevoli dei diritti e doveri che la cittadinanza impone, disponibili a collaborare verso il bene comune e combattere ogni forma di sopruso. Rocco Chinnici, magistrato impegnato nella lotta alla mafia trovava sempre il tempo per incontrare i giovani a cui diceva: “Senza di voi giovani, noi magistrati non riusciremo mai a sconfiggere la mafia … Vi capiterà  di trovare nella vita delle persone che vi chiederanno di tradire i vostri ideali, di tradire i vostri amici, di non credere in quelle cose che sono state importanti per lo sviluppo della vostra personalità. Dire allora un grande NO! Avere la capacità di dire «No». Questo è il modo migliore per affermare la cultura alla legalità nella vita di tutti i giorni”.

La legalità è uno stile di vita -…. Non uno slogan, o un spot!