“Bravi Ragazzi”, il libro di Romana Ando’. Un’indagine sul mondo sommerso dell’adolescenza maschile

Presentato a Roma nella Sala Conferenze di UnitelmaSapienza, il libro pone una riflessione sul mondo adolescenziale maschile contemporaneo

di Francesca Maccaglia

A Roma nella Sala Conferenze di UnitelmaSapienza, la presentazione del libro di Romana Andò “Bravi Ragazzi. Così vicini, così lontani. I maschi adolescenti oggi”, Giulio Perrone Editore, un saggio che pone il focus sul mondo complesso e sconosciuto dell’adolescenza maschile.

Moderatore dell’incontro Roberto Sciarrone, Responsabile Ufficio Stampa, Comunicazione, Eventi dell’Università degli Studi di Roma UnitelmaSapienza.

“Noi proviamo in questo Ateneo a dare altri input, in maniera tale che si capisca che l’Accademia deve essere multidisciplinare, si deve occupare di tante cose e poi naturalmente questo libro mi ha attratto subito, perché parla di questi giovani, della possibilità di poter capire che cosa succede.  L’aspetto molto importante per chi, come me, ha lavorato nella scienza, spesso leggendo la letteratura, ha i punti di riferimento e riporta degli articoli come si può leggere e approfondire, la nota bibliografica per capire le fonti” – così nei saluti istituzionali il Magnifico Rettore Bruno Botta.

La prima relatrice, Varinia Nozzoli, Media and Tv Research Expert, proveniente dal mondo delle ricerche aziendali, con precedenti collaborazioni di studio e di ricerca con l’autrice del libro, si sofferma sulla responsabilità dei media. “Il primo merito di questo libro – dichiara – è di pensare ai maschi, di cui si scrive poco, si riflette poco, si fa pochissima ricerca in tutti gli ambiti. Si fa tanta ricerca sul femminile a tutte le età, a tutti i livelli, ma l’altro lato della medaglia è un po’ poco analizzato. Sulla girlhood esiste tanto materiale, anche tanta letteratura, sulla boyhood esiste poco o niente”.

Sulla girlhood esiste tanto materiale, anche tanta letteratura, sulla girlhood esiste poco o niente”.

“In questo libro – continua – si parla di tanti aspetti, del rapporto che i ragazzi hanno con i sentimenti, della salute mentale o comunque di benessere mentale, di amore, vengono toccati diversi aspetti e diversi temi tutti con un punto di vista molto interessante fornendo anche tanti riferimenti. Che i media tuttora abbiamo un ruolo fondamentale non solo nel descrivere e nel rappresentare la realtà, in qualche modo nel contribuire a costruirla e nel costruire l’identità, è indubbio, e anche i media cosiddetti tradizionali, ce l’hanno davvero tanto questo ruolo e questa funzione. Secondo una ricerca fatta su uno studio privato, dell’Istituto TIPS pubblicato nel 2023, gli argomenti di conversazione degli adolescenti tra i 14 e i 19 anni, gli argomenti di cui parlano di più tra di loro, al primo posto c’è la scuola, al secondo posto c’è la musica, ma al terzo posto ci sono le serie tv e i contenuti televisivi; quindi, anche in un modo completamente disintermediato, con una comunicazione super personalizzata, molto social, in realtà poi i contenuti che sono capaci di generare conversazione e quindi di stimolare un confronto sono contenuti mediali. Prolifera il teen drama, non è una novità, le fiction sugli adolescenti sono sempre esistite, ogni generazione ha avuto le sue, possono piacere o non piacere, in molti casi sono più apprezzati dai genitori che dai ragazzi, perché aiutano nella fase di identificazione del sentirsi in parte rappresentati, del conoscersi o riconoscersi”. “Ciò su cui riflettiamo molto meno, – spiega – è su quali modelli vengono fuori dalla rappresentazione mediale. Sulla rappresentazione del maschile c’è uno studio americano, “Ma se si vede esiste davvero?”, è uno studio pubblicato nel 2020 su dati raccolti nel 2018, sui contenuti più visti dai ragazzini, nella fase “pre teen”, dai 7 ai 13 anni negli Stati Uniti, hanno analizzato le quattro serie più viste, hanno analizzato tutti gli episodi disponibili, erano oltre tremila personaggi, e da questa analisi emerge che anche il contenuto “kid” reitera una serie di stereotipi sulla rappresentazione del maschile, il reiterare il fatto che gli uomini sono autosufficienti, ce la devono fare da soli, il maschio è quello che fa il duro, il maschio è eterosessuale e tendenzialmente ci sono degli atteggiamenti omofobi, un’ipersessualità; inoltre, i personaggi maschili  anche in questi contenuti che parlano ai ragazzini sono quelli che mostrano meno le proprie emozioni, non soltanto l’empatia, ma anche banalmente la felicità o anche la rabbia è inferiore nella percentuale ai personaggi femminili”.  

“E’ la prima presentazione che faccio all’Università – dichiara Romana Andò, autrice del volume, professoressa associata di Sociologia dei processi culturali di Sapienza Università di Roma – perché il libro non è rivolto ai colleghi universitari o agli studenti.

L’obiettivo era la nostra terza missione, quello di uscire dall’Università e di portare i contenuti che noi sviluppiamo all’interno, fuori dell’Università. Ci sono poche ricerche sui ragazzi, se non in ambito psicologico.

Da una parte, c’era una mancanza in questo senso, della quale mi sono resa conto facendo una bellissima ricerca durata tre anni, girando nelle scuole d’Italia con una collega inglese, con la quale abbiamo fatto più di cento interviste in dieci scuole italiane, e tra le tante cose che ci ha colpito era vedere questi ragazzi che ci guardavamo quasi chiedendoci perché non siamo compresi nella vostra ricerca?  Era una ricerca sulla girlhood, possiamo parlare di ragazze senza parlare di ragazzi e viceversa? Questo è stato il punto di partenza. L’altro aspetto – continua l’autrice – è che ho avuto la fortuna per un anno intero di occuparmi di orientamento nelle scuole e, con il progetto “Next Generation”, raccontiamo ai ragazzi quanto è bello studiare all’Università, e vedere questo bisogno di essere ascoltati, di trovare un riferimento, perché nella scuola spesso i ragazzi e le ragazze non sono ascoltati.  Infine, un’altra ispirazione per questo libro è stata anche crescere un figlio adolescente, ascoltarlo, scontrarmi, ascoltare un altro tipo di musica, un figlio con cui ho il piacere di condividere tante chiacchierate e tanti approfondimenti e scoprire che c’è molto da costruire insieme”.

“Una delle cose con le quali ci misuriamo – ha detto Stefano Ciccone, Presidente dell’Associazione Maschile Plurale, presente con la sua attività nelle scuole ed impegnato a lavorare sul tema della violenza e degli stereotipi, – è l’assenza delle risorse, di strumenti, di materiale per parlare ai giovani maschi, ai ragazzi, quindi, costruire una parola maschile e una parola indirizzata agli uomini. Per questo il libro di Romana è una risorsa, uno strumento che mancava. Questo libro si pone la domanda: come parliamo ai maschi e come offriamo anche un immaginario diverso, come ascoltiamo le loro storie anche però provando a proporre un ragionamento? Il lavoro di Romana Andò è importante perché lavora a costruire una risposta a un vuoto, a un buco che abbiamo socialmente e collettivamente e non è solo come parlare ai giovani maschi, ma come raccontiamo il cambiamento, che cosa abbiamo da dire sul cambiamento? Qual è il racconto espansivo di cambiamento?”

Riferendosi all’espressione del sociologo Victor Seidler “Gli uomini per costruire il loro stare al mondo, o meglio, per costruire la loro autorevolezza, la parola sul mondo, sono diventati invisibili a se stessi” . Non siamo capaci di parlare del mondo, della chimica organica, della crisi economica, della geopolitica – sottolinea Ciccone – molto meno siamo capaci a noi stessi, e quindi ancor meno di parlare di noi stessi, e quindi ancor meno di parlare agli altri giovani maschi con cui dovremo costruire una narrazione”. “Il libro – continua – è importante anche per un altro aspetto, perché supera un approccio di tipo prescrittivo e normativo rispetto ai giovani maschi; il discorso sul cambiamento viene percepito come un’imposizione di nuove regole, mentre invece il tema è rendere visibili le regole invisibili che seguiamo, rendere consapevoli i condizionamenti che viviamo. E questo per i maschi è molto più difficile. Pensiamo ad esempio alla trasgressione, per un maschio è più facile vivere nell’illusione della libertà o nell’illusione della trasgressione, per i maschi la trasgressione è un obbligo. Superare un approccio che dal prescrittivo che invece passi all’ascolto, alla narrazione, alla costruzione dell’immaginario è uno dei contributi che da’ questo libro”.

Molto interessanti sia i diversi aspetti sulle problematiche dell’adolescenza approfonditi dai relatori sia le domande emerse dalla platea.

L’adolescenza è un periodo particolare, poiché spinge i ragazzi ad adattarsi ai cambiamenti fisici e psicologici, ma anche sociali tipici di questa età. In questa particolare fase di sviluppo, occorre la collaborazione di un’intera comunità educante nella quale ricoprono un ruolo fondamentale gli agenti educativi scuola e famiglia, le quali, in prospettiva di una vita di qualità dal punto di vista emotivo e professionale, dovrebbero lavorare sinergicamente per il benessere degli adolescenti, avendo uno sguardo a lungo termine sul loro sviluppo. La scuola ha un ruolo fondamentale, in quanto i ragazzi e le ragazze trascorrono all’interno di essa un bel pezzo della loro vita, per poi proseguire successivamente il periodo degli studi con la frequentazione dell’Università; quindi, al di là delle interrogazioni e dei compiti in classe, sarebbe opportuno creare delle attività con momenti di confronto, di aggregazione che poi costruiscono relazioni sociali. I genitori non sono in grado di farlo con gli adolescenti, possono farlo solo con i bambini; gli adolescenti devono sentire questo bisogno e trovare gli strumenti per metterlo in pratica.  

E’ necessario superare le difficoltà, ricostruire il dialogo ed una relazione efficace; solo così possiamo garantire ai ragazzi un percorso di crescita sano e orientato al rispetto dei loro diritti e delle loro inclinazioni personali. Un’alleanza imprescindibile quella tra genitori, istituzioni, scuola e media.

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