Il caso Diciotti. Le testimonianze dei 100 trasferiti al Centro “Mondo Migliore” di Rocca di Papa

L’intervento della Chiesa ha salvato la faccia all’Italia sulla questione dei diritti umani dei migranti

La crisi sulla nave Diciotti è durata fin troppo. Alla fine è stata la Chiesa, attraverso la CEI (Conferenza Episcopale Italiana), a prendere in mano la situazione e offrire accoglienza a circa 100 dei migranti rimasti sulla nave. Una presa di posizione importante tanto quanto provvidenziale in un momento in cui tutte le parti in causa erano ferme sulle proprie posizioni (ossessioni), chiuse al dialogo. Così l’intervento del Vaticano, sostituendosi allo Stato Italiano, ha permesso che i diritti umani fondamentali dei migranti fossero rispettati e ha impedito che la situazione potesse prendere una piega ancor peggiore di quella già intrapresa.

Infatti, ora che è iniziata una redistribuzione dei migranti trasportati dalla Diciotti, sono iniziate a trapelare storie strazianti della permanenza degli stessi in Libia e sulle imbarcazioni di fortuna. Dettagli che forse per la prima volta abbiamo tutti noi l’opportunità di conoscere, perché limitati (e, per il rispetto della privacy, secretati) alle interviste nelle Commissioni Territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale.

Le principali testimonianze provengono dal centro di accoglienza straordinaria (cas) “Mondo Migliore” a Rocca di Papa, poco fuori Roma. Il centro gestito dalla CEI, ex centro congressi dei padri oblati, ha accolto tutte e cento le persone “salvate” dalla Chiesa. Il Papa ha spiegato che nel centro i migranti “cominceranno a imparare la lingua e ad essere migranti integrati”, ma nel frattempo i mediatori culturali hanno raccolto le prime storie di chi è riuscito ad avere la forza di parlare.

Raccontano di torture, mesi di prigionia in condizioni disumane e in luoghi sotterranei. Un ragazzo è stato venduto 5 volte come schiavo. “Sono in viaggio da due anni, ho attraversato il deserto del Sudan e poi mi hanno rinchiuso nei campi di prigionia libici” racconta un altro ragazzo eritreo. Proprio in uno di questi campi di prigionia le 6 donne facenti parte del gruppo dei 100 hanno assistito alla morte di bambini appena nati. Secondo la ricostruzione di Carlotta Sami dell’Unhcr, “le donne hanno passato ciò che a nessuna donna dovrebbe succedere, e non sono riuscite a dire altro, fanno parte di un gruppo che sono stati tutti tenuti insieme per anni ammassati sotto terra in un magazzino in Libia. Sedici bambini sono nati e sono morti in quel posto prima che raggiungessero i quattro mesi di vita. Sia gli uomini e sia le donne sono stati torturati, anche per chiedere soldi ai familiari rimasti in Eritrea. Poi sono stati venduti più volte. Dopo tutto ciò che hanno passato bisogna dare a queste persone la protezione degna di un paese civile”.

Al momento hanno un luogo sicuro in cui vivere e la protezione necessaria, ma gli spunti di riflessione sono molteplici. Tralasciando il dato preoccupante delle manifestazioni di odio portate avanti in questi giorni dai gruppi estremisti di destra (tra cui Casa Pound) nei confronti dell’accoglienza dei 100 migranti a Rocca di Papa, queste testimonianze mostrano in modo evidente come la situazione in Libia non sia quella propria di un “paese sicuro” come gli ultimi governi hanno provato a millantare. Infatti si è passati dall’autoreferenzialismo sui diritti umani portato avanti durante lo scorso governo dal Ministro Minniti, il quale si giocava (e forse se l’è definitivamente giocata) la faccia sul rispetto dei diritti umani dei migranti in Libia, ai discorsi colmi di ignoranza e pregiudizi dell’attuale Ministro degli Interni. Quest’ultimi sono forse ancor più pericolosi dei primi, perché non mirano a ragionare e a trovare alcun tipo di soluzione, ma solo a colpire alla pancia un popolo, come quello italiano, reso confuso dall’attuale società e ormai completamente orfano di un ideale politico giusto, che persegua i veri valori umani.

In questo scenario, la Chiesa ha dato un forte scossone e mostrato come si agisce se si perseguono in concreto i valori della solidarietà e del rispetto della persona umana. Possono esistere ovviamente altri luoghi in cui l’esempio non sia stato degno della sua missione (come i recenti scandali sugli abusi perpetrati da alcuni preti), ma nel campo dell’accoglienza e della tutela dei diritti dei più deboli la Chiesa continua a mantenere un ruolo primario e fondamentale.

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