Ignazio Pandolfo, medico  creativo. “Lo spirito della cenere” ultimo romanzo. L’intervista

Lo sguardo rivolto alla condizione umana, una costante esistenziale in Ignazio Pandolfo. Medico di professione, già Ordinario di Radiologia nella Università di Messina, pittore e romanziere per vocazione. I demoni e le inquietudini dell'autore nel nuovo thriller, Leone editore ...Sullo sfondo dell'indagine un oscuro “culto” delle ceneri..

a cura di Maria Sole Stancampiano

 I demoni e le inquietudini di Ignazio Pandolfo, medico di professione e artista per vocazione, nel libro “Lo spirito della cenere”, pubblicato da Leone editore, presentato lo scorso 30 gennaio a Messina dalla psicologa e psicoterapeuta Maria Gabriella Scuderi, al Circolo del tennis e della vela.

Pandolfo, radiologo e docente universitario emerito, coltiva passioni eclettiche come la pittura e la narrativa. In “Lo spirito della cenere” indaga sul misterioso suicidio avvenuto in ospedale di un giovane brillante di famiglia facoltosa. Lo sviluppo della trama aprirà scenari inquietanti tra narcotraffico, immigrazione illegale e un oscuro “culto” delle ceneri.

Lo abbiamo intervistato.

Lei è un medico radiologo e un artista con passioni poliedriche, prima la pittura poi la scrittura. Come mai?

Ho sempre tentato di tener separate la professione medica dalle così dette “attività creative” anche se, probabilmente in maniera del tutto naturale e non del tutto consapevole, ho trasmesso anche nelle mie attività medico/scientifiche una certa dose di creatività. La pittura mi ha accompagnato sin dalla mia prima adolescenza mentre la passione per la scrittura è esplosa molto più tardi. Anche se non ho mai inteso sottoporre ad auto analisi la mia psiche, ritengo che la pratica medico/scientifica non sia stata sufficiente a compensare del tutto il mio bisogno interiore di espressione e di comunicazione. In una parola, di completare la mia essenza personale.

Gli scrittori medici sono tantissimi da Céline a Oliver Sacks, passando per Cechov e fino a Philip Roth. A quali scrittori si ispira?

Lei cita alcuni colossi della letteratura ma devo dirle che il “vizio” di scrivere è assai diffuso (nessuno ne conosce i motivi) nell’ambiente medico, non sempre con risultati accettabili.

Questa è una delle ragioni, come le ho già riferito, che mi ha spinto a sempre separare drasticamente il mio essere medico dal Pandolfo scrittore. Il mio incubo è che di me si dica che “come medico è un buon scrittore e come scrittore un buon medico”. Per quanto attiene agli illustri autori da lei citati, ritengo Céline quello più vicino al mio modo di guardare alla condizione umana.

“La malattia è il principio di ogni narrazione”, diceva Gesualdo Bufalino. La malattia è il centro della narrazione anche nel suo ultimo romanzo giallo che strizza l’occhio all’horror. Da dove nasce questa contaminazione tra horror e ghost story?

La “malattia è il principio di ogni narrazione”. Non so se Bufalino si riferisse agli autori o ai loro personaggi. Nel primo caso mi pare di scorgere il riferimento alle indubbie virtù terapeutiche che lo scrivere esercita a beneficio dell’autore. Se invece ci si riferisce a “malattia” dei personaggi, Il discorso è diverso e mi trova del tutto d’accordo. Non v’è dubbio, infatti, che i personaggi così detti “normali” suscitino nei lettori un minore interesse mentre, per converso, i soggetti infelici, bipolari, depressi, o comunque genericamente inquadrabili nell’ambito della marginalità e talvolta della conclamata patologia, siano in grado di trasmettere in chi legge una maggiore empatia, fino alla completa identificazione. A testimonianza di ciò, nella letteratura di genere vi è il gran numero di investigatori dalle caratteristiche esistenziali quantomeno problematiche.

Da tale considerazione discende il mio interesse verso i personaggi le cui anomalie esistenziali consentono spesso lo sconfinamento verso sottogeneri quali il noir e talvolta anche l’horror.

Come mai sceglie la narrazione thriller?

Per prima cosa mi piace precisare che “thriller” sia in realtà un termine che può essere utilizzato per definire oltre che libri, anche spettacoli, film, eccetera. Esso pertanto, non identifica, come ormai erroneamente avviene nell’uso corrente, un preciso genere letterario.

Sotto tale etichetta, rientrano infatti, generi molto diversi tra loro, quali il poliziesco, il legal triller, il noir, il distopico, l’horror, il mistery… È quindi ovvio come il trincerarsi dietro la parola thriller consenta una estrema libertà di ideazione e possa dare libero sfogo alla creatività e di conseguenza alla possibilità di transitare da un genere all’altro, dando alla luce romanzi ibridi nei quali le strutture narrative dei diversi generi possano coesistere, intrecciandosi in maniera equilibrata e molto più accattivante.

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Maria Sole Stancampiano
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